lunedì, maggio 29, 2006
I COSTI DELLA PARTITOCRAZIA
A proposito dei costi della politica, dei quali ho trattato nel post immediatamente precedente a questo, non dobbiamo tralasciare di mettere quello che da più parti viene considerata come la componente essenziale, la madre di tutti gli sprechi.
Mi riferisco alle enormi dimensioni che hanno assunto i partiti politici in Italia e, principalmente, ai costi altissimi dei loro apparati; questo problema – per la verità – è di quasi tutte le democrazie rappresentative europee, ma in Italia ha assunto forme e dimensioni talmente degenerate che rasentano la patologia.
Alcuni studiosi del problema imputano questa situazione alla presenza in Italia, nel dopoguerra, del più forte partito comunista d’Europa che riceveva forti sovvenzioni dall’URSS e con queste aveva messo in piedi un capillare apparato di funzionari che poi alcuni – diciamo la sola D.C. che mi sembra più veritiero! – ha cercato di copiare avvalendosi dei dollari inviati dagli U.S.A.
Il sistema è andato avanti finché due eventi hanno “disturbato” i manovratori: il primo è stato Tangentopoli con i tagli forzati alle “dazioni” che sono stati imposti dal bravo Tonino Di Pietro; il secondo è stato il referendum del 1993 sul finanziamento pubblico ai partiti, fortemente voluto dai radicali e stravinto con percentuali assolutamente “bulgare”: pensate che i favorevoli all’abolizione furono addirittura il 90% dei voti.
Mentre per il primo evento luttuoso (tangentopoli) c’è stato poco da fare, se non fare le cose con più attenzione, per il secondo (referendum) l’escamotage è stato immediatamente trovato, sostituendo l’allocuzione di “finanziamento pubblico” con quello di “rimborsi elettorali”, che addirittura aumenta le cifre che vanno ai singoli apparati.
Con una aggravante: presentarsi alle elezioni è diventato un affare per moltissimi furbi che hanno scoperto il trucco; qui di seguito vi indicherò il nome di alcune formazioni politiche con accanto il rimborso percepito e voi mi dovete fare la cortesia di dirmi se qualcuno conosce questi banditi: “Insieme per Presso” (710/mila euro); “Puglia prima di tutto” (327/mila euro); “Primavera pugliese” (92/mila euro); “Fortza Paris”, non è un errore di battitura (68/mila euro); “Primavera siciliana” (53/mila euro); “Stella Alpina” (21/mila euro); allora, mi raccomando, se qualcuno dei miei lettori conosce anche solo per sentito dire qualcuno di questi gruppi, mi faccia un cenno; oppure se qualcuno è interessato, potremmo anche noi formare una formazione politica con un bel nome altisonante e così iscriversi per i rimborsi.
Scherzi a parte e chiudendo con le cifre, vi debbo segnalare che nel 2005 lo Stato – cioè tutti noi – ha pagato per il rimborso delle spese elettorali poco meno di 200 milioni di euro (cioè 400 miliardi del vecchio conio), suddividendo tale cifra tra 113 formazioni politiche (o presunte tali).
Voglio concludere con una sorta di aneddoto che risale al 1946, cioè immediato dopoguerra, pochi soldi, grandi distruzioni, Italia da ricostruire, ecc.: Guglielmo Giannini, fondatore dell’Uomo Qualunque, propose di affidare la gestione della cosa pubblica a un Ragioniere dello Stato per cinque anni, senza possibilità di essere rinnovato nell’incarico; i partiti di allora – che poi sono grosso modo quelli di adesso – reagirono in modo furibondo e bollarono il Giannini con un termine (“qualunquista”) che da allora è diventato uno dei peggiori insulti politici, superato solo da “fascista”.
I signori dei partiti avevano perfettamente capito che se questa idea avesse preso piede, il loro potere sarebbe stato drasticamente ridimensionato, ed infatti….
Mi riferisco alle enormi dimensioni che hanno assunto i partiti politici in Italia e, principalmente, ai costi altissimi dei loro apparati; questo problema – per la verità – è di quasi tutte le democrazie rappresentative europee, ma in Italia ha assunto forme e dimensioni talmente degenerate che rasentano la patologia.
Alcuni studiosi del problema imputano questa situazione alla presenza in Italia, nel dopoguerra, del più forte partito comunista d’Europa che riceveva forti sovvenzioni dall’URSS e con queste aveva messo in piedi un capillare apparato di funzionari che poi alcuni – diciamo la sola D.C. che mi sembra più veritiero! – ha cercato di copiare avvalendosi dei dollari inviati dagli U.S.A.
Il sistema è andato avanti finché due eventi hanno “disturbato” i manovratori: il primo è stato Tangentopoli con i tagli forzati alle “dazioni” che sono stati imposti dal bravo Tonino Di Pietro; il secondo è stato il referendum del 1993 sul finanziamento pubblico ai partiti, fortemente voluto dai radicali e stravinto con percentuali assolutamente “bulgare”: pensate che i favorevoli all’abolizione furono addirittura il 90% dei voti.
Mentre per il primo evento luttuoso (tangentopoli) c’è stato poco da fare, se non fare le cose con più attenzione, per il secondo (referendum) l’escamotage è stato immediatamente trovato, sostituendo l’allocuzione di “finanziamento pubblico” con quello di “rimborsi elettorali”, che addirittura aumenta le cifre che vanno ai singoli apparati.
Con una aggravante: presentarsi alle elezioni è diventato un affare per moltissimi furbi che hanno scoperto il trucco; qui di seguito vi indicherò il nome di alcune formazioni politiche con accanto il rimborso percepito e voi mi dovete fare la cortesia di dirmi se qualcuno conosce questi banditi: “Insieme per Presso” (710/mila euro); “Puglia prima di tutto” (327/mila euro); “Primavera pugliese” (92/mila euro); “Fortza Paris”, non è un errore di battitura (68/mila euro); “Primavera siciliana” (53/mila euro); “Stella Alpina” (21/mila euro); allora, mi raccomando, se qualcuno dei miei lettori conosce anche solo per sentito dire qualcuno di questi gruppi, mi faccia un cenno; oppure se qualcuno è interessato, potremmo anche noi formare una formazione politica con un bel nome altisonante e così iscriversi per i rimborsi.
Scherzi a parte e chiudendo con le cifre, vi debbo segnalare che nel 2005 lo Stato – cioè tutti noi – ha pagato per il rimborso delle spese elettorali poco meno di 200 milioni di euro (cioè 400 miliardi del vecchio conio), suddividendo tale cifra tra 113 formazioni politiche (o presunte tali).
Voglio concludere con una sorta di aneddoto che risale al 1946, cioè immediato dopoguerra, pochi soldi, grandi distruzioni, Italia da ricostruire, ecc.: Guglielmo Giannini, fondatore dell’Uomo Qualunque, propose di affidare la gestione della cosa pubblica a un Ragioniere dello Stato per cinque anni, senza possibilità di essere rinnovato nell’incarico; i partiti di allora – che poi sono grosso modo quelli di adesso – reagirono in modo furibondo e bollarono il Giannini con un termine (“qualunquista”) che da allora è diventato uno dei peggiori insulti politici, superato solo da “fascista”.
I signori dei partiti avevano perfettamente capito che se questa idea avesse preso piede, il loro potere sarebbe stato drasticamente ridimensionato, ed infatti….