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sabato, aprile 22, 2006

PRIMA INFANZIA NEL MIRINO DELLA PAZZIA 

Due casi vedono purtroppo protagonisti bimbi molto piccoli o addirittura nascituri, e le relative madri; nel primo caso – accaduto a Macerata - abbiamo una mamma che si getta dal quarto piano con la sua bambina di due anni in braccio: entrambe sono ovviamente ricoverate in ospedale ma ci sono ragionevoli speranze che se la cavino.
Il secondo caso ha avuto luogo a Napoli ed ha per protagonista una giovane donna di appena 25 anni che ha partorito nel bagno di casa due gemellini (un maschio ed una femmina) e li ha gettati entrambi nel water: in questo caso ovviamente i piccoli sono morti e, si attende l’esito dell’autopsia per sapere se fossero vivi al momento del parto e morti solo dopo a seguito del lancio nel gabinetto; sembra dalle prime voci che la ragazza fosse riuscita a tenere nascosta la gravidanza – addirittura gemellare – grazie alla sua robusta costituzione.
Due casi diversi l’uno dall’altro, sia come genesi che come risultato effettivo, ma che chiamano entrambi in causa il rapporto madre e figli quando siamo in presenza di gravi turbe psichiche.
Nel primo caso, il lancio dalla finestra insieme alla figlia è un “classico” della depressione che prende – con maggiore frequenza – le madri all’indomani del parto; sono trascorsi due anni, ma l’atteggiamento psicologico non cambia di molto: siamo sempre in presenza di una donna, sopraffatta dalle incombenze e dalle responsabilità che non riesce a mettere ordine alla sua esistenza e neppure a chiedere aiuto e quindi sceglie la via del suicidio, portando però con se l’oggetto per lei più prezioso, cioè la bambina, alla quale non imputa, evidentemente, questa sua situazione psicologica.
C’è da chiedersi il motivo per il quale nessun familiare si sia accorto dell’aggravarsi di questo stato psicotico, ma dobbiamo tenere in debito conto che nel mondo contemporaneo c’è abbastanza indifferenza verso gli altri e l’unica cosa che ha veramente valore per ciascuno di noi è “IO”. Da qui, forse, l’acuirsi dello stato depressivo della giovane madre e la decisione di compiere il tragico gesto: è andato abbastanza bene, speriamo che serva a qualcosa nel futuro rapporto della donna con tutto il mondo che la circonda, prima di tutti la sua famiglia.
Il secondo caso è – come dicevo sopra – assai dissimile dal primo: anzitutto si svolge in una famiglia agiata (i genitori della ragazza insegnanti, un fratello iscritto alla Bocconi di Milano ed un secondo frequenta le superiori a Napoli); la madre della puerpera soffre di disturbi psichici che l’hanno condotta ad abbandonare la scuola; anche il padre ha problemi di salute, ma entrambi sono in casa e conducono una vita abbastanza normale; lei viene descritta come una ragazza “difficile”, sembra non avere un fidanzato e ai vicini appare come una persona “introversa”, quasi senza una vita relazionale; in casa è stata trovata una ecografia relativa al terzo mese di gravidanza e questo proverebbe che la ragazza “seguiva” la sua gestazione anche con una certa forma di regolarità.
Poi, all’improvviso, all’ottavo mese di gravidanza, le doglie del parto, il rifugiarsi in bagno, il recidere con le forbici di casa i due cordoni ombelicali, il lanciare i due corpicini nel water ed il piombare in uno stato confusionale dal quale non è ancora uscita.
Siamo in presenza ancora una volta di quella che già altre volte ho avuto modo di descrivere: una superficialità nei rapporti interpersonali anche quando essi concernono nostri familiari; ma anche una gravissima forma di incomunicabilità, una sorta di rinchiudersi dentro la nostra misera ed angusta fortezza inespugnabile dal di fuori e non accettare niente da nessuno.
L’argomento lo riprenderemo, ma per ora voglio solo dare un accenno: una delle poche forme che possono farci superare queste condizioni è l’AMORE; proviamoci!!

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