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venerdì, febbraio 03, 2006

POLEMICHE MAGISTRATURA - POLITICA 

Fra le tante polemiche che agitano le acque della politica, una sta balzando alla ribalta per effetto della vicinanza all’ufficializzazione delle candidature per le prossime elezioni politiche ed è la polemica che vede impegnate le forze politiche nei confronti della magistratura.
Si è cominciato con l’accusa di Berlusconi alle “toghe rosse” e si è avuta subito la candidatura a Milano di Gerardo D’Ambrosio, vice di Borrelli sia ai tempi di tangentopoli e poi in occasione dell’attacco contro Mediaset; guarda caso, l’ex Procuratore di Milano si candida nelle liste dei D.S.; facile la battuta che è corsa di bocca in bocca: la sinistra deve ricompensarlo per tutti i favori che le ha fatto in questi anni.
Il Procuratore Antimafia, Pietro Grasso, ha poi rilasciato una “strana” dichiarazione: “la scelta di candidare chi è sotto inchiesta per mafia può significare lanciare un messaggio gradito alla mafia e anche un messaggio di impunità e di sfida alla giustizia”; ha poi compilato una sorta di pagellina dei partiti e delle istituzioni che hanno combattuto “veramente” la mafia e chi invece non l’ha fatto; questo però nel discorso che stiamo facendo non c’entra e quindi torniamo alle candidature.
Io non sono un giurista, ma so che nella nostra Carta Costituzionale è prevista la presunzione di innocenza del cittadino finché questi non sia stato condannato da sentenza passata in giudicato, cioè al terzo grado di giudizio; e un magistrato con tali altissime responsabilità mi viene a dire che coloro che sono “inquisiti” (quindi nella primissima fase delle indagini, molto prima di “essere rinviati a giudizio”) debbono essere radiati immediatamente dalla scena politica? Ma ha mai provato a fare un calcolo del rapporto che esiste tra “inquisito” e condannato in terzo grado? Lo faccia e si renderà conto che siamo a cifre estremamente basse. Purtroppo; per l’inefficienza della magistratura!
Un’altra dichiarazione che mi ha colpito è quella del Presidente del Tribunale di Roma il quale, interpellato sulla notizia di una sua candidatura a Napoli con i DS, ha risposto che deciderà in proposito nei prossimi giorni ed ha poi aggiunto la seguente affermazione che mi ha molto colpito: “Devo essere sicuro di avere i voti, devo garantire il peso, la credibilità, la dignità dell’incarico che ho svolto per tanti anni”.
Se non ho capito male, questo illustre signore dice che prima di candidarsi vuole essere sicuro di vincere e che questa sicurezza gliela deve assicurare il partito al quale egli porta in dote la sua “dignità”.
Alla faccia delle elezioni, qui siamo in presenza di cose già stabilite in partenza, cose che credevo accadessero solo nei paesi sudamericani oppure in alcune nostre regioni che non nomino, inquinate da partecipazioni malavitose che determinano le vittorie.
Vi ho citato tre episodi che mi hanno colpito, ma ce ne sarebbero tanti altri che sarebbe interessante esaminare; comunque il succo del discorso è e resta questo: le candidature di magistrati (specie quelli di alto rango) portano sempre strascichi polemici e non rendono in termini di voti come ci si potrebbe aspettare.
D’altro canto, sotto il profilo costituzionale non si può vietare ad una categoria di persone (appunto: i magistrati) di esercitare il proprio diritto all’elettorato “passivo”, però qualcosa potrebbe essere fatta: prima di tutto, i partiti potrebbero astenersi da candidare questa pletora di ex giudici o procuratori e poi, ricordarsi che se loro sono l’elettorato “passivo”, noi siamo quello “attivo”, quello cioè che determina chi vince e chi perde e quindi esercitiamo questo nostro diritto con la maggiore attenzione possibile.
Meditiamo, gente, meditiamo!!

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