<$BlogRSDUrl$>

lunedì, febbraio 13, 2006

LE ULTIME DAL PIANETA GIUSTIZIA 

Ieri notte, o meglio al mattino presto, in Provincia di Ferrara, c’è stato un conflitto a fuoco tra carabinieri e malviventi che ha provocato la morte di un brigadiere dell’arma e quella di uno dei fermati che, si è scoperto dopo, essere un detenuto in permesso premio, non rientrato in prigione dal 6 febbraio.
Chi sono i morti: il brigadiere è un onest’uomo di trentasei anni che stava facendo il proprio dovere, dal nome di Cristiano Scantanburlo, mentre il detenuto è Antonio Dorio, anch’esso di 36 anni, in galera dal 1991 dopo avere ucciso con una settantina di coltellate una bigliettaia della stazione ferroviaria di Mezzolara di Budrio, in Provincia di Bologna, per rubarle appena poche centinaia di migliaia di lire.
La particolare efferatezza del crimine e la spavalderia dell’omicida avevano indotto la Corte d’Assise a condannarlo a 26 anni di carcere; dopo avere scontato un terzo della pena, era stato ammesso al regime dei permessi, ma da uno di questi non era rientrato e, dopo una lunga caccia, era stato nuovamente catturato e rimesso in galera; il 1 febbraio l’ennesimo “permesso premio” per andare a salutare la madre e il 6 il mancato rientro: e siamo ad oggi, con una figlio che piange un figlio e una ragazza che piange il fidanzato.
Il Ministro della Giustizia, Roberto Castelli, ha recitato la solita sceneggiata affermando che è tutta colpa del “garantismo” e continuando – come se lui non avesse nessun potere per modificare le cose – che questo caso è molto simile a quello dell’ergastolano Izzo, a proposito del quale il signor ministro afferma di non avere ancora ricevuto uno straccio di rapporto.
Ma la perla viene adesso con questa dichiarazione: “…al di là dell’eventuale responsabilità dei singoli, occorre fare una riflessione profonda sui criteri che vengono seguiti nel porre in essere concessioni premiali ai detenuti. Gli errori dello Stato non possono essere pagati dai cittadini”.
Tutto questo, come se le riflessioni non fossero compito suo e dei suoi collaboratori, specie dopo cinque anni di governo e, soprattutto, con una indispensabile presa di responsabilità su quanto accade nel campo giurisdizionale; e se il corpo dei magistrati non gli da retta, ricordiamoci che in democrazia esiste anche un sistema di protesta “estremo”: le dimissioni; cioè se non riesci a farti ubbidire, vattene e cedi il posto ad un altro che forse ci riuscirà.
Ma, sempre dal mondo della giustizia e proprio per toglierci dalla bocca quel sapore amaro che c’è entrato con l’uccisione del povero brigadiere, vi debbo riferire una buffa notizia battuta dall’ANSA poco fa, nella quale si dice che Padre Fedele, attualmente ai domiciliari con l’accusa di avere violentato una suora, ha accettato la candidatura al Senato della Repubblica propostagli dal signor Franco Corbelli, leader della lista “Diritti Civili”.
Corbelli si è recato nel Convento di Belvedere Marittimo dove il frate è agli arresti domiciliari e questi – sempre secondo l’ANSA – ha dichiarato che firmerà il modulo di accettazione solo dopo avere ricevuto l’autorizzazione della magistratura.
Stia tranquillo, Padre Fedele, la magistratura lo autorizzerà certamente; resta da vedere cosa le diranno i suoi superiori religiosi e – per ultimo ma non meno importante – cosa avranno da dire i suoi potenziali elettori: sono certo che a lei non mancano gli argomenti convincenti, ma sono altrettanto certo che non tutti sono sprovveduti come quella povera suora o quelle rumene da lei conosciute.

This page is powered by Blogger. Isn't yours?