domenica, febbraio 19, 2006
LA SENTENZA SUL TERRORISMO
Ricordate la Giudice Clementina Forleo che mandò assolto il marocchino Mohammed Daki dall’accusa di reclutatore di terroristi? Questo signore faceva proseliti in Italia, segnatamente a Milano, per ingaggiare terroristi che fossero disposti a recarsi in Iraq dove avrebbero dovuto immolarsi contro gli invasori occidentali facendosi scoppiare insieme all’esplosivo che avevano addosso.
La Forleo, nella sua sentenza iniziale confermata e ampliata dalla Corte d’Appello di Milano, faceva una sottile distinzione sul termine kamikaze: “…deve essere valutato alla stregua di uno strumento, di una bomba, sia pure umana. E di una bomba noi dobbiamo chiederci contro quale obiettivo è diretta. Se un mercato, se un’ambasciata, se una abitazione. E poi in che situazione quella bomba si cala. Solo a seconda dell’obiettivo, noi potremo configurare un reato: da tentato omicidio (immagino se non uccide nessuno) a omicidio plurimo (se uccide molte persone), a strage (se i morti sono moltissimi)”.
La Corte d’Appello ha aggiunto che “l’instradamento di volontari verso l’Iraq per combattere contro i soldati invasori non può essere considerato sotto nessun aspetto attività terroristica”.
Non mi permetto di eccepire a siffatti soloni giuridici, ma oso soltanto porre alcune domande: come si può stabilire in anticipo quello che farà un kamikaze, cioè se si lancerà contro i soldati occupanti (americani, ma anche italiani o inglesi) oppure se si farà scoppiare in un mercato o durante un funerale? Anzi, statisticamente parlando, le azioni dei kamikaze sono massimamente rivolte verso la popolazione civile inerme e solo raramente contro i soldati: questo per la maggiore facilità dell’azione contro i civili rispetto a quella contro i militari che stanno all’erta.
Vorrei far sommessamente rilevare ai dotti magistrati che, nel caso che l’ipotetico kamikaze reclutato dal marocchino Daki operi contro la folla indiscriminata, cosa dobbiamo pensare del giudice che – sia pure indirettamente – ha consentito al reclutatore di inviare l’uomo in Iraq? E nel caso che avvenga la strage, possiamo considerare il (o “i”) giudici che, sia pure indirettamente hanno consentito questa situazioni, come correi del kamikaze?
Io credo che se questi giudici fossero sottoposti a periodica elezione popolare come avviene in alcuni paesi, si può tranquillamente affermare che non verrebbero rieletti, anzi…; questo perché il sentimento della gente comune è “contro” qualunque persona che metta le bombe nel proprio zainetto e si faccia scoppiare. È contro anche a coloro che bombardano – con cannoni ed aerei – ma i kamikaze hanno una posizione di privilegio nell’odio della gente comune, quella che si intende poco di diritto ma conosce molto bene il “buon senso”, quello che alcune volte manca alle persone che sono o si ritengono superiori agli altri.
E per concludere, vorrei sapere cosa racconteranno adesso al povero Marco Ferrando, leader dell’ala trotzkista di Rifondazione Comunista, cacciato dalle liste elettorali del proprio partito per aver sostenuto che gli aggressori dei soldati italiani a Nassirya avevano i loro diritti di farlo, cioè quello che sostengono i giudici milanesi di primo e secondo grado..
Gli diranno che lo fanno per “opportunità politica”, cioè per raccogliere voti anche da quelli che “non” la pensano come i giudici milanesi?
Si mormora che “cashmirino” Bertinotti sia stato convinto a cacciare Ferrando con la promessa di essere nominato alla terza carica dello Stato (Presidente della Camera) in caso di vittoria dell’Unione.
Sarà vero? E’ comunque credibile!!
La Forleo, nella sua sentenza iniziale confermata e ampliata dalla Corte d’Appello di Milano, faceva una sottile distinzione sul termine kamikaze: “…deve essere valutato alla stregua di uno strumento, di una bomba, sia pure umana. E di una bomba noi dobbiamo chiederci contro quale obiettivo è diretta. Se un mercato, se un’ambasciata, se una abitazione. E poi in che situazione quella bomba si cala. Solo a seconda dell’obiettivo, noi potremo configurare un reato: da tentato omicidio (immagino se non uccide nessuno) a omicidio plurimo (se uccide molte persone), a strage (se i morti sono moltissimi)”.
La Corte d’Appello ha aggiunto che “l’instradamento di volontari verso l’Iraq per combattere contro i soldati invasori non può essere considerato sotto nessun aspetto attività terroristica”.
Non mi permetto di eccepire a siffatti soloni giuridici, ma oso soltanto porre alcune domande: come si può stabilire in anticipo quello che farà un kamikaze, cioè se si lancerà contro i soldati occupanti (americani, ma anche italiani o inglesi) oppure se si farà scoppiare in un mercato o durante un funerale? Anzi, statisticamente parlando, le azioni dei kamikaze sono massimamente rivolte verso la popolazione civile inerme e solo raramente contro i soldati: questo per la maggiore facilità dell’azione contro i civili rispetto a quella contro i militari che stanno all’erta.
Vorrei far sommessamente rilevare ai dotti magistrati che, nel caso che l’ipotetico kamikaze reclutato dal marocchino Daki operi contro la folla indiscriminata, cosa dobbiamo pensare del giudice che – sia pure indirettamente – ha consentito al reclutatore di inviare l’uomo in Iraq? E nel caso che avvenga la strage, possiamo considerare il (o “i”) giudici che, sia pure indirettamente hanno consentito questa situazioni, come correi del kamikaze?
Io credo che se questi giudici fossero sottoposti a periodica elezione popolare come avviene in alcuni paesi, si può tranquillamente affermare che non verrebbero rieletti, anzi…; questo perché il sentimento della gente comune è “contro” qualunque persona che metta le bombe nel proprio zainetto e si faccia scoppiare. È contro anche a coloro che bombardano – con cannoni ed aerei – ma i kamikaze hanno una posizione di privilegio nell’odio della gente comune, quella che si intende poco di diritto ma conosce molto bene il “buon senso”, quello che alcune volte manca alle persone che sono o si ritengono superiori agli altri.
E per concludere, vorrei sapere cosa racconteranno adesso al povero Marco Ferrando, leader dell’ala trotzkista di Rifondazione Comunista, cacciato dalle liste elettorali del proprio partito per aver sostenuto che gli aggressori dei soldati italiani a Nassirya avevano i loro diritti di farlo, cioè quello che sostengono i giudici milanesi di primo e secondo grado..
Gli diranno che lo fanno per “opportunità politica”, cioè per raccogliere voti anche da quelli che “non” la pensano come i giudici milanesi?
Si mormora che “cashmirino” Bertinotti sia stato convinto a cacciare Ferrando con la promessa di essere nominato alla terza carica dello Stato (Presidente della Camera) in caso di vittoria dell’Unione.
Sarà vero? E’ comunque credibile!!