domenica, febbraio 26, 2006
ATTACCATA ANCHE LA PASTASCIUTTA !!
Mi chiederete subito: ma chi è che osa attaccare la pastasciutta? Forse sono gli islamici come rivalsa per la maglietta di Calderoli? Forse è Osama Bin Laden che porta avanti il suo processo di attacco all’occidente? Macché, siamo noi stessi e, in particolare le nostre istituzioni che non ci consentono di stare tranquilli neppure quando si mangia un piatto di spaghetti.
Sentite perché: il 23 settembre 2005 vengono sequestrate nel porto di Bari 58 mila tonnellate di grano canadese destinato all’alimentazione, avvelenato con “ocratossina” (tenete a mente questo nome); dopo alcuni mesi – gennaio 2006 – la Guardia di Finanza arresta l’imprenditore Francesco Casillo, al quale viene contestato il reato di avvelenamento, adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari: Casillo infatti, grazie a “qualcosa” era riuscito a far dissequestrare il carico ottenendo addirittura false attestazione di salubrità del prodotto.
Si scopre successivamente che delle 58 mila tonnellate soltanto 44 mila sono di proprietà del mugnaio pugliese, il quale le trasforma in semola che rivende ad aziende pugliesi e nazionali; le rimanenti 14 mila tonnellate sono sparse tra varie aziende che le trasformano anch’esse in semola e lo sparpagliano per l’intero territorio nazionale.
Si comprende bene che la caccia al grano e alla semola contaminata si fa davvero difficile, in quanto molte sono le “rivendite” tra aziende che si passano la merce l’una con l’altra con una velocità impressionante, probabilmente anche per ingarbugliare la matassa, come si dice dalle mie parti, impedendo così di trovarne il bandolo.
Il 6 febbraio, i NAS di Foggia prelevano due campioni presso una azienda agro-alimentare del foggiano e, entrambi, risultano positivi all’”ocratossina” con una percentuale di ben tre volte superiore a quella consentita dalla legge.
Ovviamente tutto è stato sequestrato e il titolare dell’azienda indagato per gravi reati, ma ormai – a mio modesto modo di vedere – la frittata è stata fatta quando si è consentito il dissequestro delle famose 58 mila tonnellate di grano che hanno originato l’intera storia.
Dice Storace, Ministro della Salute: “Quello che è grave è che non si conoscono i motivi per i quali il magistrato ha dissequestrato il grano senza attendere l’esito delle analisi, e questo impegnerà gli uomini del NAS di Bari ad un lavoro improbo per rintracciare le partite contaminate e i prodotti eventualmente trasformati”.
Gli replica a strettissimo giro di posta il PM di Trani che conduce l’inchiesta: “ Il ministro Storace può stare tranquillo, il grano risultato inquinato da ocratossina trovato nei due silos dell’azienda foggiana non è stato immesso nel ciclo produttivo”.
Quest’ultima affermazione mi sembra – oltre che ovvia – piena di supponenza: è ovvia perché “quel grano sequestrato” non è stato immesso sul mercato, proprio perché sequestrato, ma come possiamo fare a identificare tutta la partita inquinata e le sue destinazioni? E’ supponente perché ritiene di poter “gestire” un fenomeno come quello della identificazione delle 58 mila tonnellate di grano inquinato, ormai sparse per l’intera Italia.
A quest’ultimo proposito, chi avesse avuto modo di vedere il sito internet della Casillo – prima che fosse spento d’imperio – si sarebbe trovato di fronte, in qualità di clienti dell’azienda, tutto il fior fiore delle “marche” italiane del settore della pasta e dei prodotti da forno.
Ecco perché – e torno al titolo – non possiamo stare tranquilli neppure a mangiare il canonico piatto di pastasciutta! E allora cosa ci resta? Poco, amici miei, veramente poco!!
Sentite perché: il 23 settembre 2005 vengono sequestrate nel porto di Bari 58 mila tonnellate di grano canadese destinato all’alimentazione, avvelenato con “ocratossina” (tenete a mente questo nome); dopo alcuni mesi – gennaio 2006 – la Guardia di Finanza arresta l’imprenditore Francesco Casillo, al quale viene contestato il reato di avvelenamento, adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari: Casillo infatti, grazie a “qualcosa” era riuscito a far dissequestrare il carico ottenendo addirittura false attestazione di salubrità del prodotto.
Si scopre successivamente che delle 58 mila tonnellate soltanto 44 mila sono di proprietà del mugnaio pugliese, il quale le trasforma in semola che rivende ad aziende pugliesi e nazionali; le rimanenti 14 mila tonnellate sono sparse tra varie aziende che le trasformano anch’esse in semola e lo sparpagliano per l’intero territorio nazionale.
Si comprende bene che la caccia al grano e alla semola contaminata si fa davvero difficile, in quanto molte sono le “rivendite” tra aziende che si passano la merce l’una con l’altra con una velocità impressionante, probabilmente anche per ingarbugliare la matassa, come si dice dalle mie parti, impedendo così di trovarne il bandolo.
Il 6 febbraio, i NAS di Foggia prelevano due campioni presso una azienda agro-alimentare del foggiano e, entrambi, risultano positivi all’”ocratossina” con una percentuale di ben tre volte superiore a quella consentita dalla legge.
Ovviamente tutto è stato sequestrato e il titolare dell’azienda indagato per gravi reati, ma ormai – a mio modesto modo di vedere – la frittata è stata fatta quando si è consentito il dissequestro delle famose 58 mila tonnellate di grano che hanno originato l’intera storia.
Dice Storace, Ministro della Salute: “Quello che è grave è che non si conoscono i motivi per i quali il magistrato ha dissequestrato il grano senza attendere l’esito delle analisi, e questo impegnerà gli uomini del NAS di Bari ad un lavoro improbo per rintracciare le partite contaminate e i prodotti eventualmente trasformati”.
Gli replica a strettissimo giro di posta il PM di Trani che conduce l’inchiesta: “ Il ministro Storace può stare tranquillo, il grano risultato inquinato da ocratossina trovato nei due silos dell’azienda foggiana non è stato immesso nel ciclo produttivo”.
Quest’ultima affermazione mi sembra – oltre che ovvia – piena di supponenza: è ovvia perché “quel grano sequestrato” non è stato immesso sul mercato, proprio perché sequestrato, ma come possiamo fare a identificare tutta la partita inquinata e le sue destinazioni? E’ supponente perché ritiene di poter “gestire” un fenomeno come quello della identificazione delle 58 mila tonnellate di grano inquinato, ormai sparse per l’intera Italia.
A quest’ultimo proposito, chi avesse avuto modo di vedere il sito internet della Casillo – prima che fosse spento d’imperio – si sarebbe trovato di fronte, in qualità di clienti dell’azienda, tutto il fior fiore delle “marche” italiane del settore della pasta e dei prodotti da forno.
Ecco perché – e torno al titolo – non possiamo stare tranquilli neppure a mangiare il canonico piatto di pastasciutta! E allora cosa ci resta? Poco, amici miei, veramente poco!!