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martedì, febbraio 28, 2006

ANCORA DUE PAROLE SULL'EUROPA 

Sono certo che ricorderete le due scalate “subite” dal nostro sistema bancario: quella degli olandesi nei confronti della Antonveneta e quella dei francesi (BPN – Parisbas) sulla BNL; in entrambi i casi il Governatore della Banca d’Italia aveva lasciato intendere che la sua opposizione nei confronti degli stranieri era dovuta ad una sorta di malcelato patriottismo: le pernacchie che ricevette sia in patria e sia a Bruxelles credo che gli rintronino ancora negli orecchi.
Come mai, mi chiedo e vi chiedo, Bruxelles ha già dichiarato di non aver nessuna intenzione di intervenire “ufficialmente” nella vicenda Gaz – Suez? Forse che il patriottismo sbandierato dal primo ministro francese ha un valore superiore al nostro?
Ancora nel settore degli Istituti di Credito, la nostra celeberrima Bancaintesa anche se in apparenza manovrata dagli italiani, in effetti è di proprietà dei francesi di Credit Agricole, e questo senza passare da nessuna OPA, ma soltanto rastrellando il mercato: ed anche qui tutti zitti e tutti d’accordo.
Ma la Francia non è la sola a mostrare le unghie quando si cerca di entrare in casa sua; il presidente del consiglio polacco, Marcinkiewicz, si oppone con il suo governo alla fusione delle banche polacche “Pekao” e Bph” da tempo progettata dalla nostra Unicredito: anche a lui nessuna reprimenda da Bruxelles, nessun richiamo dai soloni dell’economia europea, impegnati a “obbedire” al potente di turno.
Già, perché di una operazione di forza si tratta: la Francia ha gettato il sasso e sta aspettando per vedere cosa gli ritorna indietro, se reprimende e contumelie (sopportabili) oppure multe e rappresaglie (un po’ più fastidiose).
L’unico intervento, per il momento, è opera del commissario europeo al mercato interno, l’irlandese McCreevy, che – dopo avere manifestato il proprio malumore per la situazione creatasi – ammette che l’OPA francese rispetta “la lettera” ma non “lo spirito” della normativa europea che regola il movimento dei capitali.
In pratica, si mormora a voce non troppo bassa a Bruxelles, non c’è nessuna legge europea che impedisce ad una società dello Stato di acquisirne un’altra, ma questo non è particolarmente corretto, soprattutto se viene fatto per impedire una fusione trasnsfrontaliera.
Questo modo di comportarsi, che rispetta la lettera della normativa europea ma non lo spirito, darà sicuramente la stura a tutta una serie di rappresaglie di altri paesi nei confronti non della sola Francia, ma di coloro che vengono a turbare l’indipendenza di ciascun membro della U.E.
E questo – chiamatelo come volete, giratelo da qualunque parte – è nient’altro che lo sfasciamento totale e irreversibile dell’idea stessa di costruire un’Europa che si possa considerare un’unica entità sia sotto il profilo economico che politico.
Gli Schuman, gli Adenauer, i De Gasperi si rivolteranno certamente nelle rispettive tombe, a vedere quello che è diventata la loro creatura del dopoguerra; certo che se si fossero immaginati quello che sarebbe successo, sicuramente non avrebbero messo mano ad una costruzione che, sin dall’inizio, aveva il difetto di far leva su una serie infinita di compromessi e di frasi non dette e tanto meno scritte, la principale delle quali è “sto insieme a voi finché mi conviene, ma al primo apparire di un interesse specifico per la mia patria, torno a fare il nazionalista”: detto in soldoni è quello che sta accadendo!

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