domenica, gennaio 29, 2006
DUE ESEMPI DI VIOLENZA
Mi aspetto almeno un vostro plauso perché sono mesi che non mi occupo del pollaio della politica italiana, delle liti interminabili tra i due galletti (o capponi) Berlusconi e Prodi; sarà anche roba interessante, ma il loro starnazzare non mi induce a nessuna riflessione, almeno per il momento, più in là vedremo.
Due fatti invece mi fanno riflettere, entrambi riguardanti la violenza: il primo fatto si svolge nel Veneto e riguarda un imprenditore che – svegliato in piena notte da alcuni rumori provenienti da una finestra – ha visto alcune “ombre” che cercavano di entrare in casa e, impugnata una pistola regolarmente detenuta, ha fatto fuoco, presumibilmente verso quelle ombre, perché quando sono arrivati i Carabinieri hanno trovato a circa duecento metri dalla casa un albanese morto in un lago di sangue, colpito da un proiettile: si tratta di un pluri pregiudicato che in carriera ha già fornito nove nomi falsi.
L’imprenditore, ancora scioccato dall’accaduto, ha dichiarato “a caldo” di aver fatto fuoco ripetutamente con la sua arma perché in preda alla paura, paura per la sorte della moglie addormentata accanto a lui, paura, diciamolo pure, anche per se stesso.
Se ricordate, giorni addietro, quando abbiamo commentato la nuova legge che autorizza la “legittima difesa”, ho affermato che tra avere una pistola e saperla usare con freddezza e con quel coraggio che ci vuole per sparare, ce ne corre; il nostro imprenditore – se le cose sono veramente andare come lui ha raccontato – avvertiti i rumori alla finestra e individuate delle ombre, ha cominciato a sparare soprattutto per scacciare la propria paura; ed ha fatto fuori un uomo, il quale forse accortosi che il padrone di casa lo aveva individuato, stava scappando: forse non era un gran ché, ma era sempre un essere umano.
Tra l’altro, i giuristi stanno dibattendo se la nuova legge, non ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale al momento della sparatoria, è applicabile al reato oppure no.
La seconda vicenda che mi ha colpito per la sua carica di violenza, si riferisce a due casi similari di uccisioni di anziani messe in atto da persone più giovani ma psicopatiche: il primo si è svolta nel pisano e vede uno psicolabile di 38 anni uccidere a pugni e calci una donna di 80 anni, sua vicina di casa, perché disturbato dal volume troppo alto del televisore; il fatto è accaduto in un piccolo paese e tutta la popolazione conosceva sia la vittima (una ex parrucchiera) che l’omicida (un tipo ombroso e solitario), in carico ai servizi di salute mentale della ASL).
L’altro fatto di violenza – abbastanza analogo a quello sopra citato – si è svolto nel bellunese ed ha visto protagonisti padre e figlio, con quest’ultimo che, abbandonato dalla moglie, è entrato in una fortissima spirale depressiva che è sfociata nell’uccisione del padre e nel successivo suicidio.
Come si può vedere entrambe le vicende hanno per protagonista il “malessere mentale” che, a mio modo di vedere, sta diventando una emergenza nazionale di prima grandezza, soprattutto perché di non facile diagnosi e, successivamente, di difficile soluzione medica.
Eppure qualcosa dobbiamo inventarci, qualcosa che faccia abbassare le statistiche di queste morti violente: so di aprire una fortissima polemica, ma agli addetti ai lavori chiedo se non sia il caso di “riaprire” le strutture di accoglienza per malati di mente e, soprattutto, di attrezzare le cure in modo da renderle non domiciliari ma ospedaliere; e la permanenza in queste strutture chiuse dovrebbe protrarsi fino a quando i medici non abbiano la sicurezza, dico “ragionevole” sicurezza, che il problema è risolto, altrimenti è meglio continuare la cura in forma ospedaliera, sia per il malato che “per gli altri”.
Due fatti invece mi fanno riflettere, entrambi riguardanti la violenza: il primo fatto si svolge nel Veneto e riguarda un imprenditore che – svegliato in piena notte da alcuni rumori provenienti da una finestra – ha visto alcune “ombre” che cercavano di entrare in casa e, impugnata una pistola regolarmente detenuta, ha fatto fuoco, presumibilmente verso quelle ombre, perché quando sono arrivati i Carabinieri hanno trovato a circa duecento metri dalla casa un albanese morto in un lago di sangue, colpito da un proiettile: si tratta di un pluri pregiudicato che in carriera ha già fornito nove nomi falsi.
L’imprenditore, ancora scioccato dall’accaduto, ha dichiarato “a caldo” di aver fatto fuoco ripetutamente con la sua arma perché in preda alla paura, paura per la sorte della moglie addormentata accanto a lui, paura, diciamolo pure, anche per se stesso.
Se ricordate, giorni addietro, quando abbiamo commentato la nuova legge che autorizza la “legittima difesa”, ho affermato che tra avere una pistola e saperla usare con freddezza e con quel coraggio che ci vuole per sparare, ce ne corre; il nostro imprenditore – se le cose sono veramente andare come lui ha raccontato – avvertiti i rumori alla finestra e individuate delle ombre, ha cominciato a sparare soprattutto per scacciare la propria paura; ed ha fatto fuori un uomo, il quale forse accortosi che il padrone di casa lo aveva individuato, stava scappando: forse non era un gran ché, ma era sempre un essere umano.
Tra l’altro, i giuristi stanno dibattendo se la nuova legge, non ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale al momento della sparatoria, è applicabile al reato oppure no.
La seconda vicenda che mi ha colpito per la sua carica di violenza, si riferisce a due casi similari di uccisioni di anziani messe in atto da persone più giovani ma psicopatiche: il primo si è svolta nel pisano e vede uno psicolabile di 38 anni uccidere a pugni e calci una donna di 80 anni, sua vicina di casa, perché disturbato dal volume troppo alto del televisore; il fatto è accaduto in un piccolo paese e tutta la popolazione conosceva sia la vittima (una ex parrucchiera) che l’omicida (un tipo ombroso e solitario), in carico ai servizi di salute mentale della ASL).
L’altro fatto di violenza – abbastanza analogo a quello sopra citato – si è svolto nel bellunese ed ha visto protagonisti padre e figlio, con quest’ultimo che, abbandonato dalla moglie, è entrato in una fortissima spirale depressiva che è sfociata nell’uccisione del padre e nel successivo suicidio.
Come si può vedere entrambe le vicende hanno per protagonista il “malessere mentale” che, a mio modo di vedere, sta diventando una emergenza nazionale di prima grandezza, soprattutto perché di non facile diagnosi e, successivamente, di difficile soluzione medica.
Eppure qualcosa dobbiamo inventarci, qualcosa che faccia abbassare le statistiche di queste morti violente: so di aprire una fortissima polemica, ma agli addetti ai lavori chiedo se non sia il caso di “riaprire” le strutture di accoglienza per malati di mente e, soprattutto, di attrezzare le cure in modo da renderle non domiciliari ma ospedaliere; e la permanenza in queste strutture chiuse dovrebbe protrarsi fino a quando i medici non abbiano la sicurezza, dico “ragionevole” sicurezza, che il problema è risolto, altrimenti è meglio continuare la cura in forma ospedaliera, sia per il malato che “per gli altri”.