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lunedì, gennaio 09, 2006

ANCORA DUE PAROLE SUL CASO UNIPOL 

Nel mio post di ieri, che riguardava i rapporti tra UNIPOL – COOP e Partiti di sinistra, è uscita fuori la parola “etico” che merita, forse, un maggiore approfondimento; sempre avvalendosi della collaborazione del Devoto-Oli, al termine etico trovo la seguente definizione: “attività dell’uomo caratterizzata da una morale autonoma”.

Se ci pensate bene era quello che, negli anni ’80, distingueva Berlinguer da Craxi: il primo diceva che il P.C.I. doveva essere diverso da tutti gli altri sotto il profilo della moralità, mentre il leader socialista affermava, a mo’ di scusante, che loro facevano come tutti gli altri. Gli eredi di quel P.C.I., non solo non si sono disti dagli “altri” ma hanno attinto a piene mani al bottino che questo stato “forte con i deboli e debole con i forti” gli mette a disposizione.

Nel caso specifico, le strutture che discendono in qualche modo dall’ex Partito Comunista (Coop, Unipol, Lega Coop, ecc.) dovrebbero comportarsi in maniera diversa da come agiscono i concorrenti ordinari, cioè i “capitalisti”, quelli contro i quali è stata fatta una battaglia storica.

A questo proposito dobbiamo notare che le strutture create con fini cooperativistici hanno discreti sgravi fiscali, come è giusto che sia per aziende che hanno motivazioni etiche e fini altamente sociali: ma perbacco, che si comportino di conseguenza!

Siamo cioè in presenza di attività sociali che dovrebbero avere il bene pubblico alla base dell’operato; ora io mi chiedo, che cosa c’entra la scalata alla B.N.L.; aggiungo di più: cosa centra con la trasparenza che dovrebbe essere alla base dell’attività etica, tutto quel gioco di scatole cinesi che anche il movimento cooperativo ha messo in piedi, come un “Ricucci” qualsiasi? E cosa c’entra il segretario dei D.S, che ammette candidamente di avere “tifato” per Unipol, cosa per la quale è stato infamato il governatore?

Facciamo un po’ d’ordine, con quella semplicità da “uomo di campagna” che mi contraddistingue: le Coop, attraverso l’attività di distribuzione incassano giornalmente grandi quantità di denaro; tutto questo “liquido” passa a Unipol che, oltre all’attività primaria di assicuratrice, ha anche quella di banca, cioè di azienda che “acquista denaro a 8 e lo rivende a 10”; pensate che in questo caso l’istituto di credito acquista denaro a zero e lo rivende al tasso di mercato: niente male come operazione e niente male come business.

Poi mi domando anche un’altra cosa, per la quale mi aspetto che mi tacciate di bieco demagogo, ma non so che farci, io la vedo così: una struttura etica, che ha la morale come proprio faro, anziché elargire queste laute, direi quasi esagerate prebende ai propri dirigenti (come l’una tantum di quasi un miliardo e trecento milioni del vecchio conio a Consorte), potrebbe fare una politica diversa dall’odiato capitalista che sfrutta il personale con reiterati “contratti a termine” ed altre diavoleria – sia pure lecite – che la legge gli consente.

Potrebbe fare meno contratti a termine, potrebbe incrementare l’occupazione – e Dio solo sa quanto ce ne sarebbe bisogno – potrebbe insomma “agire sotto la spinta della morale” e non copiando quello che fanno gli altri che hanno il profitto come finalità unica.

Mi aspetto le vostre contumelie in quanto questa volta ho esagerato in demagogia, ma in presenza di quelle cifre che appaiono nei bilanci UNIPOL (gli unici che ci è dato vedere) credo che anche voi avreste fatto un pensierino alla falsa eticità delle strutture che acquisiscono denari pubblici e li distribuiscono in questo modo.


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