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sabato, dicembre 24, 2005

Una storia triste 

Mi dispiace interrompere la serena atmosfera natalizia per raccontarvi una tristissima storia e commentarla insieme a voi. Cominciamo, come di consueto, dalla vicenda.

Non rivelo il luogo dove si sta svolgendo e neppure, ovviamente, il nome dei protagonisti; proviamo subito a pensare ad un uomo solo in un letto di ospedale,in questi giorni nei quali il calore umano sembra dispensato a tutto spiano.

Cosa ci fa questo signore – che chiameremo Giuseppe per comodità di narrazione ed ha realmente ottanta anni - in Ospedale? Semplice, è stato ricoverato tre mesi fa per delle gravissime ferite subite in un incidente stradale, ma adesso sarebbe guarito, potrebbe essere dimesso, potrebbe tornare a casa sua. Già, a casa sua, si fa presto a dirlo, ma l’unico segno che il nostro Giuseppe ha ricevuto da casa sua è stata la visita in Ospedale di un avvocato che si è rivolto all’Amministrazione facendo, grosso modo, questo discorso: “i figli non vogliono essere coinvolti nell’assistenza a questo paziente”.

Non si conoscono i motivi – ed è bene dirlo subito, neppure mi interessano – che hanno indotto la famiglia, della quale non conosco la composizione, a prendere questo atteggiamento nei confronti di questo anziano.

Ed allora cosa ne facciamo di questo signore? Il reparto ospedaliero nel quale Giuseppe è ricoverato, nell’impossibilità di continuare a trattenerlo, essendo un reparto di terapia intensiva, si è mosso alla ricerca di una sistemazione (cosa che assolutamente esula dai suoi doveri) ed avrebbe trovato in una zona vicina una struttura che potrebbe ospitare l’anziano e garantirne l’assistenza.

Bene, tutto risolto? Macché, un nuovo problema incombe: Giuseppe ha solo una pensione sociale e quindi la differenza dovrebbe essere messa, in assenza di copertura da parte dei familiari, dal Comune di residenza del nostro anziano; il Sindaco, interpellato più volte dall’Ospedale, ha promesso di interessarsi, ma a tutt’oggi non è pervenuta nessuna notizia, insomma non siamo ancora a capo di nulla.

Allora, non entriamo nella vicenda che vede Giuseppe da una parte e i figli (o comunque i parenti) dall’altra, perché si tratterebbe di elaborare congettura sul nulla, perché nulla conosciamo dei rapporti familiari del nostro anziano; spostiamo il tiro, invece, su un altro aspetto della vicenda e cioè sul rapporto tra Giuseppe e le strutture pubbliche (Comune, Provincia, Regione) demandate in qualche modo ad occuparsi della sopravvivenza di questo antico giovanotto.

Ricorderete, forse, che a proposito di queste situazioni ho coniato tempo addietro una massima che mi sembra sempre più appropriata: “questa società non ci fa morire, ma non ci fa neppure vivere”.

Ed è proprio quanto sta accadendo al nostro amico Giuseppe: le strutture mediche, efficientissime, lo hanno salvato, nonostante l’età, da un gravissimo incidente stradale, ma quando poi si è trattato di farlo “vivere” in modo decente, allora non si è visto più nessuno che lo aiuti in questo senso.

E non si ha neppure il coraggio di “farlo fuori”, di eliminarlo come oggetto ormai divenuto ingombrante, costoso e assolutamente improduttivo: ma Giuseppe, se potessimo interpellarlo in proposito, sono certo che direbbe: “non ve l’ho mica chiesto io di salvarmi la vita, ma adesso che l’avete fatto, aiutatemi anche a vivere”.

Qualcuno di voi non più giovanissimo ricorderà che c’è un film con Totò e Gino Cervi (“Il Coraggio”) nel quale il tema è lo stesso: lui viene salvato dal suicidio e dopo “pretende” che il salvatore si prenda cura di lui, sennò doveva lasciarlo annegare”!!


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