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mercoledì, dicembre 21, 2005

Il cortile di casa 

Non molto tempo fa gli Stati Uniti d’America consideravano l’America Latina come il “cortile di casa”, dove solo loro erano autorizzati a razzolare ; adesso questo cortile si sta lastricando di rosso, paese dopo paese, come in una sorta di domino: dopo i governi di sinistra di Brasile, Argentina, Venezuela e Cile, adesso è la volta della Bolivia dove è stato eletto alla Presidenza della Repubblica – con una maggioranza schiacciante - l’ex sindacalista e attuale leader del Mas – Movimento al socialismo, Juan Evo Morales Aima, classe 1959, quindi poco più di 45 anni.

Il signor Morales è il primo indigeno a diventare Presidente della Repubblica e il secondo ad essere eletto capo dello Stato in un Paese sudamericano, dopo il peruviano Alejandro Toledo.

A parte questi “primati” cosa caratterizza l’ascesa politica di Morales? Sostanzialmente sono due le cose interessanti: la prima è la politica che verrà esercitata sulla principale fonte energetica del paese, il gas, quell’immensa ricchezza che con i suoi 18 miliardi di metri cubi è di gran lunga la più grande riserva dell’America Latina.

Ebbene, a proposito di questa ricchezza il nuovo Presidente ha lasciato intendere che il suo prezzo subirà un aumento valutabile intorno al 30%, ma che la Bolivia, pur esercitando i suoi diritti di proprietà sugli idrocarburi, non ha intenzione – almeno per il momento – di confiscare i beni altrui.

A questo proposito è bene precisare che la Repsol – azienda multinazionale ispano/argentina – è la detentrice di tutti i diritti di estrazione del gas boliviano e, appena uscita la notizia della vittoria di Morales, ha avuto un calo alla borsa di Madrid di quasi un punto e mezzo.

La seconda questione che sta tenendo banco è la faccenda della coca; qui dobbiamo premettere che una cosa è la coca e un’altra la cocaina, polvere che viene ricavata dalle foglie della coca che però, in quasi tutto il Paese, viene usata come energetico e corroborante anti fatica.

Da notare che Morales è stato leader del sindacato dei piccoli produttori di coca del Chapare e quindi la faccenda la conosce a fondo; d’altra parte sappiamo benissimo l’atteggiamento di netta chiusura degli Stati Uniti, ma anche dell’Europa, nei confronti dei coltivatori della coca e quindi è facile immaginare uno scontro a breve scadenza.

Morales, anche dopo eletto, ha mantenuto nei confronti degli U.S.A. la stessa proposta: se l’America vuole evitare che quella coca diventi cocaina, si impegni a comprare l’eccedenza del fabbisogno boliviano, per destinarlo a usi legali; ovviamente, aggiunge l’ineffabile Evo, a prezzi di mercato.

Le proposte di Morales e le sue prime prese di posizione potranno sembrarci “rivoluzionarie”, ma dobbiamo considerare che egli si accinge a guidare un Paese che ha cinque milioni e settecento mila poveri su una popolazione di nove milioni di abitanti (60%) e la sua vittoria la deve proprio a loro, a questi poveri, a questi diseredati.

Deve anche considerare che il suo Paese, appena sfiorato dalla “globalizzazione” è destinato ad essere schiacciato da queste nuove realtà economiche; evidentemente le sole armi che possiede sono le poche cose di cui il paese è produttore e cerca di utilizzarle nel migliore dei modi possibili.

Nel campo della sinistra internazionale si hanno reazioni diverse: una parte plaude a questo nuovo movimento, definendolo una sorta di “intifada india”; altri invece predicano prudenza per non illudere la gente e poi essere costretti a rimangiarsi le promesse: sarà interessante stare a vedere come finisce.


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