lunedì, novembre 28, 2005
Zoro e il razzismo
A Messina, dove si disputava l’incontro di calcio Messina-Inter, ad un certo punto il calciatore di colore della squadra di casa, Zoro (si pronuncia “zorò”), ha preso in mano il pallone e, sia pure ostacolato dagli altri giocatori (si è visto distinguersi Adriano dell’Inter) si è diretto a passo di carica verso il “quarto uomo”, uno degli assistenti dell’arbitro, e gli ha comunicato in modo molto civile che se il pubblico, o meglio la parte di pubblico che conteneva i tifosi interisti, non smetteva di apostrofarlo con i soliti “buu” ogni volta che toccava il pallone, lui se ne sarebbe andato dal campo.
Sono intervenuti i compagni, è arrivato l’arbitro e in un modo o nell’altro il giocatore di colore è stato convinto a rientrare in campo e a rimettere in gioco il pallone; al termine della partita si sono sprecati i commenti a quanto accaduto e tutti vertevano sull’inciviltà di “quei pochi” spettatori che con il loro comportamento hanno sputtanato tutta la tifoseria interista; anche il presidente Facchetti ha chiesto scusa al giocatore ma – anche lui – ha commentato che si tratta di una frangia minima che non significa niente nel contesto dei tifosi che, in genere, si sarebbero comportati civilmente.
È di oggi la notizia che per decisione dei vertici del calcio, le partite di domenica prossima cominceranno con cinque minuti di ritardo in segno di protesta per la manifestazione di razzismo verificatasi a Messina.
Due annotazioni: la prima è che siamo arcistufi dei cinque (o dieci, o altro) minuti di ritardo nell’inizio di una gara in segno di protesta: ma che vorrebbe significare? Non lo capisco, ma credo che non lo capiscano neppure gli altri perché se fosse stato compreso, con tutte le volte che è stato messo in pratica, a quest’ora si sarebbero risolti quasi tutti i problemi.
Seconda notazione: sono stufo anche di un’altra cosa che in questi casi viene sempre tirata fuori e cioè che “si tratta di pochi facinorosi, ma la maggioranza dei tifosi è sana”.
Ma non è vero, non può essere vero, se fosse vero che la maggioranza dei tifosi era contraria al gesto dei “pochi” facinorosi, sarebbe stato semplice farli smettere, bastavano pochi scapaccioni per indurli ad abbozzarla.
E invece, non che si mettano a gridare “buu” anche gli altri, ma almeno sono sicuro che non prendono posizione e quindi lasciano che la parte peggiore del tifo si scateni e diventi sonoramente maggioritaria.
Mi sembra che questo atteggiamento faccia il paio con quello che la gente comune applica quando è in presenza di un reato, in particolare quando assiste ad una violenza e successivo stupro nei confronti di una donna.
L’atto viene deprecato da tutti, l’atto trova una esplicita riprovazione da giovani e vecchi, uomini e donne, automobilisti e pedoni, però non c’è un cane che intervenga al momento dell’atto, forse per paura, sicuramente perché l’undicesimo comandamento recita “fatti gli affari tuoi”.
E questo girare la testa dall’altra parte, oppure non ascoltare i cori razzisti, è un atteggiamento di stampo mafioso, un atteggiamento cioè che la criminalità organizzata usa per coprire i suoi delitti, sapendo che il timore di rappresaglie sconsiglia la gente a fare qualcosa; ed anche le fiaccolate o i cortei (so di crearmi dei nemici ma lo dico lo stesso) sono solo un comodo paravento per intrupparsi insieme ad altri e tutti insieme non risolvere un fico secco.
Ricordate la frase di Kierkegaard: “se vuoi pulire il mondo comincia a spazzare di fronte a casa tua”.
Sono intervenuti i compagni, è arrivato l’arbitro e in un modo o nell’altro il giocatore di colore è stato convinto a rientrare in campo e a rimettere in gioco il pallone; al termine della partita si sono sprecati i commenti a quanto accaduto e tutti vertevano sull’inciviltà di “quei pochi” spettatori che con il loro comportamento hanno sputtanato tutta la tifoseria interista; anche il presidente Facchetti ha chiesto scusa al giocatore ma – anche lui – ha commentato che si tratta di una frangia minima che non significa niente nel contesto dei tifosi che, in genere, si sarebbero comportati civilmente.
È di oggi la notizia che per decisione dei vertici del calcio, le partite di domenica prossima cominceranno con cinque minuti di ritardo in segno di protesta per la manifestazione di razzismo verificatasi a Messina.
Due annotazioni: la prima è che siamo arcistufi dei cinque (o dieci, o altro) minuti di ritardo nell’inizio di una gara in segno di protesta: ma che vorrebbe significare? Non lo capisco, ma credo che non lo capiscano neppure gli altri perché se fosse stato compreso, con tutte le volte che è stato messo in pratica, a quest’ora si sarebbero risolti quasi tutti i problemi.
Seconda notazione: sono stufo anche di un’altra cosa che in questi casi viene sempre tirata fuori e cioè che “si tratta di pochi facinorosi, ma la maggioranza dei tifosi è sana”.
Ma non è vero, non può essere vero, se fosse vero che la maggioranza dei tifosi era contraria al gesto dei “pochi” facinorosi, sarebbe stato semplice farli smettere, bastavano pochi scapaccioni per indurli ad abbozzarla.
E invece, non che si mettano a gridare “buu” anche gli altri, ma almeno sono sicuro che non prendono posizione e quindi lasciano che la parte peggiore del tifo si scateni e diventi sonoramente maggioritaria.
Mi sembra che questo atteggiamento faccia il paio con quello che la gente comune applica quando è in presenza di un reato, in particolare quando assiste ad una violenza e successivo stupro nei confronti di una donna.
L’atto viene deprecato da tutti, l’atto trova una esplicita riprovazione da giovani e vecchi, uomini e donne, automobilisti e pedoni, però non c’è un cane che intervenga al momento dell’atto, forse per paura, sicuramente perché l’undicesimo comandamento recita “fatti gli affari tuoi”.
E questo girare la testa dall’altra parte, oppure non ascoltare i cori razzisti, è un atteggiamento di stampo mafioso, un atteggiamento cioè che la criminalità organizzata usa per coprire i suoi delitti, sapendo che il timore di rappresaglie sconsiglia la gente a fare qualcosa; ed anche le fiaccolate o i cortei (so di crearmi dei nemici ma lo dico lo stesso) sono solo un comodo paravento per intrupparsi insieme ad altri e tutti insieme non risolvere un fico secco.
Ricordate la frase di Kierkegaard: “se vuoi pulire il mondo comincia a spazzare di fronte a casa tua”.