sabato, novembre 19, 2005
Non condannate quel giudice, licenziatelo!
Ricorderete che alcuni mesi or sono avevo preso posizione circa la vicenda del giudice del Tribunale di Camerino che da circa sei mesi non tiene udienze perché nella sua aula è esposto il crocifisso.
Ricorderete anche che per questo signore il capo del Tribunale si era mosso a compassione e gli aveva attrezzata un’aula speciale senza crocifisso, ma neppure questo indusse il giudice Tosti (di nome e di fatto) a riprendesse le udienze perché – affermava lo scioperante – egli esigeva di amministrare giustizia con alle spalle un simbolo ebraico, sua religione, e precisamente la menorhà.
Insomma, per sistemare bonariamente la questione se ne è tentate di tutti i colori, senza che il Tosti si smuovesse dalla sua posizione.
Adesso il Tribunale dell’Aquila – dove si è tenuto il procedimento contro di lui – lo ha condannato a sette mesi di reclusione, ovviamente con la sospensione condizionale, per il reato di omissione di atti d’ufficio.
Il giudice Tosti ha annunciato che non intende assolutamente arrendersi in questa sua battaglia che egli ritiene essere battaglia di civiltà; intanto continuerà a non tenere udienze in attesa dell’appello e cercherà all’interno del Tribunale altri lavori da sbrigare fuori dell’aula; quando questi lavoretti saranno finiti egli rinuncerà allo stipendio: allora significa che sinora il prode Tosti aveva percepito un regolare stipendio da giudice, pur facendo lavoretti da applicato di segreteria o giù di lì. Ma bravo!!
Debbo dire che ogniqualvolta un Tribunale emette una sentenza comprendente la carcerazione, per un reato, diciamo così, d’opinione, rimango un attimo in sospeso prima di digerire la cosa; ed anche qui – se vogliamo dirla tutta – siamo in presenza di un reato di opinione e per di più a carattere religioso che viene punito con sette mesi di reclusione, che magari il Tosti non farà mai, però ci sono e ci restano.
D’altro canto capisco anche le motivazioni che hanno indotto il giudice dell’Aquila a emettere la sentenza: di fatto il Tosti, per una sua motivazione personalissima ha omesso di amministrare giustizia, ha mancato cioè nel rapporto fiduciario prima con la gente comune e poi con i suoi superiori gerarchici.
Ma se hanno ragione entrambi come si sarebbe potuto fare? Sinceramente non lo so, ma posso suggerire due ipotesi di lavoro che avrebbero risolto la situazione; la prima si riferisce al sistema di ammissione dei giudici nei loro posti di così alta responsabilità: a questo proposito proporrei di fare come in America, cioè di procedere a vere e proprie elezioni nelle quali i candidati alla carica propongono agli elettori – che poi sono quelli che gli pagano lo stipendio – una sorta di programma da attuare in caso di vittoria.
La seconda ipotesi potrebbe essere quella di applicare lo statuto dei lavoratori e licenziare il Tosti per abbandono del posto di lavoro non sufficientemente motivato.
Nei due casi che ho ipotizzato, si evita una cosa che temo proprio possa accadere:applicar all’ineffabile Tosti l’etichetta di martire per la causa; ed infatti se ne sono già visti i prodromi all’uscita dall’aula di giustizia: il Tosti è stato applaudito da una serie di persone, uomini politici – in testa Pannella – e da alcune associazioni laiciste e anticlericali; ma non basta, pensate un poco che ad osannare il Tosti c’erano anche i raeliani, una sorta di setta che è convinta della discendenza dell’uomo dagli alieni: ma cosa c’entrano col crocifisso??
Ricorderete anche che per questo signore il capo del Tribunale si era mosso a compassione e gli aveva attrezzata un’aula speciale senza crocifisso, ma neppure questo indusse il giudice Tosti (di nome e di fatto) a riprendesse le udienze perché – affermava lo scioperante – egli esigeva di amministrare giustizia con alle spalle un simbolo ebraico, sua religione, e precisamente la menorhà.
Insomma, per sistemare bonariamente la questione se ne è tentate di tutti i colori, senza che il Tosti si smuovesse dalla sua posizione.
Adesso il Tribunale dell’Aquila – dove si è tenuto il procedimento contro di lui – lo ha condannato a sette mesi di reclusione, ovviamente con la sospensione condizionale, per il reato di omissione di atti d’ufficio.
Il giudice Tosti ha annunciato che non intende assolutamente arrendersi in questa sua battaglia che egli ritiene essere battaglia di civiltà; intanto continuerà a non tenere udienze in attesa dell’appello e cercherà all’interno del Tribunale altri lavori da sbrigare fuori dell’aula; quando questi lavoretti saranno finiti egli rinuncerà allo stipendio: allora significa che sinora il prode Tosti aveva percepito un regolare stipendio da giudice, pur facendo lavoretti da applicato di segreteria o giù di lì. Ma bravo!!
Debbo dire che ogniqualvolta un Tribunale emette una sentenza comprendente la carcerazione, per un reato, diciamo così, d’opinione, rimango un attimo in sospeso prima di digerire la cosa; ed anche qui – se vogliamo dirla tutta – siamo in presenza di un reato di opinione e per di più a carattere religioso che viene punito con sette mesi di reclusione, che magari il Tosti non farà mai, però ci sono e ci restano.
D’altro canto capisco anche le motivazioni che hanno indotto il giudice dell’Aquila a emettere la sentenza: di fatto il Tosti, per una sua motivazione personalissima ha omesso di amministrare giustizia, ha mancato cioè nel rapporto fiduciario prima con la gente comune e poi con i suoi superiori gerarchici.
Ma se hanno ragione entrambi come si sarebbe potuto fare? Sinceramente non lo so, ma posso suggerire due ipotesi di lavoro che avrebbero risolto la situazione; la prima si riferisce al sistema di ammissione dei giudici nei loro posti di così alta responsabilità: a questo proposito proporrei di fare come in America, cioè di procedere a vere e proprie elezioni nelle quali i candidati alla carica propongono agli elettori – che poi sono quelli che gli pagano lo stipendio – una sorta di programma da attuare in caso di vittoria.
La seconda ipotesi potrebbe essere quella di applicare lo statuto dei lavoratori e licenziare il Tosti per abbandono del posto di lavoro non sufficientemente motivato.
Nei due casi che ho ipotizzato, si evita una cosa che temo proprio possa accadere:applicar all’ineffabile Tosti l’etichetta di martire per la causa; ed infatti se ne sono già visti i prodromi all’uscita dall’aula di giustizia: il Tosti è stato applaudito da una serie di persone, uomini politici – in testa Pannella – e da alcune associazioni laiciste e anticlericali; ma non basta, pensate un poco che ad osannare il Tosti c’erano anche i raeliani, una sorta di setta che è convinta della discendenza dell’uomo dagli alieni: ma cosa c’entrano col crocifisso??