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domenica, novembre 27, 2005

La sessualità (omo ed etero) 

So bene di entrare in un territorio minato, so bene di parlare di cose che conosco per sentito dire e quindi sono di seconda mano, so bene infine che tutto questo gran parlare che ne stiamo facendo, deriva massimamente dalle dichiarazioni “nette” di Papa Benedetto XVI che ha dichiarato la “non ammissibilità” dei seminaristi con tendenze omosessuali (da notare che omosessuale significa “inclinazione erotica verso soggetti dello stesso sesso” e quindi vale sia per gli uomini che per le donne).
Partiamo quindi dal divieto imposto dalle gerarchie ecclesiastiche: “La Chiesa non può ammettere al sacerdozio chi pratichi l’omosessualità, chi presenta tendenze omosessuali profondamente radicate o chi sostiene la cosiddetta cultura gay”. Premettiamo che non è mio costume sindacare le persone che uno fa entrare in casa propria, si fa tanto per ragionare, ma se la Chiesa ritiene di discriminare alcune categorie, fatti suoi.
Alcune osservazioni; la prima si riferisce al divieto puro e semplice: ritengo che si riferisca a entrambi i sessi, perché come ho detto prima, la omosessualità riguarda sia uomini che donne, quindi debbo ritenere che sia i seminaristi maschi – destinati a diventare frati o preti – e sia le femmine – destinate a diventare suore - saranno sottoposti a questo “discernimento dell’idoneità dei candidati da parte della Chiesa”.
Seconda osservazione: e se questi candidati – ripeto, uomini e donne – mostrano spiccate tendenze verso l’altro sesso cosa succede? Va tutto bene? In verità sapevo che questi religiosi – chi più esplicitamente chi meno – ha il vincolo della “castità” cioè non deve avere rapporti sessuali né con persone del suo sesso e neppure con persone dell’altro sesso.
Se non mi sbaglio, questa osservazione mi sembra che colga in fallo la discriminante ecclesiastica e quindi ci sia tutto da rivedere. Anche perché, se la castità è un postulato della vita religiosa, mi sembra superfluo andare a ricercare quali sono le tendenze, poiché in entrambi i casi si fa peccato grave.
È di oggi un’intervista rilasciata da un prete gay che opera a New York e che afferma tranquillamente di essere omosessuale ma di non aver mai commesso questo peccato, cioè di essere rimasto fedele al voto di castità, nonostante la tendenza.
Detto questo, ampliamo il discorso della sessualità che altrimenti rimane chiuso nei confessionali e non se lo merita: mi diceva anni addietro un vecchio gesuita che “anche il sesso è opera di Dio, quindi…”; è indubitabile che il sesso è una delle motrici della vita privata e pubblica, anzi direi, se non apparisse troppo forte, addirittura una delle leve della storia.
Colui che dedica la propria esistenza ad una vita religiosa ha al suo fianco questa “fede” che lo sorregge nel continuo desiderio di cedere al peccato; e sovente la fede ce la fa a sconfiggere il desiderio e l’uomo, o la donna, rimane puro e continua a seguite il proprio destino fino – in alcuni casi – addirittura alla santità.
Ma noi? Noi che nella migliore delle ipotesi abbiamo una fede assai tiepida, come possiamo difenderci dalla sessualità? Benissimo, non difendendoci affatto, cioè arrendendoci ad essa e a tutte le delizie che comporta!!
Ed allora, cosa faremo, quando saremo chiamati a rendere conto al Padreterno della nostra esistenza votata alle gioie del sesso? Semplice, gli rinfacceremo di avere creato una cosa alla quale era impossibile resistere e che quindi Lui si deve considerare corresponsabile insieme all’intero genere umano.
Speriamo che basti!!

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