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sabato, ottobre 29, 2005

"Spigolature" di politici e affini 

Alcuni recenti episodi tra i politici (e similari), se non fosse che sono da considerare “da piangere”, mi avrebbero sollecitato il riso; prima di tutto non mi dite che ce l’ho con i politici, perché altrimenti mi arrabbio e poi … è vero ce l’ho con questa classe/casta che a livello mondiale si rimpingua la propria pancia a scapito dei cittadini che dovrebbe rappresentare.
Sentite il primo episodio: domenica scorsa si è concluso il congresso del “Nuovo P.S.I.” uno dei tanti spezzoni dei socialisti, quello – per intenderci – che annoverava tra le sue file Gianni De Michelis e Bobo Craxi.
Continuando nella tradizione che vuole ogni congresso socialista autore di una nuova ed ennesima diaspora tra le fila – già rifinite – dei compagni orfani di Bettino, anche questo, che aveva all’ordine del giorno la collocazione del partito per le prossime elezioni, si è diviso in due tronconi (il superlativo non è appropriato, poiché siamo a risultati da prefisso telefonico); dunque dicevamo: Bobo – che in questa legislatura è stato eletto con la Cdl – ha cambiato sponda, allineandosi con Romano Prodi,mentre De Michelis ed altri eletti sono rimasto dove erano.
A precisa domanda di un giornalista circa il suo futuro, Bobo Craxi ha affermato: “uscirò dalla maggioranza di governo, mi asterrò su tutte le votazioni da qui alla fine della legislatura (quasi sei mesi!), ma non mi dimetterò da deputato”.
Piccolo commento: ma se non prenderai più parte ad alcuna decisione, vuoi spiegarci il motivo della tua permanenza a Montecitorio? Non sarà mica lo stipendio? Forse sì, perché si tratta in fin dei conti di sei mesate a circa 20.000 euro l’una che complessivamente tirano 120.000 mila euro, quasi 240 milioni del vecchio conio. Come dicevano i latini “pecunia non olet”, ed infatti a Bobo non puzzano i soldi, specie quelli non guadagnati!
La seconda “spigolatura” riguarda i giornali che fiancheggiano la sinistra nelle prossime elezioni: hanno tutti tuonato facendo credere alla gente che il governo, nella finanziaria che sta approntando, ha abolito l’I.C.I. per le strutture ecclesiastiche; ma come, tutti si chiedono, con la fame di soldi che Tremonti si ritrova, con le buffe tasse che ha in animo di mettere (tipo quella sul “tubo”), si abbona un tale gettito al Vaticano?
Nemmeno un cane che abbia spiegato che l’I.C.I. è una imposta locale e quindi non è di competenza dello Stato centrale e che è stata “inventata” da Giuliano Amato mi pare nel 1992, in occasione di quella mostruosa finanziaria che rastrellò ai cittadini qualcosa come 60.000 miliardi di allora.
In questa finanziaria è stato chiarito ancora meglio – in un “collegato” al provvedimento – che l’esenzione riguarda oltre che la Chiesa cattolica anche tutte quelle religioni che hanno “relazioni” con lo Stato Italiano (ebrei, mussulmani, valdesi, ecc.) e che riguarda anche quegli “Enti Non Economici” (i No-Profit) in relazione all’attività “anche se di carattere economico”: in pratica e tanto per esemplificare, la bottega dove i frati vendono il Rosolio o l’Amaro, non paga l’I.C.I. e neppure il locale dove la Misericordia organizza la Pesca di Beneficenza.
Tutto qui, si può essere o meno d’accordo con il provvedimento, ma di questo si tratta e soltanto di questo; presentarlo sotto un’altra ottica è “fare il gioco degli avversari”, come ho già avuto modo di dire varie volte, in quanto si rilancia nuovamente l’immagine del “martire” che viene attaccato dai soliti “bugiardi”.

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