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domenica, ottobre 09, 2005

La natura ce l'ha ancora con noi 

La natura continua a mietere vittime e soprattutto vittime assolutamente innocenti; mi spiego meglio: se è vero che tutti questi cataclismi e questi sommovimenti della terra avvengono per la cattiva gestione del territorio da parte dell’animale – uomo, coloro che sono stati colpiti da queste catastrofi sono tra i meno colpevoli dello sviluppo smodato della nostra civiltà, sono tra i meno utilizzatori e forse i più rispettosi fruitori delle risorse, sono insomma quelli che non dovrebbero essere puniti da questa natura che sembra essere assai miope.
E veniamo ai fatti: in testa – per numero di vittime e disastri vari – c’è indubbiamente il territorio pakistano del Kashnir, dove un terremoto di grado 7,8 della scala Richter ha provocato almeno 32.000 morti, ma ancora ci sono molte zone non ancora raggiunte dai soccorsi e tantissime macerie sotto le quali si teme che ci siano ancora molte persone; pensate che un’intera scuola è stata distrutta come un castello di carte e sotto ci sono rimasti oltre 200 bambini.
Dall’oriente pakistano spostiamoci all’America del Sud e precisamente in Guatemala, regione poverissima, ancora abitata dagli ultimi discendenti Maya, sulla quale si è abbattuto l’uragano "Stan" – definito addirittura peggiore della famigerata Katrina - che ha provocato frane e smottamenti e – almeno per il momento, ma cresceranno con le ore – circa 1.500 fra morti e dispersi; anche in questo caso sono i più deboli (vecchi e bambini) a subire maggiormente la forza degli elementi.
Quindi in due parti molto distante tra loro, la furia cieca degli elementi si è scagliata contro l’uomo e – come sempre accade – l’ha avuta vinta, uccidendo e distruggendo a tutto spiano; e l’uomo cosa fa per rispondere a questi attacchi? L’animale – uomo che è in testa alle classifiche animalesche per il fatto di essere l’unico animale "che sa e sa di sapere" come si propone di reagire?.
L’uomo, amici belli, continua a vivere come se niente fosse, come se le risorse che la natura gli ha messo a disposizione durassero in eterno, come se le varie fonti energetiche fossero inesauribili e, se qualcuno si azzarda a far suonare qualche campanello d’allarme, lo taccia di menagramo e sostiene inoltre una curiosa teoria per la quale lo sviluppo dell’attuale società non è che una tappa "dell’infinito progresso" che attente l’umanità.
E tutti ci credono – o fanno finta di crederci – tutti sono disposti a far sì che il vicino rinunci a qualcosa purché io non sia costretto a rinunciare a niente.
Ed anche nel campo delle ricerche, tutto questa libidine per lo spazio, quando abbiamo una terra da amministrare, mi fa veramente arrabbiare, a meno che non si cerchi qualche altro mondo da andare a colonizzare quando il nostro sarà spremuto come un limone: a questo proposito nel recente Festival di Venezia è stato presentato un film di Werner Herzog dal titolo "The wild blue yonder" che si potrebbe tradurre in "L’ignoto spazio profondo"; il film non è ancora uscito in Italia, ma segnatevi il titolo e quando uscirà andare a vederlo, perché tratta un argomento di grande interesse: la fine di un pianeta e la ricerca di un altro posto in cui abitare.

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