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domenica, settembre 11, 2005

Il ritorno dal Festival di Venezia 

Sono rientrato da poche ore nella mia sede abituale dopo dodici giorni trascorsi al Festival di Venezia, il primo “festival blindato che si ricordi nella storia del cinema; ovviamente, appena disfatta la valigia, il mio primo pensiero si è rivolto ai lettori del mio blog e grande è stato il desiderio di raccontare qualcosa circa questo avvenimento.
Anzitutto la “blindatura”: avrete visto dai TG e da altri servizi televisivi, che i frequentatori della zona del Festival erano sottoposti a controlli ed a continui passaggi sotto il metal detector, ma vorrei spiegarvi per bene quello che è stato organizzato – bene peraltro – per tutelare la sicurezza di tutti.
Allora, la zona del Lido dove si muovono gli addetti ai lavori per seguire i vari film che vengono giornalmente presentati, è stata interamente recintata con dei pannelli di colore bianco ed è stata chiamata appunto “zona bianca”: per accedervi erano indispensabili due cose, la tessera stampa o comunque una sorta di accredito e il controllo sia del metal detector per il corpo e sia dell’agente della sicurezza per frugare eventuali borse che qualcuno portava con se.
Subito un problema, fermo restando che l’atteggiamento di estrema collaborazione e di squisita cortesia degli addetti agli ingressi non è mai venuto meno, nonostante la strafottenza e la supponenza che solo i giornalisti/giornalai sanno mostrare, mi domando se tutto quel passare sotto il metal detector (per quanto mi riguarda mi sono divertito a contarle in un giorno normale e sono state 30) farà male alla salute oppure no? Speriamo di no, perché sarebbe un guaio. Comunque se qualcuno lo sa me lo dica.
L’altra cosa che vorrei narrarvi: le previsioni della vigilia – unanimi dei critici e del pubblico – indicavano il film di George Clooney come il netto favorito per il Leone d’Oro, con l’unica possibilità di insidiarlo assegnata al film cinese “Seven Swords” di Tsui Hark; invece – come avviene quasi sempre in questi casi – ha vinto un altro cinese (ormai americanizzato), Ang Lee, con il film “Brokeback Mountain”, meglio conosciuto da pubblico e stampa come la storia dei cow-boy gay (il povero John Wayne si rivolterà nella tomba). Del film, eventualmente, ne riparleremo quando uscirà nelle sale.
Nel paradiso del Lido di Venezia le beghe politiche arrivavano ovattate, anche se i giornali si continuava a leggerli ovviamente, ma con meno interesse di quando siamo a casa; poi l’ultimo giorno il programma prevedeva un “Film a sorpresa” e ci hanno presentato un collage di battute di Sabina Guzzanti – dal titolo “Viva Zapatero” – interamente votato a parlare male di Berlusconi:due problemi, anzitutto quello non è un film, ma soprattutto non è un film da presentare in una Mostra Internazionale di Arte Cinematografica (immaginiamoci che cosa gli interessa di questi problemi ai giornalisti cinesi, giapponesi oppure australiani: ci avranno etichettati con il solito “provincialismo”); secondo problema, abbiamo rivisto tutta la solita banda che “ha fatto vincere le scorse elezioni al Berlusca”, alludo a Dario Fo, Michele Santoro, Marco Travaglio e Enzo Biagi, mancava solo Nanni Moretti: siamo alle solite, si continua a denigrarlo in questa forma e non si capisce che, specie per gli elettori indecisi, è una forma di attacco martirizzante che si rivolge sempre a suo favore.
Ma possibile che non ci sia nessuno nel Centro Sinistra che se ne accorga, eppure non mi sembra che ci voglia l’algebra!

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