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mercoledì, agosto 10, 2005

L'implosione dell'informazione 

Per “implosione” s’intende una forma di esplosione che – anziché verso l’esterno – getta il risultato della reazione chimica all’interno di se stessa.
Uso questo termine per segnalare – qualora i miei amici non se ne fossero già accorti – un fenomeno che avviene nel campo dell’informazione e che ho definito appunto “implosione”; questo fenomeno analizza i fatti accaduti in forma così massiccia da far sì che il normale lettore alla fine dei salmi si sia sperduto in un mare di parole e – di fatto - non ci abbia capito niente circa l’evento e, di conseguenza, a ben guardare, si possa considerare “non informato per troppa informazione”.
Cominciamo ad analizzare sommariamente il comportamento del normale cittadino, quello che un tempo si chiamava “il buon padre di famiglia”: egli, tutte le mattine, si reca all’edicola ed acquista un quotidiano, forse due (ma siamo già ad una spesa non sostenibile da tutti) e comincia a sfogliarlo; notate bene che uno che segue un pochino l’informazione, conosce già attraverso la televisione le notizie pubblicate sul quotidiano che ha in mano..
Comunque sia, il nostro utente medio comincia a sfogliare il primo giornale ed è immediatamente assalito da una serie di titoloni – quasi tutti accattivanti – centrati sugli eventi che il giorno precedente hanno avuto maggior rilievo: ad esempio in questi giorni tutto il problema delle intercettazioni a personaggi dell’alta finanza e l’incidente aereo sul volo charter Bari – Djerba. Da notare che non sempre il senso del titolo viene rispecchiato nel corpo dell’articolo.
Come vengono trattati questi due argomenti? Ogni giornale ha a disposizione un certo numero di inviati che predispongono un articolo ciascuno, il quale viene pubblicato insieme a tutti gli altri; sono tutti dello stesso tenore? Non è detto, quindi sarebbe opportuno che fossero letti tutti, ma chi ne ha il tempo, la voglia e lo stomaco; bisognerebbe forse fare di mestiere “il lettore di giornali”, ma chi può permetterselo?
Qualcuno di voi meno giovane ricorderà che la vecchia scuola di giornalismo aveva ereditato da quella inglese il gioco delle cinque “W”, dalle iniziali degli avverbi che avrebbero dovuto guidare l’estensore a realizzare l’articolo ideale.
Esso infatti doveva contenere Who (chi), Where (dove), When (quando), What (come) e infine Why (perché). Sono infatti cinque avverbi ciascuno dei quali – nella lingua inglese - inizia con la lettera w; è evidente che questa forma di indirizzamento dell’articolo doveva indurre il giornalista ad essere breve e possibilmente schematico e, qualora avesse risposto a tutti i quesiti contenuti indirettamente nei cinque “w”, si sarebbe potuto considerare esaustivo del problema da trattare.
Se vogliamo concederci ancora un tuffo nel passato, vi dirò che Leo Longanesi, uno dei più grandi giornalisti che l’Italia abbia avuto, faceva leggere il suo editoriale del giorno al proprio portiere e poi lo interrogava per vedere se aveva capito quello che lui voleva dire e – in caso negativo – tornava in casa e lo correggeva.
Mi sembra che adesso, con questa abbondanza di informazione, con questa dovizia di particolari sull’accaduto – diversi su ciascun giornale – faccia ricevere al comune cittadino certamente una massa di informazioni assai superiore a quella che riceveva fino all’immediato dopoguerra, ma che questa materiale gli venga gettato addosso in modo disorganico e comunque senz’altro ridondande, senza cioè una effettiva voglia di farsi capire.
Abbiamo perso la semplicità di una volta, forse perché coloro che gestiscono i giornali sono gli stessi che gestiscono “il potere”, quello vero, quello delle banche, quello dei denari, dei petroldollari, delle proprietà, delle ville, delle barche da miliardi; e sia chiaro che questi signori non hanno proprio nessun interesse per la promozione sociale e culturale del cittadino, non hanno nessun desiderio che il cittadino vada a guardare più a fondo di quello che gli viene mostrato e quindi la conclusione è persino ovvia: ci viene data così tanta informazione che ci riteniamo informati ma, di fatto, non ci si capisce niente e si continua a lasciare il timone nelle mani del padrone del vapore, lasciandolo rimestare in pace e senza che neppure ci si lagni, perché l’informazione ce l’abbiamo, ma in che modo…..e che ce ne facciamo?

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