venerdì, agosto 19, 2005
La questione morale
Nel periodo di Ferragosto è costume della nostra classe politica e giornalistica tirare fuori frasi fatte del tipo "affrontare la questione morale è diventata una necessità ormai improcrastinabile" oppure "con la questione morale si accentua sempre più la frattura tra Paese reale e classe dirigente" ed altre stupidate del genere.
Io, che come al solito cerco di essere sempre fuori dal coro, vedo la questione in modo diverso e, sia pure non disconoscendo le ruberie che avvengono nel nostro Paese (di tutti, sia chiaro!) sposterei il discorso su un’ottica diversa degli approfittamenti, coniando anzitutto una frase che recita così: "ognuno ruba quello che può", intendendo con questo che ognuno di noi nel proprio agire quotidiano si approfitta della situazione – in maniera proporzionata alle sua "statura sociale" – e quindi, detto in soldoni, colui che può ruba i miliardi, mentre colui che non ha queste possibilità ruba gli spiccioli – le centinaia o migliaia di euro - magari facendo qualche lavoretto in nero, cercando di non pagare le tasse e – se è a stipendio fisso – entrando al lavoro quanto può e al minimo raffreddore standosene a casa oppure cercando di approfittarsi dello "straordinario" per arrotondare il magro stipendio; insomma, ponendo in essere tutta una serie di "irregolarità" oppure diciamo meglio di "forme surrettizie di profitto" a secondo delle proprie possibilità.
Questo è il Paese reale, quello cioè che non ne sa niente di "scalate" alle Banche e che finora le ha sentite nominare soltanto in montagna; quello, ancora, che neppure conosce i nomi dei finanzieri che si rigirano e fanno apparire e scomparire migliaia di miliardi; l’unico che il grosso pubblico ha recentemente conosciuto è Ricucci, ma non per i suoi quattrini o per le sue imprese da spericolato finanziere, ma soltanto per il rapporto – adesso divenuto matrimonio – con quella grandissima bonona della Anna Falchi, da anni sulle copertine di rotocalchi scandalistici o comunque di gossip; nessuno poi che si chieda: ma come avrà fatto a fare tutti questi soldi se fino a poco tempo fa non era nessuno? ma tutti invece a invidiarlo e a domandarsi: ma come avrà fatto a conquistare la Falchi?.
Questo è uno spaccato – ovviamente sommario – del nostro Paese, nel quale ognuno di noi si comporta ai limiti della legalità e – qualche volta – pure la infrange; e di questo modo di fare si auto-scusa accusando coloro che le combinano ben più grosse di lui e dicendosi: bada lì se ho fatto questa marachella, c’è chi ne fa tanto ma tanto più grosse delle mie; e così facendo non si capisce che tutti noi ci comportiamo come ci è consentito, a cominciare da Berlusconi, anzi da Benetton che è l’uomo più ricco d’Italia, per finire al più misero di noi: ripeto, ognuno si approfitta di quello che la sua posizione gli consente.
Capisco che molti dei miei lettori non accetteranno di vedersi rappresentati in questo modo, ma li prego caldamente di riflettere bene sui loro comportamenti quotidiani.
E quando ci arrabbiamo – giustamente, sia chiaro – su qualche particolare ruberia nel campo della finanza o della pubblica amministrazione della quale veniamo a conoscenza, oltre al legittimo stigmatizzare un comportamento di un "potente" votato unicamente al proprio arricchimento, se ci guardiamo dentro fino in fondo scopriamo che c’è anche una sorta di "invidia" perché lui è riuscito – grazie anche alla sua posizione – dove anche noi vorremmo arrivare, ma non ci riusciamo proprio per effetto della nostra scadente "collocazione" sociale.
Coloro che mi leggeranno, potranno certamente infamarmi e dire che loro queste cose non solo non le fanno ma neppure le pensano; bene, se vi fa piacere dirlo, ditelo pure, tanto sono stato io ad affermarlo e non voi, ma prima pensateci bene!
Io, che come al solito cerco di essere sempre fuori dal coro, vedo la questione in modo diverso e, sia pure non disconoscendo le ruberie che avvengono nel nostro Paese (di tutti, sia chiaro!) sposterei il discorso su un’ottica diversa degli approfittamenti, coniando anzitutto una frase che recita così: "ognuno ruba quello che può", intendendo con questo che ognuno di noi nel proprio agire quotidiano si approfitta della situazione – in maniera proporzionata alle sua "statura sociale" – e quindi, detto in soldoni, colui che può ruba i miliardi, mentre colui che non ha queste possibilità ruba gli spiccioli – le centinaia o migliaia di euro - magari facendo qualche lavoretto in nero, cercando di non pagare le tasse e – se è a stipendio fisso – entrando al lavoro quanto può e al minimo raffreddore standosene a casa oppure cercando di approfittarsi dello "straordinario" per arrotondare il magro stipendio; insomma, ponendo in essere tutta una serie di "irregolarità" oppure diciamo meglio di "forme surrettizie di profitto" a secondo delle proprie possibilità.
Questo è il Paese reale, quello cioè che non ne sa niente di "scalate" alle Banche e che finora le ha sentite nominare soltanto in montagna; quello, ancora, che neppure conosce i nomi dei finanzieri che si rigirano e fanno apparire e scomparire migliaia di miliardi; l’unico che il grosso pubblico ha recentemente conosciuto è Ricucci, ma non per i suoi quattrini o per le sue imprese da spericolato finanziere, ma soltanto per il rapporto – adesso divenuto matrimonio – con quella grandissima bonona della Anna Falchi, da anni sulle copertine di rotocalchi scandalistici o comunque di gossip; nessuno poi che si chieda: ma come avrà fatto a fare tutti questi soldi se fino a poco tempo fa non era nessuno? ma tutti invece a invidiarlo e a domandarsi: ma come avrà fatto a conquistare la Falchi?.
Questo è uno spaccato – ovviamente sommario – del nostro Paese, nel quale ognuno di noi si comporta ai limiti della legalità e – qualche volta – pure la infrange; e di questo modo di fare si auto-scusa accusando coloro che le combinano ben più grosse di lui e dicendosi: bada lì se ho fatto questa marachella, c’è chi ne fa tanto ma tanto più grosse delle mie; e così facendo non si capisce che tutti noi ci comportiamo come ci è consentito, a cominciare da Berlusconi, anzi da Benetton che è l’uomo più ricco d’Italia, per finire al più misero di noi: ripeto, ognuno si approfitta di quello che la sua posizione gli consente.
Capisco che molti dei miei lettori non accetteranno di vedersi rappresentati in questo modo, ma li prego caldamente di riflettere bene sui loro comportamenti quotidiani.
E quando ci arrabbiamo – giustamente, sia chiaro – su qualche particolare ruberia nel campo della finanza o della pubblica amministrazione della quale veniamo a conoscenza, oltre al legittimo stigmatizzare un comportamento di un "potente" votato unicamente al proprio arricchimento, se ci guardiamo dentro fino in fondo scopriamo che c’è anche una sorta di "invidia" perché lui è riuscito – grazie anche alla sua posizione – dove anche noi vorremmo arrivare, ma non ci riusciamo proprio per effetto della nostra scadente "collocazione" sociale.
Coloro che mi leggeranno, potranno certamente infamarmi e dire che loro queste cose non solo non le fanno ma neppure le pensano; bene, se vi fa piacere dirlo, ditelo pure, tanto sono stato io ad affermarlo e non voi, ma prima pensateci bene!