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domenica, luglio 10, 2005

Dopo le bombe la paura continua 

Sono già passati tre giorni dal terribile attentato londinese e al terrore delle bombe è subentrato il terrore della paura delle bombe, quel terrore cieco e irrazionale che fa vedere in ogni pacchetto un ordigno pronto ad esplodere.
Anche oggi ci sono stati diversi casi di evacuazione di civili da posti nei quali veniva segnalato un sospetto di bombe, tutti poi verificatosi – per fortuna – infondati ma che già hanno provocato panico e danni sostanziali ai paesi che li subiscono; e se vogliamo aggiungere qualcosa, anche sorrisini di compiacimento nei terroristi.
L’ultimo grido – in Italia - per combattere il terrorismo è l’instaurazione di una Super Procura antiterrorismo con poteri similari all’antimafia: ovviamente non c’è unanimità di consensi alla proposta – avanzata da Cossiga – che pertanto rischia di subire quanto meno un rinvio.
Intanto i nostri quotidiani – contrariamente a quello che è avvenuto e continua ad avvenire in Inghilterra – sembrano presi dalla libidine dell’orrore e riportano anche piccoli episodi come esemplificazioni di quello che, purtroppo, potrebbe essere una verità ma che non si dimostra con queste becerate; sentite qui: in un paesetto in provincia di Ferrara un signore “testimonia” che mentre i londinesi piangevano i loro morti, ha visto un gruppo di extracomunitari che nel piazzale di una autostazione improvvisava una sorta di danza tribale accompagnata da grandi urla di gioia e da abbracci. Soffermatosi per capire meglio quello che stava succedendo è stato apostrofato in tono duro con una decisa intimazione a starsene buono che tra poco comanderanno loro e che la loro era una danza in onore degli eroici kamikaze.
Immaginiamoci come la stampa ha potuto intingere le loro penne avvelenate in questo squallido fatto di cronaca che potrebbe fare il paio con le urla di gioia che si levarono nei carceri italiani all’annuncio dell’attentato al giudice Falcone.
Qui però, forse, qualcosa di diverso esiste, se è vero quanto narrato dal nostro testimone: una sorta di consapevolezza degli islamici che stava avvenendo una guerra nella quale la loro parte era nettamente in vantaggio e quindi si comprende il “tra poco comandiamo noi”.
D’altro canto, tutti i paesi del mondo – giustamente scossi all’evento londinese – sono alla ricerca di impossibili misure per rendere impraticabili questi o altri attentati; tra le tante teorie anti terrorismo che ho letto dai vari leader politici, mi ritrovo in modo particolare con quanto affermato da Tony Blair, il quale dopo aver definito “inevitabile” (nel senso che non era materialmente possibile evitarlo) l’attentato ai trasporti londinesi ha continuato dicendo che nel caso la Polizia programmi controlli più rigidi si avrebbe – come risultato – soltanto una limitazione delle nostre libertà.
E continuando quanto già detto “a caldo”, ribadisce che non dobbiamo farci imporre una sostanziale modifica del nostro stile di vita, del nostro modo di rapportarci con gli altri, insomma, in una parola nel nostro modo di esistere.
Se ricordate bene – chi ha letto un qualche libro di storia – in Inghilterra neppure i bombardamenti di Hitler con le famigerate V1 e poi V2 impedirono la circolazione della metropolitana, l’apertura dei cinema e la stagione operistica al Covent Garden, nonché le varie rappresentazioni teatrali. Era un modo per mostrare al mondo intero la loro forza d’animo, ma era anche un sistema per “occupare” le menti degli abitanti di Londra, altrimenti sempre impegnate a pensare ai bombardamenti ed ai morti sotto le macerie.
Non credo però che altri paesi – noi per primi – possano essere in grado di reagire psicologicamente in questo splendido modo; del resto ognuno è come è e ci vuole pazienza.

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