giovedì, luglio 14, 2005
Cosa accade in Europa dopo le bombe?
Mentre in Inghilterra proseguono le indagini per catturare un quinto terrorista – anch’esso di nazionalità britannica e di origine pakistana – in tutta Europa stanno aspettando la prossima mossa di Al Qaeda (o come diavolo si chiama la struttura terroristica), con il capo di Scotland Yard che continua a ripetere che avverrà un nuovo attentato in Inghilterra ma nessuno è in grado di stabilire dove e quando.
In questo clima di grande incertezza quasi tutte le nazioni europee hanno cercato di mettere in piedi alcune misure che ritengono utili per scongiurare il pericolo dell’estremismo islamico: in Italia il Ministro dell’Interno, Pisanu, ha presentato alcuni accorgimenti (prolungamento del fermo di Polizia, possibilità di perquisizioni improvvise, estensione di colloqui investigativi, intercettazioni preventive e altro del genere) che dovrebbero rendere più efficiente il lavoro delle forze dell’ordine; ovviamente non tutti – neppure nella sua maggioranza – sono d’accordo su queste misure, ma non c’era da aspettarsi l’unanimità: per alcuni sono troppo severe, per altri troppo blande.
Intanto la Francia ha sospeso – da subito – l’applicazione del trattato di Schengen che prevede la libera circolazione e quindi l’abolizione dei controlli alle frontiere tra tutti i paesi aderenti all’U.E.; è una misura importante ma lo stesso trattato la prevede in caso di forza maggiore. Sembra che analoga misura stiano per prenderla Spagna e Olanda.
E tutti continuano a chiedersi “adesso a chi tocca?”, facendo appositi scongiuri e sperando che tocchi a un altro.
Ma di concreto non c’è proprio niente, di consistente neppure e non c’è neanche molte persone (qualcuno in più c’è) che abbiano il coraggio di chiamare questa situazione con il suo nome specifico: l’occidente è in stato di guerra, una guerra non voluta e non dichiarata – almeno da noi – una guerra che ha già fatto tante e tante vittime, da una parte e dall’altra.
“Signori occidentali, vinceremo la nostra guerra nei vostri confronti perché il nostro desiderio di morire per la giusta causa è superiore alla vostra voglia di vivere”: questa è la frase che Al Qaeda lanciò a mo’ di slogan dopo l’apocalisse dell’11 settembre, dopo che quasi quattro mila americani rimasero uccisi dagli aerei suicidi.
Ebbene, questi attacchi suicidi avvengono ancora e non è sufficiente che questi signori vivano la nostra civiltà piena di valori improntati alla voglia di vivere, per cambiare idea; ma vi immaginate questi quattro (o cinque, o anche di più) giovani, tutti sotto i 30 anni, che hanno vissuto fin dalla nascita in una cittadina inglese di provincia come Leeds e in quel contesto hanno acquisito la “volontà del martirio”, la volontà cioè di sacrificare quello che ci è più caro – la vita, appunto – per immolarsi alla causa della Jjad (la guerra santa).
E nessuno si è accorto di niente, perché i vicini interpellati dai giornalisti li hanno descritti come persone amabili e simpatiche; certo che non avevano due teste e quattro narici, ma mi sembrerebbe impossibile che le rotelle funzionassero allo stesso modo di uno di noi.
Eppure è così, eppure sono tra noi, ci odiano così tanto da sacrificare la loro vita per ucciderci e non li vediamo, non abbiamo modo di vederli, non abbiamo modo di capire quale è il tarlo che li rode.
Una delle misure che ritengo più appropriata e degna di essere seguita è ripetere fino al parossismo la frase che venne detta in risposta allo slogan dell’11 settembre del 2003 e cioè: “Noi vinceremo perché la nostra voglia di vivere (che è una cosa sana) è di gran lunga superiore alla vostra voglia di morire (che è invece una cosa malata)”. E così sia!
In questo clima di grande incertezza quasi tutte le nazioni europee hanno cercato di mettere in piedi alcune misure che ritengono utili per scongiurare il pericolo dell’estremismo islamico: in Italia il Ministro dell’Interno, Pisanu, ha presentato alcuni accorgimenti (prolungamento del fermo di Polizia, possibilità di perquisizioni improvvise, estensione di colloqui investigativi, intercettazioni preventive e altro del genere) che dovrebbero rendere più efficiente il lavoro delle forze dell’ordine; ovviamente non tutti – neppure nella sua maggioranza – sono d’accordo su queste misure, ma non c’era da aspettarsi l’unanimità: per alcuni sono troppo severe, per altri troppo blande.
Intanto la Francia ha sospeso – da subito – l’applicazione del trattato di Schengen che prevede la libera circolazione e quindi l’abolizione dei controlli alle frontiere tra tutti i paesi aderenti all’U.E.; è una misura importante ma lo stesso trattato la prevede in caso di forza maggiore. Sembra che analoga misura stiano per prenderla Spagna e Olanda.
E tutti continuano a chiedersi “adesso a chi tocca?”, facendo appositi scongiuri e sperando che tocchi a un altro.
Ma di concreto non c’è proprio niente, di consistente neppure e non c’è neanche molte persone (qualcuno in più c’è) che abbiano il coraggio di chiamare questa situazione con il suo nome specifico: l’occidente è in stato di guerra, una guerra non voluta e non dichiarata – almeno da noi – una guerra che ha già fatto tante e tante vittime, da una parte e dall’altra.
“Signori occidentali, vinceremo la nostra guerra nei vostri confronti perché il nostro desiderio di morire per la giusta causa è superiore alla vostra voglia di vivere”: questa è la frase che Al Qaeda lanciò a mo’ di slogan dopo l’apocalisse dell’11 settembre, dopo che quasi quattro mila americani rimasero uccisi dagli aerei suicidi.
Ebbene, questi attacchi suicidi avvengono ancora e non è sufficiente che questi signori vivano la nostra civiltà piena di valori improntati alla voglia di vivere, per cambiare idea; ma vi immaginate questi quattro (o cinque, o anche di più) giovani, tutti sotto i 30 anni, che hanno vissuto fin dalla nascita in una cittadina inglese di provincia come Leeds e in quel contesto hanno acquisito la “volontà del martirio”, la volontà cioè di sacrificare quello che ci è più caro – la vita, appunto – per immolarsi alla causa della Jjad (la guerra santa).
E nessuno si è accorto di niente, perché i vicini interpellati dai giornalisti li hanno descritti come persone amabili e simpatiche; certo che non avevano due teste e quattro narici, ma mi sembrerebbe impossibile che le rotelle funzionassero allo stesso modo di uno di noi.
Eppure è così, eppure sono tra noi, ci odiano così tanto da sacrificare la loro vita per ucciderci e non li vediamo, non abbiamo modo di vederli, non abbiamo modo di capire quale è il tarlo che li rode.
Una delle misure che ritengo più appropriata e degna di essere seguita è ripetere fino al parossismo la frase che venne detta in risposta allo slogan dell’11 settembre del 2003 e cioè: “Noi vinceremo perché la nostra voglia di vivere (che è una cosa sana) è di gran lunga superiore alla vostra voglia di morire (che è invece una cosa malata)”. E così sia!