martedì, giugno 07, 2005
Tutti chiedono più soldi: come fare?
Da qualunque parte si volga lo sguardo, è una sequela di lamentazioni: gli industriali chiedono – e stanno per ottenere – la cancellazione dell’IRAP, i commercianti si lamentano per il grosso calo della domanda interna, il cittadino comune – ultima ruota del carro – non arriva alla fine del mese e quindi è costretto a tagliare tutta una serie di consumi.
A proposito degli industriali ho già espresso la mia idea varie volte; hanno tutti imparato da Gianni Agnelli che aveva come slogan: “intascare gli utili e socializzare le perdite”; la carenza di investimenti nell’innovazione tecnologica è un segnale d’allarme che fotografa tutta la classe padronale: e non è un bel vedere!
I commercianti – dopo un primo periodo di vacche grasse – sono colpiti dalla carenza di domanda interna e quindi sono costretti a restare inoperosi per gran parte della giornata; a proposito di vacche grasse, vi voglio raccontare un fatterello accaduto proprio a me: fino all’avvento dell’euro, avevo una camiciaia che mi faceva delle camicie su misura per la modica cifra di cinquanta mila lire (stoffa esclusa); con l’arrivo della nuova moneta europea mi sono sentito chiedere cinquanta euro (pari a oltre novanta mila lire); alle mie rimostranze mi è stato risposto: “così è più facile fare il conto!!”. Ovviamente non ci ho messo più piede e come me spero che si siano comportati tanti altri clienti.
Veniamo adesso al cittadino comune, dipendente a reddito fisso o pensionato: per queste categorie, che dovrebbero essere i trainanti della domanda interna, le problematiche sono tante e svariate;da più parti si invoca delle mosse che non siano mere cremine passate su un volto butterato, ma provvedimenti che incidano prepotentemente sull’attuale andazzo e, pur nell’impopolarità, siano capaci di dare una scossa al mercato stagnante.
Se dobbiamo “inventare” qualcosa, mi ci provo anch’io, utilizzando tutta la fantasia di cui sono capace; e mi voglio cimentare sui pensionati, partendo da una considerazione preventiva: in Italia si ha un sistema contributivo e quindi coloro che versano più contributi hanno poi una pensione più alta.
Ebbene vorrei ribaltare questo principio, spiegando però le motivazioni che mi spingono a fare questo: facciamo l’ipotesi di colui che ha sempre guadagnato dieci milioni di lire al mese (o giù di lì), ha versato contributi di conseguenza e se ne va in pensione con circa nove milioni e mezzo, sempre al mese; a proposito di questo signore, c’è a aggiungere che con simili entrate ha avuto buon gioco a comprarsi una o più case ed a mettere da parte diversi soldarelli per la vecchiaia.
Spostiamoci invece su colui che ha sempre guadagnato cifre oscillanti tra il milione e il milione e mezzo, anche lui ha versato i contributi relativi ed è andato in pensione con circa un milione e quattrocento mila lire.
Allora abbiamo questi due signori pensionati che guadagnano attualmente oltre 4.500 euro il primo e 700 euro il secondo, con il primo che ha la possibilità di attingere al gruzzolo che ha messo da parte, mentre il secondo non ha proprio niente.
Ecco l’idea: per un certo numero di anni – 5 o dieci – fermo restando i versamenti, sospendiamo il metodo contributivo e passiamo al concetto che tutti coloro che hanno guadagnato una bella cifra di stipendio avranno una pensione che è all’incirca la metà di quanto percepivano al lavoro; di contro, coloro che hanno avuto per tutta la vita uno stipendio da sopravvivenza, adesso avranno la pensione triplicata; in concreto nell’esempio sopra indicato, il primo percepirebbe circa 2.500 euro mentre il secondo fruirebbe di una pensione di circa 2.100 euro.
La vogliamo chiamare “giustizia sociale – pensionistica”? Chiamiamola come si vuole ma, nonostante che l’esempio sopra indicato mostri che non succederebbe niente di eccezionalmente rivoluzionario, state pur certi che non sarà mai preso in considerazione.
A proposito degli industriali ho già espresso la mia idea varie volte; hanno tutti imparato da Gianni Agnelli che aveva come slogan: “intascare gli utili e socializzare le perdite”; la carenza di investimenti nell’innovazione tecnologica è un segnale d’allarme che fotografa tutta la classe padronale: e non è un bel vedere!
I commercianti – dopo un primo periodo di vacche grasse – sono colpiti dalla carenza di domanda interna e quindi sono costretti a restare inoperosi per gran parte della giornata; a proposito di vacche grasse, vi voglio raccontare un fatterello accaduto proprio a me: fino all’avvento dell’euro, avevo una camiciaia che mi faceva delle camicie su misura per la modica cifra di cinquanta mila lire (stoffa esclusa); con l’arrivo della nuova moneta europea mi sono sentito chiedere cinquanta euro (pari a oltre novanta mila lire); alle mie rimostranze mi è stato risposto: “così è più facile fare il conto!!”. Ovviamente non ci ho messo più piede e come me spero che si siano comportati tanti altri clienti.
Veniamo adesso al cittadino comune, dipendente a reddito fisso o pensionato: per queste categorie, che dovrebbero essere i trainanti della domanda interna, le problematiche sono tante e svariate;da più parti si invoca delle mosse che non siano mere cremine passate su un volto butterato, ma provvedimenti che incidano prepotentemente sull’attuale andazzo e, pur nell’impopolarità, siano capaci di dare una scossa al mercato stagnante.
Se dobbiamo “inventare” qualcosa, mi ci provo anch’io, utilizzando tutta la fantasia di cui sono capace; e mi voglio cimentare sui pensionati, partendo da una considerazione preventiva: in Italia si ha un sistema contributivo e quindi coloro che versano più contributi hanno poi una pensione più alta.
Ebbene vorrei ribaltare questo principio, spiegando però le motivazioni che mi spingono a fare questo: facciamo l’ipotesi di colui che ha sempre guadagnato dieci milioni di lire al mese (o giù di lì), ha versato contributi di conseguenza e se ne va in pensione con circa nove milioni e mezzo, sempre al mese; a proposito di questo signore, c’è a aggiungere che con simili entrate ha avuto buon gioco a comprarsi una o più case ed a mettere da parte diversi soldarelli per la vecchiaia.
Spostiamoci invece su colui che ha sempre guadagnato cifre oscillanti tra il milione e il milione e mezzo, anche lui ha versato i contributi relativi ed è andato in pensione con circa un milione e quattrocento mila lire.
Allora abbiamo questi due signori pensionati che guadagnano attualmente oltre 4.500 euro il primo e 700 euro il secondo, con il primo che ha la possibilità di attingere al gruzzolo che ha messo da parte, mentre il secondo non ha proprio niente.
Ecco l’idea: per un certo numero di anni – 5 o dieci – fermo restando i versamenti, sospendiamo il metodo contributivo e passiamo al concetto che tutti coloro che hanno guadagnato una bella cifra di stipendio avranno una pensione che è all’incirca la metà di quanto percepivano al lavoro; di contro, coloro che hanno avuto per tutta la vita uno stipendio da sopravvivenza, adesso avranno la pensione triplicata; in concreto nell’esempio sopra indicato, il primo percepirebbe circa 2.500 euro mentre il secondo fruirebbe di una pensione di circa 2.100 euro.
La vogliamo chiamare “giustizia sociale – pensionistica”? Chiamiamola come si vuole ma, nonostante che l’esempio sopra indicato mostri che non succederebbe niente di eccezionalmente rivoluzionario, state pur certi che non sarà mai preso in considerazione.