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sabato, giugno 04, 2005

Procreazione assistita 

State tranquilli che il titolo di questo post non prelude ad un mio intervento sui referenda sottoposti al popolo italiano il 12 e 13 giugno prossimi; anzi, uso la frase soltanto come paradosso e ora vi spiego l’assunto del mio discorso.
Se facciamo l’analisi del concetto “procreazione assistita” veniamo a scoprire che esso è composto da due parole; vediamo cosa ci dice il “Devoto-Oli”: procreare significa “generare” e aggiunge “con riferimento più o meno diretto alla continuazione della specie”; per quanto riguarda il termine assistita/o abbiamo il seguente significato “iscritta/o, tra gli aventi diritto alle prestazioni assistenziali di un Ente”.
Ora che abbiamo chiarito l’esatto significato dei termini usati, vediamo dove intendo andare a parare: definirei procreazione assistita tutti quegli interventi posti in atto da Enti o strutture pubbliche o private per fare in modo che la generazione di un essere umano risulti fruttifera ai fini della continuazione della specie. Fin qui siamo d’accordo?
Ed ecco che ora voglio scoprire le carte e proseguire nel mio ragionamento; parto da due eventi di cronaca avvenuti in questi ultimi giorni: il primo è accaduto in Italia e si riferisce al piccolo Mirko, affogato dalla madre nel bagnetto di casa; ovviamente la madre che ha confessato l’atroce gesto è attualmente distrutta dal dolore e si trova rinchiusa in una residenza specializzata per i recuperi delle mamme che – a seguito di un parto – entrano in gravi e complesse depressioni. Quindi ha lasciato il carcere, anche perché ha confessato tutto, e si trova in questa struttura dove cercano di curarla al meglio: devo dire che questa è una delle poche volte che sono in piena sintonia con la decisione della Magistratura.
Il secondo evento ha avuto luogo fuori dall’Italia, ma molto vicino ai nostri confini, in Austria, per la precisione a Graz: in questa deliziosa cittadina una madre ha confessato di avere partorito – negli ultimi tre anni – quattro figli e di averli soppressi tutti e quattro, subito dopo i parti avvenuti in casa; i primi due li ha messi in altrettanti sacchetti per i surgelati e li ha collocati nel freezer condominiale, il terzo lo ha nascosto in un secchio per vernici e il quarto lo ha sotterrato vicino alla villetta dove la sciagurata signora vive con il convivente; il tutto è stato scoperto casualmente da un coinquilino che è andato a frugare nel freezer comune e, non riuscendo a trovare quello che cercava, ha approfondito la ricerca ed è arrivato a scoprire i due sacchetti contenenti i macabri resti dei due figlioletti.
Le motivazioni, ammesso che ce ne possano essere, sono del seguente tenore: “non volevo che il mio compagno mi lasciasse, poiché ha sempre affermato di non volere bambini”; “non volevo che i bambini soffrissero come soffro io adesso e quindi ho preferito sopprimerli”.
Sembra tutto molto inverosimile, specie per quanto attiene ai rapporti con i vicini che vedono la signora con la pancia svariate volte ma non vedono mai nessun bambino uscire dalla casa maledetta: va bene la privacy, ma qui mi sembra che si esageri.
Il marito poi non credo che abbia qualche scusante e possa continuare ancora per molto tempo a sostenere “io non mi ero accorto di niente, neanche che mia moglie fosse in cinta”: ma a chi vuole darla a bere!!
Torniamo a bomba e completiamo il mio ragionamento: in questi due casi la “procreazione” è avvenuta ma non è stata “assistita”; ecco io vorrei – magari anche prima di tutte le schermaglie scientifiche su embrioni, staminali, eccetera – che le nostre strutture sanitarie si ponessero di fronte a queste situazioni, sia sotto il profilo medico che sotto quello psicologico, per tentare di assistere realmente le donne che hanno già partorito.
E così si avrebbe una vera ed autentica “procreazione assistita”.

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