martedì, giugno 21, 2005
Il caso Sofri
In queste prime giornate torride dell’estate 2005 campeggia un caso politico-giudiziario niente male: quello che riguarda il detenuto Sofri, che la magistratura pisana ha autorizzato a svolgere un lavoro fuori dal carcere e precisamente quello di bibliotecario presso la “Normale” di Pisa, prestigiosa Università che ha visto transitare tutti i più bei nomi della cultura (e della politica) italiana.
Facciamo un passo indietro e ripercorriamo la “carriera” carceraria di Adriano Sofri: l’ex direttore di “Lotta Continua” – giornale dell’ala estremista di sinistra – è stato accusato di essere, insieme ad altri collaboratori, il mandante dell’omicidio del commissario di P.S. Luigi Calabresi, avvenuto nel 1972; ad accusare lui ed i compari sarebbe l’esecutore materiale dell’omicidio, quel Marino che nel 1995 è stato scarcerato per la sopravvenuta prescrizione del reato.
Sofri ha subito ben otto giudizi del Tribunale di Milano e l’ultimo della Suprema Corte, nel 2000, ha confermato la condanna a 22 anni di reclusione incarcerandolo nuovamente.
È di questi ultimi tempi la diatriba tra il Guardasigilli Castelli e il Presidente della Repubblica Ciampi a proposito della domanda di grazia che, peraltro, Sofri si è sempre rifiutato di avanzare: ciononostante la discussione tra i due poteri dello stato è se la massima autorità può esaminare “motu proprio” una eventuale concessione di grazia oppure se questo esame deve essere preventivamente controfirmato dal Ministro della Giustizia.
Comunque, in attesa di decidere se e come riusciranno i nostri eroi a mettere fuori il buon Adriano, lo stesso è alloggiato nel carcere di Pisa dove, però, gode di un trattamento – diciamo così – a cinque stelle: la cella è composta da camera con vista mare, annessa abbiamo la sala dove il detenuto convoca conferenze stampa e dove rilascia interviste televisive; lo stesso carcerato ha la possibilità di tornare a casa due volte al mese; lavora dal proprio “angolo scrittura” ad alcune rubriche fisse su quotidiani e periodici; tiene continue trasmissioni radiofoniche e adesso anche questo incarico di bibliotecario alla Normale, dove mi sembra che abbia studiato anche Ciampi, con rientro in cella alle ore 19.30.
Tutta la banda dei vip intellettualoidi italiani, tutti i politici più o meno di rango, sono al fianco del Presidente nel brigare alla ricerca di tutti i mezzi possibili per liberare Sofri; unica eccezione la Lega (ma loro sono sempre bastian contrari), in parte A.N. e, soprattutto, l’Associazione Vittime del Terrorismo e della Mafia che per bocca del proprio presidente, Bruno Berardi, si rivolge a Sofri chiedendogli …”ma di che ti lamenti, sei trattato e coccolato come un bambolotto, servito e riverito e non ti manca neppure la solidarietà del Capo dello Stato”.
Non intendo prendere posizione, ma soltanto fare alcune considerazioni: siamo in uno Stato in cui non si riconoscono i meriti e quindi – per indiretta analogia – neppure i demeriti, tuttavia la vicenda di Sofri rasenta il ridicolo (così viene giudicata all’estero), con tutta una sequela di persone importanti che si scalmanano per cercare di liberare un tizio che si ostina a non pentirsi e a non chiedere la grazia (atteggiamento che peraltro potrebbe essere giudicato positivamente se non dal lato formalistico); parrebbe quasi che in carcere si trovi talmente bene da non avere nessuna voglia di andarsene!
Un’altra piccola considerazione è che in questo Paese la Storia non “sconfigge” nessuno ed anzi, tutti coloro che sono stati dichiarati “perdenti dagli eventi” (Sofri è uno di questi, insieme a Ferrara ed altri), occupano posti di comando e di alta responsabilità: sarà un bene oppure no?
Facciamo un passo indietro e ripercorriamo la “carriera” carceraria di Adriano Sofri: l’ex direttore di “Lotta Continua” – giornale dell’ala estremista di sinistra – è stato accusato di essere, insieme ad altri collaboratori, il mandante dell’omicidio del commissario di P.S. Luigi Calabresi, avvenuto nel 1972; ad accusare lui ed i compari sarebbe l’esecutore materiale dell’omicidio, quel Marino che nel 1995 è stato scarcerato per la sopravvenuta prescrizione del reato.
Sofri ha subito ben otto giudizi del Tribunale di Milano e l’ultimo della Suprema Corte, nel 2000, ha confermato la condanna a 22 anni di reclusione incarcerandolo nuovamente.
È di questi ultimi tempi la diatriba tra il Guardasigilli Castelli e il Presidente della Repubblica Ciampi a proposito della domanda di grazia che, peraltro, Sofri si è sempre rifiutato di avanzare: ciononostante la discussione tra i due poteri dello stato è se la massima autorità può esaminare “motu proprio” una eventuale concessione di grazia oppure se questo esame deve essere preventivamente controfirmato dal Ministro della Giustizia.
Comunque, in attesa di decidere se e come riusciranno i nostri eroi a mettere fuori il buon Adriano, lo stesso è alloggiato nel carcere di Pisa dove, però, gode di un trattamento – diciamo così – a cinque stelle: la cella è composta da camera con vista mare, annessa abbiamo la sala dove il detenuto convoca conferenze stampa e dove rilascia interviste televisive; lo stesso carcerato ha la possibilità di tornare a casa due volte al mese; lavora dal proprio “angolo scrittura” ad alcune rubriche fisse su quotidiani e periodici; tiene continue trasmissioni radiofoniche e adesso anche questo incarico di bibliotecario alla Normale, dove mi sembra che abbia studiato anche Ciampi, con rientro in cella alle ore 19.30.
Tutta la banda dei vip intellettualoidi italiani, tutti i politici più o meno di rango, sono al fianco del Presidente nel brigare alla ricerca di tutti i mezzi possibili per liberare Sofri; unica eccezione la Lega (ma loro sono sempre bastian contrari), in parte A.N. e, soprattutto, l’Associazione Vittime del Terrorismo e della Mafia che per bocca del proprio presidente, Bruno Berardi, si rivolge a Sofri chiedendogli …”ma di che ti lamenti, sei trattato e coccolato come un bambolotto, servito e riverito e non ti manca neppure la solidarietà del Capo dello Stato”.
Non intendo prendere posizione, ma soltanto fare alcune considerazioni: siamo in uno Stato in cui non si riconoscono i meriti e quindi – per indiretta analogia – neppure i demeriti, tuttavia la vicenda di Sofri rasenta il ridicolo (così viene giudicata all’estero), con tutta una sequela di persone importanti che si scalmanano per cercare di liberare un tizio che si ostina a non pentirsi e a non chiedere la grazia (atteggiamento che peraltro potrebbe essere giudicato positivamente se non dal lato formalistico); parrebbe quasi che in carcere si trovi talmente bene da non avere nessuna voglia di andarsene!
Un’altra piccola considerazione è che in questo Paese la Storia non “sconfigge” nessuno ed anzi, tutti coloro che sono stati dichiarati “perdenti dagli eventi” (Sofri è uno di questi, insieme a Ferrara ed altri), occupano posti di comando e di alta responsabilità: sarà un bene oppure no?