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mercoledì, maggio 25, 2005

Reati particolarmente odiosi: che fare? 

E’ chiaro che qualunque reato è odioso, come dice il Beccaria “è una ferita inferta all’intera società” ed è la pena – sempre secondo il Beccaria – “a suturare alla meglio questa ferita”.
Esistono però tutta una serie di reati che l’opinione pubblica – forse un po’ messa su dai mezzi di comunicazione – giudica particolarmente odiosi, addirittura ripugnanti e che vorrebbe che fossero puniti dalla legge e dalla Magistratura con pene assai più severe di quelle che si vedono adesso; un po’ come dire “sbattetelo in galera e buttate via la chiave!”, quando non si arriva addirittura ad invocare la pena di morte.
È di ieri la notizia che la Polizia ha compiuto alcuni blitz sui siti internet di pedo-pornografia, scoprendo varie persone implicate (addirittura anche tre sacerdoti) e in uno di questi casi il Presidente di Telefono Arcobaleno – l’Associazione che da quasi dieci anni combatte i siti gestiti da pedofili – ha segnalato che un signore al quale sono stati trovati oltre 80.000 file con filmati pornografici interpretati da bambini e bambine tra i quattro e i sei anni, ha “patteggiato” la pena e se ne è uscito bellamente di scena con il pagamento di soli 3.000 euro e ottenendo addirittura anche la non iscrizione sulla sua fedina penale, cosicché il “bravuomo” è ufficialmente e a tutti gli effetti un bravuomo.
Un altro caso, questo di alcuni giorni or sono, riguarda un reato ancora più grave, ma sempre nel campo della pedofilia: un terzetto di pedofili violentò ed uccise nel 1997 un bambino di nove anni; uno di loro, condannato solo a nove anni per occultamento di cadavere è tornato adesso in libertà. Si possono facilmente immaginare i lamenti della madre del piccolo ucciso e dei parenti tutti che – dopo aver “ringraziato” ironicamente i giudici che hanno messo fuori il delinquente – affermano che se avranno l’opportunità di incontrarlo si pentirà di non essere rimasto in prigione.
Ecco, questi sono due casi presi tra i tantissimi che smuovono le emozioni dell’opinione pubblica; c’è da chiedersi: cosa fare in proposito? Hanno diritto i parenti di insorgere in questo modo davanti ad una messa in libertà che loro ritengono addirittura offensiva per il bambino ammazzato barbaramente?
Torniamo allora un attimo indietro: il giudice emette le sentenze “in nome del popolo italiano” ma a questo popolo non risponde in niente (il referendum che lo responsabilizzava almeno civilmente è stato vanificato da una legge tagliata apposta per tutelare i magistrati); d’altro canto lo stesso giudice “deve” applicare la legge e quest’ultima gli viene fornita dalla classe politica che per sua stessa natura dovrebbe essere più sensibile agli umori della gente.
Ci troviamo quindi di fronte ad un combinato disposto tra “uomo–giudice” e “uomo-legge”, in cui queste due componenti della nostra giustizia dovrebbero accordarsi in modo tale che alcune situazioni che suscitano sdegno nella gente vengano rivisitate alla luce di questo sdegno e – se del caso – in un prossimo futuro gestite in maniera diversa.
Per esempio, dalla procedura del “patteggiamento” – che pure tanto ha snellito il lavoro dell’uomo magistrato – l’uomo legge dovrebbe togliere quei reati che per la loro ferocia e per la loro efferatezza colpiscono l’immaginazione dell’opinione pubblica ed anche quelli compiuti contro i minori.
È chiaramente un suggerimento da uomo della strada, da persona cioè che utilizza principalmente il buon senso e che avverte quello che avviene nella nostra società.
Sarà possibile realizzarlo? Speriamo

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