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sabato, maggio 07, 2005

Quanta invidia per l'Inghilterra; però... 

Come era largamente previsto, Blair ha vinto le elezioni inglesi e si è assicurato il terzo mandato consecutivo, cosa mai successa in campo laburista; pur perdendo 60 seggi dalle elezioni del 2001, si è assicurato la maggioranza assoluta del parlamento inglese con oltre 70 seggi di scarto.
È ovvio che in Italia tutte le volte che ci sono le elezioni in Inghilterra si grida al miracolo, si invidia quel sistema e, insomma, guardiamo a quel Paese come ad un modello di civiltà: ma come, si vota il mercoledì e il venerdì il vincitore già si reca dalla Regina con la lista dei ministri: da noi passa almeno 20 o 30 giorni prima di capire con esattezza chi ha vinto e “che cosa” ha vinto.
Però, dopo i complimenti di rito, vediamo meglio i risultati e, attraverso questi la bellezza (e le anomalie) del sistema elettorale britannico che, ricordiamocelo, è un maggioritario perfetto, cioè senza recuperi ed altre diavolerie che abbiamo noi: raffrontando le percentuali di voti con i seggi acquisiti si resta già un pochino perplessi, infatti i laburisti con poco più del 36% dei voti si sono assicurati 353 seggi (su 646 totali), mentre i conservatori con il 33% hanno avuto solo 196 seggi e i liberaldemocratici con quasi il 23% non sono andato oltre i 61 rappresentanti.
Già dai numeri balza evidente l’anomalia: con tre punti percentuali di differenza i laburisti hanno conquistato quasi 160 seggi in più (45%) dei conservatori e se poi la comparazione avviene nei confronti dei liberaldemocratici la sperequazione appare ancora più evidente: si conquista il 14% in più e si hanno 290 seggi in più (quasi 5 volte il bottino dei poveri liberali).
Questo è il problema del maggioritario secco; si conquista un collegio elettorale con un voto in più del candidato avversario e a quest’ultimo non tocca niente.
Immaginiamoci cosa succederebbe in Italia, dove i partiti del 3% hanno un tale potere che determinano la caduta o meno del governo; in caso di applicazione della stessa legge elettorale sarebbe indispensabile accorparsi e presentarsi al giudizio degli elettori con partiti di più anime, salvo poi sciogliersi subito dopo.
Se avessero fatto analoga riflessione – ma in Inghilterra non c’è proprio la tradizione dell’accorpamento – i due partiti sconfitti (liberali e conservatori) avrebbero stravinto nei singoli collegi e quindi si sarebbero assicurati il governo: così non è stato e nessuno di loro ne fa un dramma; sarà per la prossima volta, annunciano seraficamente i segretari dei due partiti sconfitti.
A proposito della parziale sconfitta di Blair (passato da 413 a 353 seggi), tutti i commentatori inglesi fanno riferimento all’impopolarità della partecipazione alla guerra in Irak; a questo proposito il leader laburista, dopo aver ammesso il ridimensionamento del proprio partito, ha disegnato una compagine di governo diversa dalla precedente – più moderata – e ha convenuto che sarà opportuno capire i motivi per i quali molti elettori gli hanno voltato le spalle.
Complimenti, perché uno che vince dovrebbe solo festeggiare, mentre Blair guarda anche al futuro!

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