<$BlogRSDUrl$>

giovedì, maggio 05, 2005

Ora siamo costretti a sperare nella Magistratura 

Come era facile prevedere, il rapporto delle Autorità italiane sulla tragica fine di Nicola Calipari diverge in modo sostanziale da quello compilato dagli americani.
Il Cavaliere – nonostante le svariate telefonate scambiate con l’amico Bush – non è riuscito a spostare di una virgola la posizione degli americani che continuano a sostenere la tesi della imprudenza del nostro funzionario SISMI mentre noi ribadiamo la inadeguatezza psicologica dei “ragazzi” che presidiavano il posto di blocco e che – non avvertiti da nessuno – quando hanno visto arrivare un’auto non hanno saputo fare di meglio che sparargli contro.
A margine della vicenda vorrei fare due sole considerazioni: la prima è che, anche se “una telefonata allunga la vita” come recitava uno spot di successo, non è bello trattare affari di stato di tale rilevanza attraverso le conversazioni telefoniche tra i due leader; e soprattutto non è bello annunciarlo in anticipo al coro dei giornalisti con la sicumera che caratterizza il Berlusca in tante occasioni: “ora gli telefono io a Bush e vedrete che sistemiamo tutto”: e infatti…non è stato sistemato proprio niente, Bush ha ribadito l’eroismo del nostro Calidari, ha rinnovato le condoglianze ai familiari, ma non è andato oltre, rifiutandosi addirittura di formulare scuse ufficiali al nostro Paese.
La seconda considerazione che mi viene da fare, deriva da una dichiarazione di Di Pietro che – guarda caso – mi sembra il meno sprovveduto di quanti hanno parlato in questi giorni: tutto il problema discende dal fatto che le nostre autorità di governo (non so chi personalmente) appena appreso della liberazione di Giuliana Sgrena, hanno fatto pressione su Calipari perché rientrasse al più presto in Italia insieme alla giornalista; questa fretta che è stata messa al nostro funzionario soprattutto dal suo capo, gli ha fatto commettere alcune leggerezze che, altrimenti non avrebbe commesso, come quella di avvertire soltanto qualcuno all’aeroporto e non al comando generale delle truppe americane, con preghiera di emanare ordini in tal senso a tutte le unità che egli avrebbe potuto incontrare nella via di fuga verso l’aereo che doveva riportarli in Italia.
Questa è una ipotesi che effettivamente sta in piedi, altrimenti non si spiega la fretta di Calipari di raggiungere l’aereo per l’Italia in una serata bruttissima – sotto il profilo meteorologico – con un temporale che rovesciava acqua a catinelle e con il buio della notte ormai arrivato; prudenza avrebbe voluto che prima di avventurarsi in quella strada sarebbe stato meglio sostare presso qualche comando americano e da lì farsi scortare verso l’aeroporto.
Comunque sia, la verità su quanto accaduto non la sapremo mai e quindi può trovare ospitalità anche la teoria dell’ordine dato da un qualche “generale pazzoide” di dare una lezione a questi italiani che sono sempre disposti a tirare fuori i soldi per foraggiare i terroristi.
Sono certo che così non è stato, ma non ci sono prove né contro né a favore, quindi tutte le ipotesi restano valide, anche quella - in verità fantastica – che ho indicato sopra.
Anche questo diventerà uno dei tanti “misteri italiani”, insieme a Piazza della Loggia, la bomba sull’Italicus, alla Stazione di Bologna e tanti altri del genere; a meno che la nostra Magistratura – che ha appena iniziato l’inchiesta – non riesca a fare giustizia o quanto meno ad indicare l’esatta ricostruzione degli eventi accaduti quella tragica notte.

This page is powered by Blogger. Isn't yours?