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sabato, maggio 21, 2005

Mandiamo i politici a fare la spesa 

A sentire i discorsi sulla sfascio della nostra economia si avverte una cosa: i politici, gli economisti, insomma tutti quelli che affrontano analisi sull’andamento della nostra vita quotidiana non sono mai stati in un supermercato o in una salumeria, oppure in una panetteria; mi spiego meglio: non hanno mai avuto in tasca lo stipendio di mille euro (ai tempi del vecchio conio erano circa due milioni ed era un introito decoroso) e con questo arrabattarsi per fare entrare la cena ed il pranzo del giorno dopo.
Ma che forse nessuno si ricorda che uno dei “successi” vantati dal Cavaliere fu quello di allineare il minimo di pensione a un milione (poco più di 500 euro)? Allora, prendiamo uno dei beneficiati del Berlusca e facciamogli fare la spesa, pagare le tasse (nettezza, I.C.I., e qualcosa di altro) pagare le bollette (luce, gas, telefono) e poi voglio proprio vedere come può fare, a meno di ripetere il miracolo dei pani e dei pesci, riferito però ai biglietti da venti euro.
Avrete notato che quando si fanno dibattiti sui mezzi di comunicazione di massa (stampa o TV), questo soloni dell’economia utilizzano dati macro-economici e non cifre raffrontabili, da chi li sta ad ascoltare, con la spesa recentemente fatta; questo a loro serve per due motivi: il primo è quello che deriva dalla conoscenza delle cifre di cui sopra ho fatto cenno, insomma hanno solo questi dati che gli vengono forniti dai loro uffici studi e su quelli vanno a pontificare, non sanno quanto costa un chilo di pasta o un filone di pane; il secondo ordine di motivi è quello – più malizioso ma sempre rispondente alla verità – che queste cifre non sono confutabili dall’uomo della strada che invece potrebbe obiettare se venissero mostrate quelle relative alla spesa comune ed alle tariffe principali.
Allora possiamo dire che sono tutti d’accordo per fregarci? In parte, solo in parte poiché in questa situazione siamo in presenza del combinato disposto di mala fede e di non conoscenza della situazione: quindi miei cari amici vi rendete subito conto delle belle menti a cui sono affidati i nostri destini e quelli dei nostri figli.
Mi viene in mente una barzelletta; posso raccontarvela? Allora, in un ristorante un signore chiede il menu e ci trova scritto “fritto montecitorio”; chiama il cameriere e gli chiede come è composto questo piatto, al che gli viene risposto: “parecchi carciofi, poco cervello e qualche finocchio” (piccola spiegazione: dalle mie parti il termine carciofo è affibbiato a colui che non sa fare niente).
Del resto la stessa cosa che abbiamo citato più sopra (la spesa quotidiana) si potrebbe trasportare nella sanità pubblica; è mai capitato a qualcuno di voi di incontrare in un “normale” ospedale, tra i “normali” ricoverati, un politico o – peggio ancora – un uomo di governo?
A me non è mai successo e mi sono sempre chiesto il motivo, rispondendomi che probabilmente lor signori quando ne hanno bisogno usufruiscono di camere particolari o addirittura vengono ospitati in case di cura appositamente attrezzate.
Anche in questi casi si potrebbe dire: state tranquilli che se il politico dovesse fare la fila come tutti per prenotare un’analisi, le code diminuirebbero fino a scomparire del tutto.
Però così non è, e dobbiamo rassegnarci ad essere considerati dei “sudditi” e non dei cittadini; cari amici – fino a nuovo ordine – così è se vi pare!

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