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martedì, maggio 31, 2005

Il "NO" dei francesi 

La schiacciante vittoria del “no” al referendum indetto dal governo francese sulla Costituzione Europea è stato un evento di enorme rilevanza non solo sul territorio francese ma in tutto il vecchio Continente.
La prima domanda che dobbiamo porci è che cosa significa questo rifiuto dei francesi nei confronti della Costituzione Europea; vorrei premettere che tra i votanti – sia per il SI che per il NO coloro che hanno letto materialmente tutta la carta costituzionale sono una esigua minoranza, diciamo attorno all’1, massimo 1,5%. Da notare peraltro che la percentuale dei votanti è stata molto alta, a dimostrazione dell’enorme interesse che i cittadini francesi riponevano nella consultazione.
E allora come mai c’è stato questo gran rifiuto ad una Costituzione la cui costruzione è stata opera principalmente di un francese, Valery Giscard d’Estaigne, e che ha rappresentato una delle pietre miliari su cui costruire il futuro dei 25 Paesi?
Non ho sentito, per il momento, grandi prese di posizione sulle motivazioni, soltanto del rammarico su quanto accaduto e basta; allora vorrei dire la mia, formulare una mia ipotesi che poi potrebbe essere o meno confermata dal prossimo referendum che si terrà tra pochi giorni in Olanda.
Come tutte le operazioni “europee” anche questa è stata vista dai francesi (ma sarebbe stato la stessa cosa per noi italiani o per i tedeschi) come un referendum sul proprio governo del momento: in pratica, la situazione di crisi stagnante che esiste anche tra i cugini francesi, li ha indotti a bocciare solennemente “la prima cosa che c’era da bocciare”; per fortuna è stata la Costituzione Europea, ma se il referendum avesse riguardato altre materie sarebbe stato la stessa cosa, basta votare in senso opposto a quella che è stata l’indicazione governativa.
È quindi una schiacciante sconfitta del governo – che se ne dovrebbe andare in blocco, a cominciare da Chirac e invece pagherà soltanto il Primo Ministro – reo secondo gli elettori di avere condotto la nazione sull’orlo della miseria; contro questa considerazione di politica interna non c’è stato il benché minimo appeal dell’Europa, sempre più considerata regno felice di burocrati strapagati e di onorevoli altrettanto lautamente retribuiti: diciamoci la verità, nessun interesse è riuscita a infondere l’Europa nella quale troppi Paesi fanno le corse per entrare e non si sa bene a quale fine..
Contro questa burocrazia piena di tecnici dei vari Paesi aderenti (ora sono addirittura 25 ognuno dei quali ne deve piazzare un certo numero) la gente comune, quella che cerca di mettere insieme il pranzo con la cena, si è scagliata con questo referendum che – ripeto ancora una volta – non ha voluto bocciare la Costituzione, di per se misconosciuta ai più, ma tutto il baraccone di Bruxelles e di Strasburgo, considerato un altro legaccio da aggiungere a quelle delle varie Nazioni.
Ci possiamo chiedere che cosa accadrà adesso, ma le prime voci che ho sentito dagli addetti ai lavori – cioè da coloro che sono “alla greppia” – sono tutte tese a sminuire la portata dell’evento, a dire che è un piccolo incidente di percorso ma che la costruzione dell’Europa va avanti e nessuno la può fermare; magari se analogo risultato dovesse verificarsi anche nella consultazione olandese, allora continuare sul tema del piccolo incidente sarebbe addirittura comico, ma come si dice, alla sfacciataggine non c’è limite.
Sarebbe invece opportuno che questi “incidenti” facessero riflettere i tecno-burocrati europeisti e che la costruzione del vecchio Continente seguisse parametri completamente diversi, con maggiore importanza data alle singole individualità nazionalistiche e con nuovi parametri per i riconoscimenti dei contributi nei vari settori.
Però, questo è quanto ci vorrebbe, ma io ci credo poco che si possa avverare!

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