domenica, maggio 15, 2005
Giustizia forte con i deboli
Forse l’ho già detto altre volte, ma non trovo titolo migliore: é di ieri l’ennesima manifestazione di mala-giustizia verificatasi nel nostro Paese; vediamo come è andata: dobbiamo per forza di cose cominciare dalla fine e procedere a ritroso in un cinematografico flash-back; allora diciamo subito che un signore napoletano, della bella età di 86 anni è stato incarcerato per un reato passato in giudicato e a fronte della cui condanna nessuno aveva fatto ricorso. Pensate un po’, è stato arrestato il 2 maggio scorso mentre era in coda all’Ufficio Postale per incassare la pensione (500 euro).
E a questo punto cominciamo dall’inizio, che poi non è tanto distante: nel 2001 il nostro nonnetto era stato condannato a quattro mesi di reclusione per essere stato sorpreso sul treno che da Napoli doveva portarlo a Reggio Calabria con 15 stecche di sigarette che avrebbe voluto vendere “di contrabbando” nella città calabrese.
Allora, dicevamo, siamo nel 2001, il nostro arzillo anziano ha già superato gli ottanta anni, è completamente analfabeta e abbiamo già detto prima quanto è il suo reddito mensile; viene processato, difeso da un avvocato d’ufficio perché non può ovviamente permettersi un proprio legale e – malgrado sia incensurato (quindi fedina penale intonsa) – viene condannato alla pena di quattro mesi di reclusione.
Il nonnetto annovera anche questo episodio insieme alle altre martellate che la vita gli aveva inferto e non ci pensa più; ovviamente non fa ricorso in appello (chi gli dava i soldi!? E poi nessuno lo consiglia in merito) e cerca invece di continuare a tirare avanti alla bell’e meglio; il 16 aprile scorso decadono i termini per la domanda intesa ad ottenere la sospensione della pena, ma il nonnetto è in tutt’altre faccende affaccendato (mettere insieme il pranzo con la cena) e l’avvocato pure (cambiare la macchina con una più grande).
Comunque sia, scaduto il termine per fare la domanda, la sentenza diventa esecutiva e il nostro Tribunale – con una solerzia e una precisione degne di miglior causa – fa scattare le ricerche e il 2 maggio, come già detto, viene rintracciato (in coda alla Posta) e incarcerato.
Solo ieri l’altro – quando la notizia si è sparsa per tutta Napoli – il Tribunale di Sorveglianza ha deciso in tutta fretta di sospendere la pena, rendendo il provvedimento immediatamente esecutivo e quindi il nostro carcerato è stato rimesso in libertà, dopo poco più di 10 giorni trascorsi a Poggioreale.
Una sola domanda: possibile che sia nel 2001 – quando cioè è stata emessa la sentenza – e sia adesso - quando è stato reso esecutivo il provvedimento di carcerazione – non ci sia stato nessuno tra i vari giudici, cancellieri, applicati di segreteria, carabinieri e quant’altro che si sia reso conto dell’età del titolare del provvedimento e delle condizioni economiche e sociali nelle quali versava? Perché in questo caso siamo in presenza non solo di indigenza, ma di quella che io chiamo la “miseria morale”, cioè il disancoramento dalla società che ci circonda e che non ti vede proprio.
È buffo perché proprio nello stesso giorno (ma non nella stessa città, siamo infatti a Milano) un giovane rapinatore, già condannato a dieci anni per omicidio, ed a suo tempo rimesso prontamente in libertà perché “le condizioni carcerarie non si confacevano al suo stato di salute” (ha l’AIDS) ha tentato una nuova rapina ai danni di una madre, ma è stato fermato e rispedito in carcere.
Che dire? Vogliamo buttarla sul fatalista e dire “sono i casi della vita” oppure l’altro ancora più bello “finché si hanno denti in bocca non si sa quel che ci tocca”? Può essere un modo come un altro per andare avanti!
E a questo punto cominciamo dall’inizio, che poi non è tanto distante: nel 2001 il nostro nonnetto era stato condannato a quattro mesi di reclusione per essere stato sorpreso sul treno che da Napoli doveva portarlo a Reggio Calabria con 15 stecche di sigarette che avrebbe voluto vendere “di contrabbando” nella città calabrese.
Allora, dicevamo, siamo nel 2001, il nostro arzillo anziano ha già superato gli ottanta anni, è completamente analfabeta e abbiamo già detto prima quanto è il suo reddito mensile; viene processato, difeso da un avvocato d’ufficio perché non può ovviamente permettersi un proprio legale e – malgrado sia incensurato (quindi fedina penale intonsa) – viene condannato alla pena di quattro mesi di reclusione.
Il nonnetto annovera anche questo episodio insieme alle altre martellate che la vita gli aveva inferto e non ci pensa più; ovviamente non fa ricorso in appello (chi gli dava i soldi!? E poi nessuno lo consiglia in merito) e cerca invece di continuare a tirare avanti alla bell’e meglio; il 16 aprile scorso decadono i termini per la domanda intesa ad ottenere la sospensione della pena, ma il nonnetto è in tutt’altre faccende affaccendato (mettere insieme il pranzo con la cena) e l’avvocato pure (cambiare la macchina con una più grande).
Comunque sia, scaduto il termine per fare la domanda, la sentenza diventa esecutiva e il nostro Tribunale – con una solerzia e una precisione degne di miglior causa – fa scattare le ricerche e il 2 maggio, come già detto, viene rintracciato (in coda alla Posta) e incarcerato.
Solo ieri l’altro – quando la notizia si è sparsa per tutta Napoli – il Tribunale di Sorveglianza ha deciso in tutta fretta di sospendere la pena, rendendo il provvedimento immediatamente esecutivo e quindi il nostro carcerato è stato rimesso in libertà, dopo poco più di 10 giorni trascorsi a Poggioreale.
Una sola domanda: possibile che sia nel 2001 – quando cioè è stata emessa la sentenza – e sia adesso - quando è stato reso esecutivo il provvedimento di carcerazione – non ci sia stato nessuno tra i vari giudici, cancellieri, applicati di segreteria, carabinieri e quant’altro che si sia reso conto dell’età del titolare del provvedimento e delle condizioni economiche e sociali nelle quali versava? Perché in questo caso siamo in presenza non solo di indigenza, ma di quella che io chiamo la “miseria morale”, cioè il disancoramento dalla società che ci circonda e che non ti vede proprio.
È buffo perché proprio nello stesso giorno (ma non nella stessa città, siamo infatti a Milano) un giovane rapinatore, già condannato a dieci anni per omicidio, ed a suo tempo rimesso prontamente in libertà perché “le condizioni carcerarie non si confacevano al suo stato di salute” (ha l’AIDS) ha tentato una nuova rapina ai danni di una madre, ma è stato fermato e rispedito in carcere.
Che dire? Vogliamo buttarla sul fatalista e dire “sono i casi della vita” oppure l’altro ancora più bello “finché si hanno denti in bocca non si sa quel che ci tocca”? Può essere un modo come un altro per andare avanti!