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venerdì, maggio 13, 2005

Anche l'ISTAT contro il Cavaliere? 

E’ di ieri l’ultimo dato dell’ISTAT che mostra un PIL (Prodotto Interno Lordo) in calo dello 0,5% nel primo trimestre del 2005. Il commento del nostro premier è tra i più ridicoli che ho sentito da uno che di ridicoli ne ha sfornati tanti: “colpa delle vacanze pasquali, bisogna lavorare di più”. A stretto giro di comunicato, l’istituto di statistica – magari saranno tutti comunisti!! – ha replicato affermando che la comparazione con il primo trimestre del 2004 avviene a giorni costanti e quindi tenendo conto di eventuali festività in più o in meno. Ed a questo punto tutta l’Italia ha tirato lo sciacquone…
Ma come si fa a farsi prendere in castagna in questo modo, come si fa a continuare a giocare a fare il premier ed a tenere tutto bloccato in attesa che venga una qualche idea; “è recessione” tuona la sinistra e nessuno può contraddire Prodi e compagnia bella, ma nessuno che faccia un qualche straccio di proposta operativa.
L’ultima trovata del Cavaliere è la riduzione dell’IRAP alle imprese: quale potrà essere il motivo di questa mossa che si rivela anche assai onerosa? Forse che tale abbassamento di tasse è teso a provocare un maggiore incremento nelle assunzioni del personale da parte della grande industria?
Può essere, ma ammesso e non concesso che il risultato sia questo, i benefici non si vedono adesso e neppure tra sei mesi, ma almeno a scadenza di otto/dieci mesi; e per questo risultato a medio termine di impegna questa cifra e si indica come il toccasana per la nostra economia?
Non è possibile che non ci sia un economista alla corte del Cavaliere che non gli ribadisca che il problema sta nel crollo dei consumi e che attraverso l’IRAP non si risolve proprio niente.
Passiamo poi alla sceneggiata del rinnovo del contratto degli statali: sono un paio di mesi che le offerte e le varie domande si alternano attorno alla linea dei 100 euro mensili, chi cinque euro in più e chi cinque euro in meno; oggi abbiamo anche la cifra proposta da Pezzotta – il segretario della CISL – che indica in 97,75 la quota alla quale si può chiudere il contratto. Da notare che la CISL è il sindacato più forte nel settore dello stato e parastato.
Ma il problema non sono i cinque o dieci euro di differenza tra domanda e offerta, il problema è che all’interno del governo esistono due anime che vedono la situazione dei dipendenti statali in modo assai diverso: da una parte la Lega che indica gli statali come il sinonimo dell’impiegato assolutamente non produttivo, assenteista e poco preparato; dall’altra abbiamo AN e UDC che invece hanno il loro maggiore serbatoio di voti proprio all’interno di questa categoria di lavoratori e quindi non vanno certo a fargli le pulci addosso, ma cercano di tenerseli più buoni possibile.
Tutto questo alla faccia dei conteggi che il povero Siniscalco – Ministro dell’Economia che dovrebbe indicare le disponibilità economiche a disposizione – si affanna a produrre, a fare ed il giorno dopo a disfare, un po’ come la famosa tela di Penelope.
Questo per dire delle situazioni emergenti, senza per nulla intaccare l’attività di ricostruzione di un tessuto economico e produttivo in totale sfilacciamento: credo che basti e avanzi per essere fortemente preoccupati.

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