sabato, aprile 09, 2005
Le impressioni del giorno dopo
Dopo la sbornia di immagini di ieri, oggi le riflessioni avvengono sui ricordi, su quelle sensazioni che ancora restano nei nostri cuori e nelle nostre menti.
Per quanto mi riguarda i volti dei giovani rigati di lacrime sono qualcosa che difficilmente scorderò, qualcosa del quale ancora non riesco appieno a darmi l’esatto significato, ma che “sento” essere qualcosa di grandioso: giovani in silenzio – oserei dire riverente – che piangono sommessamente, fino al momento di cantare i loro cori, ultimo dei quali è “Santo subito”, ovviamente rivolto a Papa Wojtyla. In proposito è bellissima l’immagine della faccia “stupita” ma compiaciuta del Cardinale Ratzinger.
Lo sanno bene che questo non sarà possibile, che le norme del Vaticano – tra l’altro emanate proprio dall’ultimo Pontefice – non consentono alcuna scorciatoia, eppure tentano la “canonizzazione a furore di popolo”, facendo così sicuramente un atto di omaggio e di ossequio al loro Papa. E continuano a cantare, sostenendo di essere certi che “Lui vorrebbe così”.
Eppure, come dicevo nel mio post di ieri, Giovanni Paolo II non ha mai concesso loro niente che non fosse in perfetta chiave con la dottrina e con il rigore della religione; direi di più: niente che non avrebbe concesso il loro parroco o il loro vescovo che anzi, in tante occasioni si sono mostrati concilianti oltre misura pur di non perderli. Questo Wojtyla non l’ha mai fatto, non è mai sceso a patti con nessuno, né con i potenti della terra e neppure con i giovani che lo osannavano.
In questa attività di maestro di vita il Papa polacco ha mostrato la vera, autentica catechesi: quella che sgorga dalla testimonianza; e in questo senso la sua sofferenza ha valso più di ogni libretto di catechismo: i giovani lo hanno visto soffrire ma non demordere dalla sua missione e questo – sicuramente – è stato uno dei momenti che lo hanno maggiormente innalzato ai loro occhi.
In questa sua diuturna attività catechistica, il Papa ha mostrato anche una sostanziale differenza tra il modo di intendere la vita sotto l’aspetto edonistico, fatto di vestiti griffati e di esasperate sedute di fittness, e il suo modo di invecchiare e diventare piano, piano infermo, impotente a compiere anche solo pochi passi, fino all’impotenza più sentita e sicuramente più dolorosa: l’impossibilità di parlare. In queste condizioni l’uomo contemporaneo si sente “finito”, mentre Lui ha scritto forse le pagine più lucenti del suo Pontificato.
Ad onorare Giovanni Paolo II “Il Grande” come è stato subito definito da quasi tutti, si sono mossi “i grandi” della terra, quei potenti che in un modo o nell’altro avevano avuto a che ridire con Lui e, in alcuni casi, lo avevano profondamente addolorato: Chirac e Zapatero, reduci dall’approvazione della nuova Costituzione Europea nella quale non sono state inserite le “radici cristiane” così fortemente volute dal Papa, erano lì e sembravano sinceramente partecipanti alle Esequie, ma dai politici c’è da aspettarsi tutto e il suo contrario.
E Bush, con Blair e Berlusconi, ma anche con il presidente polacco, quante romanzine hanno avuto per il loro interventismo in Irak; ed anche alcuni Vescovi dell’America Latina, quante bacchettate sulle dita hanno avuto per il loro “vangelo della liberazione” con il quale pretendevano di risolvere tutti i mali dei poveri del loro continente.
Tutti questi erano lì, in riverente omaggio a “Il Grande”, ma – come suggerisce qualche commentatore – o ce li hanno mandati i loro popoli o hanno sentito la necessità impellente “di esserci”, in quanto l’evento era di quelli da non mancare perché “ci sono tutti ed io non posso certo mancare”; meglio forse la coerenza di Russi e Cinesi che, con la loro assenza, hanno manifestato i dissensi con questo grandissimo Papa ma si sono mostrati in perfetta sintonia con il loro recente operato.
Per quanto mi riguarda i volti dei giovani rigati di lacrime sono qualcosa che difficilmente scorderò, qualcosa del quale ancora non riesco appieno a darmi l’esatto significato, ma che “sento” essere qualcosa di grandioso: giovani in silenzio – oserei dire riverente – che piangono sommessamente, fino al momento di cantare i loro cori, ultimo dei quali è “Santo subito”, ovviamente rivolto a Papa Wojtyla. In proposito è bellissima l’immagine della faccia “stupita” ma compiaciuta del Cardinale Ratzinger.
Lo sanno bene che questo non sarà possibile, che le norme del Vaticano – tra l’altro emanate proprio dall’ultimo Pontefice – non consentono alcuna scorciatoia, eppure tentano la “canonizzazione a furore di popolo”, facendo così sicuramente un atto di omaggio e di ossequio al loro Papa. E continuano a cantare, sostenendo di essere certi che “Lui vorrebbe così”.
Eppure, come dicevo nel mio post di ieri, Giovanni Paolo II non ha mai concesso loro niente che non fosse in perfetta chiave con la dottrina e con il rigore della religione; direi di più: niente che non avrebbe concesso il loro parroco o il loro vescovo che anzi, in tante occasioni si sono mostrati concilianti oltre misura pur di non perderli. Questo Wojtyla non l’ha mai fatto, non è mai sceso a patti con nessuno, né con i potenti della terra e neppure con i giovani che lo osannavano.
In questa attività di maestro di vita il Papa polacco ha mostrato la vera, autentica catechesi: quella che sgorga dalla testimonianza; e in questo senso la sua sofferenza ha valso più di ogni libretto di catechismo: i giovani lo hanno visto soffrire ma non demordere dalla sua missione e questo – sicuramente – è stato uno dei momenti che lo hanno maggiormente innalzato ai loro occhi.
In questa sua diuturna attività catechistica, il Papa ha mostrato anche una sostanziale differenza tra il modo di intendere la vita sotto l’aspetto edonistico, fatto di vestiti griffati e di esasperate sedute di fittness, e il suo modo di invecchiare e diventare piano, piano infermo, impotente a compiere anche solo pochi passi, fino all’impotenza più sentita e sicuramente più dolorosa: l’impossibilità di parlare. In queste condizioni l’uomo contemporaneo si sente “finito”, mentre Lui ha scritto forse le pagine più lucenti del suo Pontificato.
Ad onorare Giovanni Paolo II “Il Grande” come è stato subito definito da quasi tutti, si sono mossi “i grandi” della terra, quei potenti che in un modo o nell’altro avevano avuto a che ridire con Lui e, in alcuni casi, lo avevano profondamente addolorato: Chirac e Zapatero, reduci dall’approvazione della nuova Costituzione Europea nella quale non sono state inserite le “radici cristiane” così fortemente volute dal Papa, erano lì e sembravano sinceramente partecipanti alle Esequie, ma dai politici c’è da aspettarsi tutto e il suo contrario.
E Bush, con Blair e Berlusconi, ma anche con il presidente polacco, quante romanzine hanno avuto per il loro interventismo in Irak; ed anche alcuni Vescovi dell’America Latina, quante bacchettate sulle dita hanno avuto per il loro “vangelo della liberazione” con il quale pretendevano di risolvere tutti i mali dei poveri del loro continente.
Tutti questi erano lì, in riverente omaggio a “Il Grande”, ma – come suggerisce qualche commentatore – o ce li hanno mandati i loro popoli o hanno sentito la necessità impellente “di esserci”, in quanto l’evento era di quelli da non mancare perché “ci sono tutti ed io non posso certo mancare”; meglio forse la coerenza di Russi e Cinesi che, con la loro assenza, hanno manifestato i dissensi con questo grandissimo Papa ma si sono mostrati in perfetta sintonia con il loro recente operato.