domenica, marzo 06, 2005
Zibaldone n.4/2005 (Bush e Zeman)
I due argomenti che affronto in questo post sono di così diversa natura che mi é sembrato
più giusto collocarli in uno zibaldone apposito.
Il PRIMO argomento riguarda – ovviamente – la tragedia di Bagdad con le implicazioni di carattere politico che sono insorte dopo la tragedia: gli amici della sinistra si sono scatenati contro il governo reo, a loro dire, di “tenere bordone” a quell’infamone di Bush, i cui militari avrebbero intenzionalmente ucciso Calidari e tentato di fare altrettanto con la Sgrena; quelli del centro destra, ovviamente sulla difensiva, non hanno ancora scelto quale strada prendere, fermo restando la fiducia nell’alleato americano e la permanenza delle nostre truppe in Irak.
A proposito di quest’ultima considerazione, vorrei proprio sapere cosa c’entra la presenza dei soldati italiani con quello che è successo a Giuliana Sgrena, prima, e a Calipari dopo; ci si dovrebbe ricordare tutti che l’altra giornalista rapita e ancora nelle mani dei terroristi è di nazionalità francese e questo governo non solo non ha inviato le sue truppe in Irak, ma rappresenta anche il più accanito avversario di Bush in Europa.
Purtroppo la guerra è sempre un disastro e bisognerebbe pensarci prima, ma a questo proposito mi permetto fornire gratuitamente un suggerimento a Giorgino: se perdura nell’esportazione – anche forzosa – della democrazia in altri scacchieri medio orientali o nel sud est asiatico, dovrebbe attrezzare meglio la propria forza d’invasione; non mi riferisco ai materiali, di cui non ho competenza, ma agli uomini e a questo proposito vorrei fare un discorso filato.
Poiché non prendo neppure in considerazione che ci sia stato “l’agguato”, come sbandierato dal Manifesto e dal compagno di Giuliana, devo arguire che l’apertura del fuoco è stata determinata da una cedenza dei nervi di uno o più soldati americani che facevano parte della pattuglia; del resto questa situazione psicologica è già stata portata sullo schermo in svariati film americani sul Viet Nam. Quindi sarebbe opportuno tenere l’esercito in buona forma fisica ma soprattutto psichica e, alle prime avvisaglie di nervi tesi intervenire e, come minimo, spostare il soldato in zona meno impegnativa.
Il SECONDO argomento si riferisce all’allenatore del Lecce, Zeman, ed alla sua intervista fiume rilasciata alla Gazzetta dello Sport in occasione della partita Inter-Lecce: il bravo allenatore boemo, bravo non so a cosa, dato che in Italia non ha mai vinto niente, spara a zero su tutto il mondo che gli fornisce – e molto lautamente, perché è uno degli allenatori più pagati d’Italia – il pranzo e la cena. A questo proposito mi viene in mente la strofa del celebre sonetto: “di tutti disse mal fuorché di Cristo/scusandosi col dire non lo conosco”.
Non entro nel merito delle affermazioni di Zeman, ma mi permetto alcune considerazioni: i giornali sportivi in Italia sono più numerosi che nel resto d’Europa; per campare con tirature accettabili bisogna creare lo scandalo, dato che la normale attività sportiva non consentirebbe a questi quotidiani di sopravvivere.
Zeman è uno dei maggiori “creatori” di queste situazioni scandalistiche e pertanto uno dei benefattori dei quotidiani, i cui giornalisti – dopo una di queste interviste – possono vivere di rendita per qualche settimana, andando dai destinatari delle polemiche zemaniane a chiedere la ribattuta e creando così la polemica che, evidentemente, piace tanto agli sportivi: il Processo di Biscandi è la controprova di quanto affermo.
Per concludere, così come ho fornito un consiglio a Bush, ne voglio dare uno anche al mondo del calcio: lo stipendio del signor Zeman, anziché dalla squadra che allena, dovrebbe essere pagato (almeno il 50%) dai giornali sportivi che usufruiscono delle sue “sparate”; non dico che si risanerebbe il calcio, ma insomma un piccolo contributo al risparmio ci sarebbe.
più giusto collocarli in uno zibaldone apposito.
Il PRIMO argomento riguarda – ovviamente – la tragedia di Bagdad con le implicazioni di carattere politico che sono insorte dopo la tragedia: gli amici della sinistra si sono scatenati contro il governo reo, a loro dire, di “tenere bordone” a quell’infamone di Bush, i cui militari avrebbero intenzionalmente ucciso Calidari e tentato di fare altrettanto con la Sgrena; quelli del centro destra, ovviamente sulla difensiva, non hanno ancora scelto quale strada prendere, fermo restando la fiducia nell’alleato americano e la permanenza delle nostre truppe in Irak.
A proposito di quest’ultima considerazione, vorrei proprio sapere cosa c’entra la presenza dei soldati italiani con quello che è successo a Giuliana Sgrena, prima, e a Calipari dopo; ci si dovrebbe ricordare tutti che l’altra giornalista rapita e ancora nelle mani dei terroristi è di nazionalità francese e questo governo non solo non ha inviato le sue truppe in Irak, ma rappresenta anche il più accanito avversario di Bush in Europa.
Purtroppo la guerra è sempre un disastro e bisognerebbe pensarci prima, ma a questo proposito mi permetto fornire gratuitamente un suggerimento a Giorgino: se perdura nell’esportazione – anche forzosa – della democrazia in altri scacchieri medio orientali o nel sud est asiatico, dovrebbe attrezzare meglio la propria forza d’invasione; non mi riferisco ai materiali, di cui non ho competenza, ma agli uomini e a questo proposito vorrei fare un discorso filato.
Poiché non prendo neppure in considerazione che ci sia stato “l’agguato”, come sbandierato dal Manifesto e dal compagno di Giuliana, devo arguire che l’apertura del fuoco è stata determinata da una cedenza dei nervi di uno o più soldati americani che facevano parte della pattuglia; del resto questa situazione psicologica è già stata portata sullo schermo in svariati film americani sul Viet Nam. Quindi sarebbe opportuno tenere l’esercito in buona forma fisica ma soprattutto psichica e, alle prime avvisaglie di nervi tesi intervenire e, come minimo, spostare il soldato in zona meno impegnativa.
Il SECONDO argomento si riferisce all’allenatore del Lecce, Zeman, ed alla sua intervista fiume rilasciata alla Gazzetta dello Sport in occasione della partita Inter-Lecce: il bravo allenatore boemo, bravo non so a cosa, dato che in Italia non ha mai vinto niente, spara a zero su tutto il mondo che gli fornisce – e molto lautamente, perché è uno degli allenatori più pagati d’Italia – il pranzo e la cena. A questo proposito mi viene in mente la strofa del celebre sonetto: “di tutti disse mal fuorché di Cristo/scusandosi col dire non lo conosco”.
Non entro nel merito delle affermazioni di Zeman, ma mi permetto alcune considerazioni: i giornali sportivi in Italia sono più numerosi che nel resto d’Europa; per campare con tirature accettabili bisogna creare lo scandalo, dato che la normale attività sportiva non consentirebbe a questi quotidiani di sopravvivere.
Zeman è uno dei maggiori “creatori” di queste situazioni scandalistiche e pertanto uno dei benefattori dei quotidiani, i cui giornalisti – dopo una di queste interviste – possono vivere di rendita per qualche settimana, andando dai destinatari delle polemiche zemaniane a chiedere la ribattuta e creando così la polemica che, evidentemente, piace tanto agli sportivi: il Processo di Biscandi è la controprova di quanto affermo.
Per concludere, così come ho fornito un consiglio a Bush, ne voglio dare uno anche al mondo del calcio: lo stipendio del signor Zeman, anziché dalla squadra che allena, dovrebbe essere pagato (almeno il 50%) dai giornali sportivi che usufruiscono delle sue “sparate”; non dico che si risanerebbe il calcio, ma insomma un piccolo contributo al risparmio ci sarebbe.