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mercoledì, marzo 30, 2005

Noi, la Pasqua e l'immagine del Papa sofferente 

In questi giorni di Pasqua, Pasquetta e infine oggi per la tradizionale udienza generale del mercoledì, si è assistito all’immagine del Papa, autentica icona della sofferenza; sembra quasi che porti su di se tutti i peccati del mondo e, novello salvatore, ci conduca tutti per mano di fronte all’Altissimo per invocare insieme a Lui il perdono supremo.
A proposito della situazione delle sofferenze papali, vorrei cercare di fare un discorso un pochino più ampio e sostanzialmente suddiviso in due parti: la prima discende direttamente dalla condizione psicologica del Santo Padre: dobbiamo chiederci se Giovanni Paolo II è ancora pienamente in sé oppure se è utilizzato dal suo entourage quale utilissima maschera sofferente, di grande impatto specie nei confronti dei giovani.
Non ho prove a sostegno dell’una o dell’altra tesi, ma se posso esprimere una mia personale impressione, la testa del Papa è ancora lucida e perfettamente funzionante; mi rifiuto di credere che ci sia qualcuno che lo spinge ad affacciarsi al balcone del proprio studio soltanto per incassare la benevolenza di quanti sono sotto la finestra e di quanti poi vedranno l’immagine televisiva.
Per me è lui, con quelle residue forze che “esige” di comandare la propria vita; altrimenti si potrebbe definire “truffaldino” (e state certi che prima o poi verrà fuori) tutta l’attività del Papa da alcuni mesi a questa parte, attività che ha compreso alcune lettere apostoliche di somma importanza e valore, come quella inviata per la giornata delle Comunicazioni Sociali: chiaro che ci sarà uno stuolo di gente che scrive questi documenti, ma questa mega struttura è in funziona anche quando il Papa è in piena efficienza; è l’impronta che Lui dà a queste lettere apostoliche e che – per chi conosce bene il suo operato in 26 anni di attività – afferma essere sempre in linea con il suo pensiero.
La seconda questione che voglio affrontare è: “a cosa stiamo andando incontro”; cioè, mi spiego meglio, le condizioni fisiche di Giovanni Paolo II stanno peggiorando sempre più, tant’è vero che è di poche ore fa il comunicato dell’Ufficio Stampa che rivela come l’alimentazione venga effettuata mediante un sondino nasale, in quanto la deglutizione non esiste praticamente più.
Per quanto tempo ancora riusciranno a tenere in vita un corpo così tanto martoriato (la mente abbiamo detto funziona bene e, forse, è un aggravante della sofferenza). Sono certo che una struttura intrisa di prudenza come è quella Vaticana, avrà fatto tutta una serie di ipotesi sul futuro (prossimo, purtroppo); in questo ventaglio di ipotesi ci sarà anche quella delle dimissioni, anche se il Papa non ne vuole sapere al momento, affidandosi completamente a Dio e alla Madonna.
Ci sarà poi una forma di pressione mascherata da larvato invito che alcune gerarchie vaticane porranno in essere quando vedranno che le condizioni fisiche hanno raggiunto un grado estremo di depauperamento: anche in questo caso forse la Curia ha fatto i conti senza l’oste, intendendo che fino a quando rimarrà un briciolo di testa sono sicuro che Giovanni Paolo II rimarrà al suo posto; il suo discorso è molto semplice: “se Dio vuole che me ne vada non gli manca certo lo strumento per attuare questa volontà: basta che acceleri la mia morte”.
E così torniamo all’icona della sofferenza, questo gracchiare dentro il microfono in cerca di qualche suono comprensibile; e i mass-media che si buttano a capo fitto su queste immagini. Per quanto tempo ancora??

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