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martedì, marzo 08, 2005

La festa delle donne 

“Senza arrivare alla tesi del complotto, risibile se non nascesse dalle viscere del pregiudizio antiamericano, tutte le parole sull’agguato premeditato dai soldati USA e sull’animo nobile dei sequestratori ci inducono a fare autocritica per aver avuto da ridire, in passato, sulle parole e sui gesti di Simona Pari e Simona Torretta appena liberate. Paragonandole alle parole a all’atteggiamento di Giuliana Sgrena cogliamo appieno l’intelligente senso della misura e il severo contegno delle sue Simone”.
Questo commento pieno di velenosa ironia, non è de “Il Giornale” o di “Libero” o comunque di un giornale allineato con il governo, ma è apparso su “Il Riformista”, organo – come tutti sanno – della sinistra moderata, ispirato, a quanto si dice, da Massimo D’Alema.
L’antefatto a quanto dirò più sotto – in occasione proprio della festa delle donne - è questo: il buttare ogni cosa in politica/partitica fregandosene della verità e delle implicazioni che gli eventi hanno sul futuro dell’Irak è un gioco tutta italico al quale dovrei essere abituato, ma non ci riesco.
Il grosso del discorso è invece un altro: anche per la Sgrena, così come per le due ragazze, lo Stato ha pagato lauti riscatti: sembra 5 miliardi per le Simone e addirittura 15, sempre miliardi di vecchie lire, per la giornalista de “Il Manifesto”:si vede che la vita a Bagdad è aumentata e quindi i rapitori conseguentemente alzano le richieste di riscatto.
A parte gli scherzi, dobbiamo notare che molto tempo fa il nostro Ministero degli Esteri – su precise indicazione dei Servizi Segreti – ha invitato i giornalisti a lasciare l’Irak e, comunque, a non andarci. Sia la RAI che Mediaste hanno ottemperato all’invito e hanno ritirato i loro corrispondenti, mentre dei quotidiani presenti sul teatro di operazione solo alcuni hanno fatto rientrare i giornalisti..
L’invito ad abbandonare Bagdad discendeva direttamente dall’avere appreso che per le tante bande operanti sul territorio, sequestrare un italiano era diventato un affare assai redditizio; i connazionali che si avventurano in quel caos sanguinoso sono le nuove galline dalle uova d’oro, meglio se donne, perché suscitano più compassione nell’opinione pubblica, meglio ancora se pacifiste e schierate politicamente a sinistra, in considerazione delle capacità di mobilitazione, e quindi di pressione sul governo (ufficiale pagatore) dimostrata dai loro referenti politici.
Dobbiamo notare che la vicenda dell’altra donna giornalista rapita – la francese Florence Aubenat – è molto simile a quella della nostra Giuliana: anch’essa scrive per un giornale di estrema sinistra (Liberation) e anche lei muove masse pacifiste che chiedono la fine delle operazioni belliche. L’unica differenza è che in due mesi i francesi – che pure non sono impegnati militarmente in Irak ed anche in testa alla lista degli antiamericani – non sono riusciti a cavare il classico ragno dal buco: le varie visite del ministro degli esteri francese in Siria e nello stesso Irak non hanno sortito per il momento alcun effetto, la povera Florence è ancora in mano dei rapitori.
Che forse i francesi si siano mostrati meno splendidi degli italiani nel momento del pagamento? Oppure che la munificenza italica nell’acconsentire ai pagamento dei riscatti si sia dimostrata controproducente per gli altri paesi invischiati in queste tristi vicende?
Sia come sia, noi i nostri li abbiamo liberati (pagando) a cominciare dai compagni del povero Quattrocchi, passando ai corpi ormai spolpati degli ostaggi uccisi (sì, abbiamo pagato anche per le ossa!) giungendo poi alle due Simone per arrivare infine alla Giuliana: ovvio che tra i sequestratori iracheni l’arrivo di un nuovo italiano (meglio se donna) è visto con lo stesso occhio che ha il lupo per l’agnello.

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