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sabato, febbraio 12, 2005

Un paio di cosette rivangando il passato 

Tiene banco, in questi ultimi giorni, il “resuscitare” una vicenda vecchia di quasi trenta anni: il rogo di Primavalle, nel quale morirono due giovani, figli di un capo del M.S.I. di allora: per questo delitto, peraltro l’imputazione era omicidio colposo, furono a suo tempo condannati in secondo grado a pochi anni di carcere due esponenti di Potere Operaio i quali pensarono bene di rifugiarsi in Brasile – dove non c’era l’estradizione – e attendere con pazienza la scadenza dei reati.
A questo proposito mi piace citare due episodi: il primo si riferisce al processo di primo grado che mandò assolti i due esponenti di Pot.Op.: siamo nel 1975 e gli “intellettuali” di allora (tra gli altri il pittore Mario Schifano, lo scrittore Alberto Moravia, il comproprietario del Messaggero, Fernando Perrone, il giornalista Franco Piperno) festeggiarono allegramente l’evento in una villa di Fregene. Quelli che ora hanno meno di quaranta anni, non hanno avuto certo modo di vedere un film che bene rappresenta il clima e le velleità dei cosiddetti “intellettuali di sinistra” di quegli anni; il film è “Lettera aperta a un giornale della sera”, realizzato dal “comunista” Francesco Maselli e per il quale il regista passò alcuni guai con il suo partito. Se fosse possibile, il film dovrebbe essere passato nelle scuole per far capire ai giovani di adesso il clima di quegli anni.
Il secondo episodio, sempre legato all’eccidio di Primavalle, è rappresentato da una nuova testimonianza che adesso, solo adesso (mah !), include negli attentatori altri personaggi e attribuisce la responsabilità morale ai dirigenti di Pot.Op, in prima fila Franco Piperno, adesso professore dell’Università della Calabria, al quale viene appioppato il reato di nuovissimo conio “non poteva non sapere”, usato soprattutto dalla magistratura in questi ultimi tempi ma in altri campi.
Di questo personaggio e di altri suoi colleghi dell’epoca come lo scrittore De Luca, ex di Lotta Continua, è interessante leggere le interviste che rilasciano a raffica: con supponenza, con superiorità, con sprezzo della gente normale che legge queste cose, facendo trasparire che le cose che hanno combinato in quegli anni, sia pure un po’ troppo violente, facevano parte di un movimento di popolo contro il potere di allora. Va bene che siamo stati sconfitti – proprio da quel popolo che credevano fosse al loro fianco – ma restiamo dell’idea che in quel momento abbiamo fatto la cosa giusta e niente abbiamo da scusarci. Adesso sono cambiati i tempi e noi ci godiamo una sorta di meritata pensione!
E comunque, a scanso di equivoci, potrei compilare una lista di “intellettuali di sinistra”, militanti politici, che hanno trovato tutti un loro giusto e comodo alloggiamento, in massima parte nelle Università di Stato, proprio quello Stato che hanno combattuto e dal quale sono stati sconfitti.
A quei tempi la sinistra ortodossa – comunisti e socialisti – considerava questi intellettuali dell’ultra sinistra come dei “compagni che sbagliano”, facendo trasparire in queste considerazione la solita diffidenza, addirittura la paura per tutti coloro che li scavalcano a sinistra. Lo slogan era – e forse lo è ancora – “la sinistra siamo noi e basta”.
Alcuni giornali avvicinano l’episodio di Primavalle con l’omicidio Calabrese, tentando un improbabile accostamento tra Franco Piperno e Sofri; non mi sembra che ci sia un nesso sostanziale, se non che entrambi hanno trovato comodo rifugio nelle Università e nei suoi lauti stipendi. Non è poco come similitudine!

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