martedì, febbraio 01, 2005
Le elezioni in Irak
In queste prime elezioni del dopo Saddam, si sono evidenziate alcune caratteristiche del popolo irakeno che mi sembra opportuno rilevare.
La prima si riferisce all’alta percentuale di votanti fatta registrare, addirittura superiore a quelle riferibili a consultazioni in paesi cosiddetti democratici (U.S.A., Italia, Francia, ecc): si parla di una forbice che va da un minimo del 60% ad un massimo del 75%; anche se facciamo una media vediamo che gli irakeni che si sono presentati nelle cabine elettorali hanno raggiunto cifre importanti.
Chiediamoci allora il perché di questa massiccia affluenza nonostante gli avvertimenti dei “delinquenti” (quelli che gli altri chiamano terroristi) tipo Al Zarqawi che preannunciavano omicidi a tutto spiano, bombe in tutti i seggi e altre nefandezze del genere.
E queste vergognose azioni di disturbo ci sono pure state, come ad esempio le varie bombe fatte scoppiare addosso a kamikaze, oppure ai lanci di missili contro basi militari ed aerei; quella però che mi ha maggiormente colpito è stata l’azione di un kamikaze bambino che si è messo in fila ad un seggio e si è poi fatto esplodere il giubbetto pieno di tritolo. Chi sarò stato quel feroce delinquente che ha avuto la crudeltà di ingaggiare per una operazione del genere un bambino che ancora dovrebbe giocare con le pistoline di latta? E ci sarà mai la possibilità di vederlo dietro la sbarra di un tribunale per rispondere di questi atti delinquenziali? E i genitori del bambino sono anche loro in linea con queste vergognose iniziative?
Ma tutte queste azioni riprovevoli non sono riuscite a fermare la maggioranza del popolo irakeno; allora proviamo a chiederci il perché di questa adesione degli irakeni al vecchio rito delle elezioni che alcuni di loro nemmeno conoscevano: a mio avviso è stato un chiarissimo invito ai non irakeni ad andarsene prima possibile dal paese e in questo gruppo di persone che se ne debbono andare, le donne e gli uomini dell’Irak comprendono Al Zarqawi, Osama Bin Laden, Bush. Blair, Berlusconi e compagnia bella.
Cioè, mi sembra un chiaro messaggio a tutto il mondo occidentale a fare tutto il possibile perché gli irakeni possano quanto prima riprendere il controllo del loro paese; ed ai vari Al Zarqawi un altro caloroso invito a togliere le tende e ad andare da qualche altra parte a fare malestri, visto che in Irak ne hanno già fatti abbastanza.
Da rilevare che gli Al Zarqawi meritano per gli irakeni una violenta pedata nel culo con la quale toglierseli dalle scatole; i Bush, i Blair e i Berluscono invece – dopo alcune tirate di orecchie per alcune scelleratezze commesse verso la popolazione – vengono accompagnati all’aeroporto e ringraziati della partecipazione.
Un’ultima notazione: dai resoconti televisivi ho avuto l’impressione che in testa a questo straordinario movimento di riappropriazione del proprio territorio ci siano le donne, specie quelle non più giovanissime: magari non è così ma mi piace tanto pensare di averci indovinato, di avere davanti agli occhi quei diti tinti di blu che oltre a significare un voto espresso, indicano il riprendersi un paese da troppo tempo nelle mani degli altri.
La considerazione finale è ovvia: e ora cosa succede? Succede che gli irakeni non debbono credere di avere già vinto la guerra, ma solo una battaglia; succede che dopo questa prova di autentico coraggio, dobbiamo guardare al popolo irakeno con il rispetto che si merita e considerarlo come un possibile partner per la creazione di una sponda democratica in quella zona; succede – infine – che dobbiamo essere contenti di non avere interamente sprecato le vite degli italiani che sono morti in questa avventura: anche loro, dall’alto, saranno certamente un po’ meno incazzati..
La prima si riferisce all’alta percentuale di votanti fatta registrare, addirittura superiore a quelle riferibili a consultazioni in paesi cosiddetti democratici (U.S.A., Italia, Francia, ecc): si parla di una forbice che va da un minimo del 60% ad un massimo del 75%; anche se facciamo una media vediamo che gli irakeni che si sono presentati nelle cabine elettorali hanno raggiunto cifre importanti.
Chiediamoci allora il perché di questa massiccia affluenza nonostante gli avvertimenti dei “delinquenti” (quelli che gli altri chiamano terroristi) tipo Al Zarqawi che preannunciavano omicidi a tutto spiano, bombe in tutti i seggi e altre nefandezze del genere.
E queste vergognose azioni di disturbo ci sono pure state, come ad esempio le varie bombe fatte scoppiare addosso a kamikaze, oppure ai lanci di missili contro basi militari ed aerei; quella però che mi ha maggiormente colpito è stata l’azione di un kamikaze bambino che si è messo in fila ad un seggio e si è poi fatto esplodere il giubbetto pieno di tritolo. Chi sarò stato quel feroce delinquente che ha avuto la crudeltà di ingaggiare per una operazione del genere un bambino che ancora dovrebbe giocare con le pistoline di latta? E ci sarà mai la possibilità di vederlo dietro la sbarra di un tribunale per rispondere di questi atti delinquenziali? E i genitori del bambino sono anche loro in linea con queste vergognose iniziative?
Ma tutte queste azioni riprovevoli non sono riuscite a fermare la maggioranza del popolo irakeno; allora proviamo a chiederci il perché di questa adesione degli irakeni al vecchio rito delle elezioni che alcuni di loro nemmeno conoscevano: a mio avviso è stato un chiarissimo invito ai non irakeni ad andarsene prima possibile dal paese e in questo gruppo di persone che se ne debbono andare, le donne e gli uomini dell’Irak comprendono Al Zarqawi, Osama Bin Laden, Bush. Blair, Berlusconi e compagnia bella.
Cioè, mi sembra un chiaro messaggio a tutto il mondo occidentale a fare tutto il possibile perché gli irakeni possano quanto prima riprendere il controllo del loro paese; ed ai vari Al Zarqawi un altro caloroso invito a togliere le tende e ad andare da qualche altra parte a fare malestri, visto che in Irak ne hanno già fatti abbastanza.
Da rilevare che gli Al Zarqawi meritano per gli irakeni una violenta pedata nel culo con la quale toglierseli dalle scatole; i Bush, i Blair e i Berluscono invece – dopo alcune tirate di orecchie per alcune scelleratezze commesse verso la popolazione – vengono accompagnati all’aeroporto e ringraziati della partecipazione.
Un’ultima notazione: dai resoconti televisivi ho avuto l’impressione che in testa a questo straordinario movimento di riappropriazione del proprio territorio ci siano le donne, specie quelle non più giovanissime: magari non è così ma mi piace tanto pensare di averci indovinato, di avere davanti agli occhi quei diti tinti di blu che oltre a significare un voto espresso, indicano il riprendersi un paese da troppo tempo nelle mani degli altri.
La considerazione finale è ovvia: e ora cosa succede? Succede che gli irakeni non debbono credere di avere già vinto la guerra, ma solo una battaglia; succede che dopo questa prova di autentico coraggio, dobbiamo guardare al popolo irakeno con il rispetto che si merita e considerarlo come un possibile partner per la creazione di una sponda democratica in quella zona; succede – infine – che dobbiamo essere contenti di non avere interamente sprecato le vite degli italiani che sono morti in questa avventura: anche loro, dall’alto, saranno certamente un po’ meno incazzati..