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mercoledì, gennaio 26, 2005

Una nuova "perla" della nostra magistratura 

La “perla” alla quale alludo nel titolo riguarda la sentenza del giudice milanese che ha assolto alcuni islamici presi dalla polizia mentre facevano proseliti per l’arruolamento di alcuni mediorientali nelle milizie da inviare in Irak per diventare kamikaze.
Cosa dire in proposito? Bisognerebbe conoscere a fondo la questione con riferimento a specifici articoli del codice; quello che mi preme rilevare è solo una affermazione della sentenza che recita: “in caso di guerra non si può parlare di terrorismo ma solo di guerriglia”.
Da notare che l’accusa è stata istruita dal giudice Spataro esperto della Procura per i reati di terrorismo e da Dambruoso, ora diventato esperto giuridico dell’ONU per gli stessi reati.
I due hanno avuto la sventura di scontrarsi con una giudice poco più che quarantenne che nel proprio ufficio ha un cartello che reca scritto “Il Giudice è sovrano” che la dice lunga sulla mentalità della signora o signorina.
Io sapevo che “la giustizia” era sovrana, ma non il giudice; e comunque mettere in bella vista una frase del genere mostra una personalità autoritaria, e non autorevole, tipica del sovrano così come li conosciamo noi.
Tutte le forze politiche, sia pure con toni diversi, si sono mostrate contrarie alla sentenza; tutta la magistratura – anche coloro che “recitavano” la parte opposta a quella della giudice – si è schierata in una affermazione che, noi comuni uomini della strada comprendiamo poco e cioè: le sentenze si impugnano e non si commentano”, anche se si vede lontano un miglio il proprio disorientamento per la sentenza in questione.
Comunque, proseguiamo nel discorso: le sentenze si impugnano; bene ma questo lo può fare solo un altro magistrato e non certo il comune cittadino il quale – a sentire la casta dei magistrati – deve continuare a subire e tacere, perché – come dice il suddetto cartello – “il Giudice è sovrano” e come è noto, il sovrano ha potere di vita e di morte sui sudditi e nessuno ha la facoltà di replicare.
Un’altra situazione – non ascrivibile a un magistrato in particolare, per il momento, e che è stata nelle ultime ore smentita – riguarda uno dei massacratori della giovanissima Desiré Piovanelli, uno del “branco” che dopo averla stuprata l’hanno barbaramente uccisa.
Il più giovane, Matteo, condannato alla già ridicola pena di dieci anni, viene annunciato, dopo appena due anni di carcere, in procinto di usufruire di permessi temporanei e della possibilità di scontare il resto della pena in una Comunità.
Non entro nel merito del provvedimento ma di questa vicenda mi interessa solo la reazione del padre di Desirè.
Dunque, ha affermato il papà, testualmente: “Questa è la dimostrazione che in Italia non c’è giustizia; dico una cosa sola, ma la dico perché ne sono convinto: andando avanti così sarà il Far West dove ognuno regolerà i suoi conti da se. Sarà una rovina. Siamo allo sfascio della democrazia.”
Nel contesto dello stesso procedimento, il Giovanni Erra – unico “adulto” facente parte del “branco” è stato condannato in primo grado all’ergastolo, mentre in appello la pena è stata ridotta a venti anni. Il tutto provoca la considerazione finale al papà di Desiré: “fanno bene quelli della ‘ndrangheta che si fanno giustizia da soli”.
Vergogna per coloro che “inducono” un padre, un brav’uomo, un onesto lavoratore a fare queste affermazioni che, sono certo, non fanno parte del suo modo di pensare.

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