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venerdì, gennaio 14, 2005

La giustizia italiana nell'occhio del ciclone 

Il mio discorso parte dal presupposto che qualunque rimostranza dell’opinione pubblica nei confronti della giustizia e del suo operato è una forma di contestazione fatta da colui – cioè il popolo italiano – in nome del quale viene amministrata giustizia.
Ed allora vediamo quali motivi di contestazione vengono mossi alla magistratura: per primo citerei un richiamo di un mio lettore che mi ha ricordato – in relazione al mio post sui due “mostri” accusati dell’uccisione della piccola Eleonora – che tra non molto avremo di nuovo tra noi Erika ed Omar i quali, forse ricorderete quattro anni or sono uccisero la madre di Erika ed il fratellino: si dice che “sono cambiati” e che quindi meritano di rientrare nel consesso civile.
Anche le due persone uccise “sono cambiate”, da esseri umani viventi sono passati a “concime per i vermi”: per loro cosa possiamo fare; e per i familiari e gli amici che hanno subito il dolore e l’0angoscia per l’accaduto, cosa abbiamo fatto e possiamo fare? Niente, mi sembra che gli unici ad avere il diritto ad essere remunerati per un cambiamento – presunto o reale staremo a vedere – sono i carcerati; agli altri niente!
Il secondo esempio che illustra un rapporto malato tra giustizia e popolazione, riguarda le cosiddette “Bestie di Satana”, otto imbecilli che in nome del Diavolo hanno commesso una serie di reati atroci, compreso omicidi, plagio, stupri, ecc.
“Hanno ucciso mia figlia. Fatelo uscire, lasciate che esca e faccio io la legge. Poi mettano in carcere anche me. Assassino”. Questo è l’urlo di rabbia e di dolore lanciato dalla madre di una ragazza uccisa dalla setta degli indemoniati.
Posso convenire che in altri casi i parenti delle vittime si sono scagliate sui presunti assassini cercando di compiere giustizia sommaria, ma questo depone molto negativamente sul rapporto tra popolo e magistratura.
Sembra quasi che la gente non si fidi di coloro che amministrano giustizia e che quindi tendano a farlo personalmente, un po’ come avveniva nel far-west prima della sua civilizzazione, dove i colpevoli o presunti tali venivano impiccati dopo un processo sommario di pochi minuti.
Sono cose che fanno male alla giustizia ma anche alla “pace sociale” che proprio la pena dovrebbe riportare in equilibrio dopo la frattura realizzata dal reato.


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