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giovedì, dicembre 09, 2004

I regali di Natale 

Si dice che i prossimi venti giorni segneranno l’andamento della nostra economia: a far ciò saranno i sempiterni regali di Natale, dei quali abbiamo avuto due antefatti.
Il primo, del capo della Confcommercio, Billé, che ha invitato i suoi iscritti a diminuire i prezzi in occasione di queste festività, allo scopo di realizzare il pieno nei negozi, alla stregua degli anni passati.
Il secondo del capo dell’Associazione Consumatori che ha invitato i suoi aderenti a “regalare una promessa”, cioè a promettere un regalo che poi si concretizzerà nella prima quindicina di gennaio 2005, cioè in occasione dei famosi saldi.
Tutto questo agitarsi delle varie associazioni è sintomo di un grosso malessere: non ci sono soldi da spendere e, quei pochi, sono già impegnati per ICI, saldo IRPEF, rata mutuo, canone assicurativo, ecc.; il tutto, nonostante lo sbandierato taglio delle tasse che – all’atto pratico – per questo fine anno non comporta un euro di differenza e per il prossimo anno invece…pure.
Sappiamo bene che nei momenti di crisi, la maggiore sofferenza è per gli appartenenti alla cosiddetta “middle class”, cioè classe di mezzo o, come diciamo noi, media borghesia; le ristrettezze hanno ovviamente toccato tutti, ma mentre l’alta borghesia ha delle riserve che possono sopportare queste situazioni, ed altrettanto può sopportare la classe “bassa”, da sempre abituata ai sacrifici, la classe di mezzo che fino ad ora reggeva il consumismo sfrenato “imposto” da questo tipo di società, non è abituata a tirare la cinghia e quindi soffre e taglia decisamente i consumi, partendo ovviamente da quelli di carattere voluttuario come sono i regali.
Mi viene voglia quindi di riflettere un po’ su questa “moda” dei regali: le festività natalizie hanno un particolare significato per quanto riguarda l’aspetto religioso (si festeggia la nascita di Gesù) nei confronti dei cristiani; ma le altre religioni non hanno una similare forma di festeggiamento e quindi…
Andiamo avanti e cerchiamo di chiarire ancora meglio (per quel poco che ne so io): quando la società ha avuto bisogno che la gente consumasse in maniera parossistica poiché altrimenti “la ruota si fermava”, ha indotto il popolo a legare lo scambio di regali (in famiglia e fuori) con alcune ricorrenze di grosso impatto popolare (Natale, Pasqua, Befana).
Questa forma di rincorsa ai regali che adesso è diventata quasi un obbligo, non ha nessun motivo logico; mi spiego meglio: se io, cattolico, praticante o meno, festeggio la nascita di Gesù, cosa centra che debba fare il regalo a moglie, figli, nonni, zii, Capo Ufficio, ecc.?
E se mettiamo il caso io sono ateo, perché debbo fare lo stesso i regali? E se sono islamico o buddista?
Pensate un po’ che in aggiunta hanno “inventato” che i regali li porta Babbo Natale con la renna che traina la slitta piena di doni. E noi come continuiamo a turlupinare i bambini che, fanno finta di credere a questa fandonia.
Rendiamoci conto che l’essenza della festa è il ricordare e possibilmente il rivivere la nascita di Gesù (ovviamente per chi crede che sia nato il figlio di Dio); questo avviene anzitutto dentro di noi e poi nelle forme liturgicamente attuate dalla religione cristiana.
Tutto il resto, regali compresi, è un orpello interessato aggiunto dalla società dei consumi per continuare a fregarci. Quindi ne possiamo fare tranquillamente a meno.
Meditiamo, gente, meditiamo!


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