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giovedì, dicembre 30, 2004

E adesso cosa possiamo fare? 

Forse anticipo troppo i tempi, forse non è ancora il momento di parlarne, ma vorrei proporre alcune considerazioni sul “dopo” cataclisma.
So bene che i bilanci della catastrofe non sono ancora compiuti e che, purtroppo, saranno ben diversi dalle cifre che sentiamo adesso: per esempio i “dispersi” italiani che erano stati indicati finora in 100, adesso arrivano addirittura a 600 (sei volte tanto!) mentre, per fortuna i morti sono sempre fermi a quota 14; gli atteggiamenti e le confidenze degli addetti ai lavori inducono al pessimismo: “dobbiamo prepararci al peggio” afferma il nostro Ministro degli Esteri.
Tutto questo è la gestione dell’”oggi”, l’aiuto che possiamo dare ai nostri ed agli altri, capitati o nati in quelle terre così belle e altrettanto disgraziate. Chiaro che ancora siamo in piena emergenza, non sappiamo addirittura il numero totale delle vittime (c’è addirittura chi dice che arriveremo vicino ai 300,000, di cui almeno un terzo bambini) e quindi parlare del dopo può apparire superfluo. Ora dobbiamo solo aiutare!
Ma noi, comodamente seduti alla tastiera di un computer o di fronte ad un televisore, dopo aver fatto l’immancabile SMS da un euro, cosa possiamo fare d’altro se non cercare di ipotizzare un nuovo scenario mondiale per quanto riguarda queste situazioni?
È proprio questo che intendo, una sorta di Nazioni Unite votate unicamente alla solidarietà, ad alleviare le sofferenze delle persone che vengono colpite da tali calamità; so bene che già esiste all’interno dell’O.N.U. un sottocomitato che si attiva in caso di calamità, però non mi sembra sufficiente e poi ho poca fiducia in questo organismo perché troppo politicizzato.
Questa struttura, invece, dovrebbe essere gestita da personalità della scienza e della protezione civile, dell’assistenza e della sanità; insomma tutte le cose che vengono faticosamente attivate in presenza del cataclisma, dovrebbero avere una loro struttura permanente, in modo da poter entrare in azione in tempi rapidissimi.
Qualcuno mi faceva notare che una volta la terra era tutta attaccata insieme, sono stati cataclismi come questi che hanno generato i continenti, le isole, eccetera: possiamo dire che siamo stati spettatori di un evento che sotto il profilo geologico è di una rilevanza estrema; pensate che se analogo terremoto fosse avvenuto nel Mediterraneo, la nostra penisola sarebbe stata spezzata in due come un grissino!
Possiamo – in alternativa – continuare con il discorso che “quando la natura vuole farci vedere chi comanda non c’è niente da fare”, però mi sembra profondamente riduttivo: pensiamo che questo evento è conosciuto in tutto il mondo con il termine “tsunami” che è parola giapponese, in quanto sono stati proprio loro che dopo aver subito cataclismi del genere (inferiori per intensità debbo dire) hanno messo in piedi un sistema di allertaggio che consente di prevedere l’onda anomala poche ore (credo addirittura una sola ora) dopo che si è avvertito il terremoto.
Anche questa volta si sarebbe potuto fare, ed infatti uno di questi “segnalatori” ha avvertito il governo indonesiano, ma se non si ha una struttura da poter mobilitare in pochissimo tempo per recepire l’emergenza, l’allerta non serve proprio a niente, come – infatti – non è servito.
Questo dovrebbe cominciare a pensare il “mondo”: gli eccessi della natura possono essere controbattuti solo da due cose, la prima è l’avanzata della scienza e la sua applicazione alla tecnologia operante concretamente, la seconda è l’organizzazione da affiancare a questa tecnologia per sfruttarne appieno tutte le possibilità.
Cosa ne pensate?

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