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sabato, novembre 06, 2004

Berlusconi, le tasse e Bush 

Nella fissazione quotidiana che il Cavaliere ha per l’abbassamento dell’IRPEF a tutti (ricchi, un poco, e poveri, di più) si sono innescati due fatti nuovi che hanno fatto il suo gioco.
Il primo è la bocciatura del cattolicissimo Buttiglione da parte dei deputati europei che non lo hanno ritenuto “degno” di fare il commissario alla giustizia: senza neppure abbozzare uno straccio di difesa della propria scelta, il Berlusca ha provveduto a sostituirlo con Frattini (già Ministro degli Esteri) lasciando così libera questa casella e impostando una sorta di baratto con Fini: “io ti do il Ministero degli Esteri a patto che tu non mi rompa le uova nel paniere circa l’abbassamento delle tasse (Fini, come è noto, è uno dei contrari)”.
Fini sta cercando di tergiversare, poiché oltre a lui, tutto il partito è contrario all’abbassamento delle tasse e quindi si starà guardando attorno per cercare una soluzione che vada bene per lui (agli Esteri) e per A.N. (che condiziona il Premier).
Il secondo è la vittoria di Bush alle elezioni americane: di tutto il programma illustrato dal Presidente texano sulle cose fatte durante i quattro anni trascorsi, il nostro premier ha subito estrapolato “l’abbassamento delle tasse” e si è scatenato con un discorso non molto lontano da questo, rivolto agli alleati di governo: “avete visto che anche Bush ha abbassato le tasse e questo provvedimento è stato quello che gli ha fatto stravincere le elezioni?”.
Come al solito il Cavaliere non ha capito oppure ha fatto finta di non capire: anzitutto l’economia americana non è quella italiana, in secondo luogo il sistema fiscale americano è tutta un’altra cosa rispetto al nostro e, terza e ultima cosa, l’abbassamento delle tasse non ha influito di molto nella vittoria di Bush.
Chi ha generato questo autentico plebiscito nei confronti di un uomo che tutto il mondo considerava “perdente” (come lo era stato suo padre) sono stati quelli che in america chiamano – con un termine anche un po’ spregiativo – “i red collie” (colli rossi), intendendo con questo termine i lavoratori all’aperto (contadini, mandriani, ecc), coloro cioè che ricevono il sole direttamente nella nuca che pertanto si arrossa.
Questa pletora di umanità, lavoratrice, fedele agli ideali di famiglia, patria, Dio e onore, si è come sentita attaccata da quegli pseudo intellettuali alla Michael Moore che, dopo un evento disastroso come l’attacco alle Twin Towers, anziché allinearsi con il Comandante, addirittura lo sbeffeggiano e ne fanno un ritratto di potenziale connivenza con Bin Laden.
E poi c’è la storia dei matrimoni gay: solo al sentire parlare della possibilità di una cosa del genere, i nostro bravi “americani duri e puri”, hanno fatto quadrato attorno al loro Capo, pronti a sostenerlo nella battaglia contro questi distruttori dei sacri valori americani.
Queste persone sono coloro che normalmente non votano neppure (tanto l’uno vale l’altro) intente come sono a lavorare e a portare il benessere in famiglia; questa volta invece hanno avvertito la presenza di un pericolo immanente e si sono recati alle urne, facendo così aumentare di molto la percentuale dei votanti.
Questi nuovi elettori non possono essere che loro, questa enorme truppa di americani che – chiamati a raccolta dal Capo – si presentano all’appello con lo scopo di respingere il nemico, chiunque esso sia.
Non mi spiego altrimenti l’aumento dei votanti e l’enorme numero di consensi che è piovuto su Bush; se Berlusconi crede che sia tutto merito dell’abbassamento delle tasse cade in uno dei suoi soliti errori.


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