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martedì, ottobre 05, 2004

Zibaldone n.8 

I fatti che mi hanno incuriosito e dei quali intendo scrivere sono sostanzialmente due: il PRIMO si riferisce agli sbarchi di clandestini sull’Isola di Lampedusa; con l’accordo fatto con i libici, nel quale noi concedevamo tutto il possibile e anche qualcosa di più e loro si impegnavano a controllare le loro coste con i nostri natanti (dati nonostante l’embargo) era ragionevole supporre che gli sbarchi dei clandestini subissero una netta contrazione.
Al contrario, subito dopo che l’Italia si era quasi fatta garante nei confronti di tutta l’Europa sul cambiamento dei libici, gli sbarchi hanno ripreso ad un ritmo impressionante (anche 500 per notte), con barconi fatiscenti e guidati da negrieri senza scrupoli.
Le immagini che ci vengono mostrate sono veramente raccapriccianti, per la miseria che questa gente mostra di avere; è una miseria oltre che materiale anche spirituale, è quel tipo di indigenza che deriva direttamente dalla disperazione.
Se non si è disperati non si compiono questi viaggi; se non si è convinti di lasciare l’inferno per approdare – non dico in paradiso – ma almeno in purgatorio, non si affrontano i rischi e le privazioni che il viaggio comporta.
Però, c’è un’altra cosa che mi incuriosisce in questa vicenda dei clandestini: negli ultimi tempi si è appreso che un viaggio “coast to coast” (cioè Libia – Lampedusa) viene a costare ai disperati 2.500 dollari che – se non sbaglio – sono oltre 5 milioni delle vecchie lirette; la mia curiosità deriva dall’esosità del prezzo per il viaggio e dalla consapevolezza che in Libia, Ciad, Marocco, Algeria ci sono così tanti “disperati” che si possono permettere questa cifra da consegnare al barcaiolo. Ma veramente?
Ed allora mi ritorna in mente che all’interno di questi branchi di immigrati clandestini si può nascondere anche la manovalanza del terrorismo (ovviamente ben finanziata) che entra in Italia e da qui si sparge per l’intera Europa.
Il SECONDO fatto che mi lascia perplesso è la canea che si alza sempre di più attorno alla finanziaria 2005: si è capito che sarà una legge di sacrifici (anche se gli esponenti governativi si affrettano a smentire) nella quale la cinghia sarà tirata al massimo; insieme a questa convinzione che traspare chiarissimamente ce n’è un’altra di carattere psicologico: ma credono di avere a che fare con degli imbecilli?
La risposta è: certo! Sono arciconvinti di avere di fronte il cosiddetto “popolo bue” che può essere indirizzato dove e come si desidera.
La sceneggiata dell’abbattimento delle tasse, in presenza di un innalzamento delle aliquote degli studi di settore di artigiani e commercianti, nonché della liberalizzazione di alcune imposte locali, sarebbe da ridere se non fosse da piangere e…da moccolare.
Mi sembra infatti che con una mano si prenda dieci e con l’altra si conceda cinque: la differenza è quanto incide ad ognuno di noi.
Ma se i mezzi di comunicazione di massa fanno pressione per inneggiare al cinque che ci viene concesso e tacciono su quel dieci che ci viene tolto, il suddetto “popolo bue” sarà convinto di averci anche guadagnato!
Sono certo comunque che alla fine di tutto il giochino, qualcuno che ci guadagna c’è di sicuro e non fa parte del “popolo bue” ma della “razza padrona”, quel complesso di uomini che sarà magari il primo a lamentarsi per essere stato tartassato.


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