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domenica, ottobre 24, 2004

Tipologia di ostaggi 

L’ argomento di cui desidero trattare riguarda sostanzialmente il “modo” come i mezzi di comunicazione stanno gestendo gli atteggiamenti (veri o presunti) dei nostri ostaggi provenienti dall’Irak e rientrati nella vita di tutti i giorni:in particolare, mi riferisco alla manfrina che i giornali contrapposti politicamente stanno mettendo su circa la tipologia degli ostaggi: i “body guard” vengono definititi da un improvvido magistrato barese come “mercenari” (e la stampa di destra si arrabbia), mentre le due Simone che vanno in giro per l’Italia invitate da Aziende Turistiche e Alberghi, vengono chiamate “Vispe Terese” e i giornali di sinistra s’infuriano.
Il compito principale della stampa dovrebbe essere quello di trasmettere ai lettori la verità (senza se e senza ma) perché si badi bene, una verità esiste sempre e se non riusciamo ad entrarne in possesso dobbiamo dirlo chiaramente: “questa è la parte di verità che ho potuto apprendere, per il resto non so”.
Se partiamo da questo presupposto, possiamo definire i primi ostaggi italiani (di cui uno barbaramente sgozzato) come delle persone che sono andate in Irak per guadagnare più soldi di quelli che avrebbero potuto guadagnare in Italia facendo il buttafuori in qualche discoteca o qualche altra attività consona al loro fisico: vogliamo definirli “mercenari”? A rigore di logica il termine gli si attaglia benissimo (“persone che compiono un’azione per denaro”), ma poiché il termine “mercenario” ha subito una grossa modifica nel tempo, prendendo il significato di “persona che, per denaro, è disposta a compiere qualunque cosa”) allora dobbiamo essere più cauti nell’usarlo.
E infatti il magistrato barese che ha innescato la polemica, si è subito scusato e – dando come al solito la colpa ai giornalisti – ha detto di essere stato “frainteso” (cioè mal compreso, a casa mia).
Per quanto riguarda le due ragazzine che, a mio modo di vedere, sono state assunte in pianta stabile dall’esercito dei pacifisti ad oltranza (i vari disobbedienti, no-global, ecc) diventandone una bandiera, probabilmente – voglio essere fiducioso – neppure se ne sono rese conto della strumentalizzazione che veniva innescandosi alle loro spalle e neppure le famiglie hanno ben compreso la manfrina e quindi non le hanno consigliate ad usare un po’ di cautela, come sarebbe stato il loro dovere.
Certo che le foto che le ritraggono in una amena località eolica in minuscolo due pezzi, mentre escono dalle onde del mare, possono dare esca a commenti – diciamo così – un po’ sfacciati.: la verità è che anch’esse, come i “mercenari” hanno sofferto per svariati giorni e che un po’ di vacanza non può che far loro bene; tutto il resto – inviti, alberghi gratis, sponsorizzazioni – come diceva un noto slogan televisivo “è vita”.
Perché mettere insieme queste due vicende? Anzitutto perché siamo in presenza di una uniformità di base (entrambe riguardano ostaggi) e poi perché sono, ritengo, emblematiche di come la nostra (solo??) stampa affronta gli argomenti, anche quelli più importanti: lasciando perdere il concetto di verità e cercando di tirare l’acqua ognuno al proprio mulino.
E noi che ci stiamo in mezzo? Dobbiamo rendercene conto (e il primo passo di un apprendimento) e muoversi quindi con estrema cautela, renderci conto che la verità che traspare dal giornale (o dal telegiornale) è solo quella che l’autore dell’articolo o del servizio televisivo “vuole” che appaia;e badate bene che questo “vuole” può essere anche a livello puramente inconscio, dato che ognuno di noi quando si esprime, prima di ogni altra cosa “esprime se stesso”, con la sua idealogia (cioè complesso di idee) che si è andato formando negli anni.

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