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sabato, ottobre 09, 2004

L'errore di Al Qaeda 

Forse, il signor Osama Bin Laden ha commesso un errore: è andato a sfruculiare gli israeliani, evidentemente non avendo ben presente che gli ebrei non sono gli americani, che quando vengono attaccati replicano picchiando forte e continuando a picchiare fino a quando non è tutto finito e che non hanno paura di figurare come massacratori, dato che si trincerano ancora dietro l’olocausto.
L’albergo di Taba, nel Sinai – alla frontiera tra Israele ed Egitto – contro il quale si è gettata una mostruosa autobomba, ha fatto oltre trenta morti, altrettanti dispersi (quindi probabilmente morti anc’essi) e un centinaio di feriti (tra i nostri connazionali ci sono due ragazze disperse); la maggior parte di essi sono israeliani in vacanza, poi ci sono anche turisti di altre nazionalità e il personale di servizio, interamente egiziano.
Bin Laden, probabilmente, mirava a fare un attentato contro i “cani egiziani, traditori del profeta”; in parte c’è riuscito, ma in questa operazione sono stati coinvolti anche un gran numero di ebrei: sappiamo come lo stato di Israele reagisce a tali eventi, con una rappresaglia dura e spietata (non si dimentichi che hanno avuto il “coraggio” di colpire Hassin, cieco e paraplegico), senza guardare in faccia nessuno e soprattutto senza sbandierare niente prima che avvenga.
È tipico delle popolazioni di frontiera che vivono costantemente in pericolo di esistere, il reagire con particolare durezza agli attacchi, da qualunque parte provengano.
C’è poi da aggiungere che, con l’andare degli anni, si sono creati una capacità offensiva veramente eccezionale che – nonostante le non molte risorse (al contrario degli americani) – riesce a ottimizzare il tutto specie con l’ausilio di un Servizio Segreto (il Mossad) che è ovunque e riesce a colpire qualunque obiettivo.
L’operato di Bin Laden, se possiamo cercare di capirci qualcosa, sembra mirare a colpire tutti quelli – nel mondo arabo – che vengono considerato dei “traditori” della tradizione islamica e in procinto di scivolare verso un occidentalismo sempre più marcato.
In Irak ha il “delfino” Al Zarqawi che tiene vivo il terrore insieme al suo branco di delinquenti e lui (Osama) può dilettarsi ad organizzare attentati nelle altre zone del mondo dove individua popolazioni o comunità da colpire.
A proposito di Al Zarkawi, la decapitazione con preliminarmente lo sgozzamento di Ken Bigley, deve essere stata tanto efferata e tanto raccapricciante che la televisione di Abu Dabi non ha messo in video neppure un secondo del filmato ricevuto: questo perché evidentemente l’uccisione ha fatto seguito alla cattura dell’ostaggio dopo un tentativo (riuscito) di fuga che è durato soltanto una trentina di minuti; non faccio fatica ad immaginare in che modo hanno ridotto il povero ingegnere inglese dopo averlo ripreso e prima di condurlo al patibolo.
Ma intanto perdura la sindrome che “scusa” il rapitore: il fratello dell’ucciso, ha accusato Blair di “avere le mani sporche di sangue”: sarà sicuramente vero (pochi politici possono dire di avere le mani linde), ma l’uccisore le ha sicuramente ancora più lorde del premier britannico; eppure non viene detto, così come le due Simone non hanno detto niente di male sui loro rapitori. Sembra subentrare una sorta di perdono per alcuni (i più delinquenti) e l’accusa si sposta verso altri, sicuramente anch’essi colpevoli, ma in modo diverso (i tre ingegneri, due americani e uno inglese, erano dipendenti di una azienda privata e quindi non erano stati inviati in Irak dai loro governi).

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