lunedì, ottobre 25, 2004
I preti in TV
Monta sempre più la polemica relativa alla presenza dei preti in TV; da una parte la gerarchia della Chiesa che imporrebbe l’obbligo del permesso preventivo, dall’altra i vari preti che se ne strabattono delle indicazioni dei superiori e continuano a fare come vogliono.
Cerchiamo – da bravi laici – di fare un po’ di chiarezza sull’argomento: il prete, per sua missione, dovrebbe evangelizzare tutta la gente, o per lo meno, tutta quella che lo sta ad ascoltare.
D’altro canto la gente, quando non è imbambolata ad ascoltare il prete di turno, guarda la televisione, legge il giornale, ascolta la radio oppure va al cinema, usa (o meglio per usare un verbo più appropriato) fruisce dei mezzi di comunicazione di massa.
Questi ultimi, per loro natura possiedono una forma linguistica sostanzialmente diversa dal “discorso o predica che dir si voglia”: infatti se con un linguaggio verbale mi si comunica: “qui dentro c’è un gran puzzo di fumo”, il concetto che questa forma di comunicazione vuole esprimere, mi si rende subito disponibile e – qualora sia in possesso degli stessi canoni linguistici del comunicante – comprendo immediatamente l’oggetto della comunicazione stessa, addirittura posso sentire il puzzo, che badate bene, non è di nient’altro che di fumo.
Se questo concetto debbo esprimerlo attraverso delle immagini, il problema si complica e, comunque debbo usare una forma linguistica completamente diversa: quello che in semiologia si chiama “il linguaggio contornale”, quel linguaggio cioè che mi diventa comprensibile attraverso la individuazione dei “contorni delle cose rappresentate”.
Mi scuso di tutto questo sproloquio ma non vuole essere uno sfoggio di cultura semiologica, bensì – ritornando ai nostri religiosi in TV – vuole essere una motivazione del perché i bravi preti “credono” che andare in TV sia come avere una platea smisurata davanti e quindi potere evangelizzare una massa di persone molto più grande di quella che loro possono radunare nelle loro Chiese.
Purtroppo, per loro, così non è, perché proprio per il fatto del linguaggio, le immagini televisive hanno caratteristiche diverse dalle “prediche”; nessun sacerdote – se escludiamo la buona volontà – ha il minimo bagaglio tecnico e scientifico per affrontare il problema del come fare a parlare in TV e, quindi, la figura del sacerdote assume quasi sempre le caratteristiche della durezza, della impermeabilità a qualsiasi nuovo modo di vedere le cose, della arretratezza delle idee.
Eppure il prete in TV non fa altro che traslarsi dall’altare al video, ma nelle due diverse posizioni ci sono delle diversità di modi di rappresentarsi per cui lo stesso discorso fatto in un luogo appare in un modo e fatto nell’altro risulta ben diverso.
Sia chiaro, che il sacerdote “deve” conoscere il modo di comunicare alla gente dei nostri giorni che vive in questo mondo dominato dai mass media; ma se non si conosce il mestiere di comunicatore, si rischia solo di fare le figuracce.
Il povero Don Mazzi, nella trasmissione di commento all’Isola dei Famosi, è sempre fuori ruolo, appare continuamente come un retrogrado che cerca soltanto di vietare, quando invece il buon sacerdote potrebbe anche essere, per indole e per coinvolgimento, disponibile a chiudere un occhio.
Ecco, questi stati d’animo che ai laici vengono fuori naturalmente, ai preti non riescono a varcare la soglia della comunicazione e chi li guarda non li apprezza.
Quindi statevene in Chiesa oppure imparate a comunicare attraverso i nuovi strumenti.
Cerchiamo – da bravi laici – di fare un po’ di chiarezza sull’argomento: il prete, per sua missione, dovrebbe evangelizzare tutta la gente, o per lo meno, tutta quella che lo sta ad ascoltare.
D’altro canto la gente, quando non è imbambolata ad ascoltare il prete di turno, guarda la televisione, legge il giornale, ascolta la radio oppure va al cinema, usa (o meglio per usare un verbo più appropriato) fruisce dei mezzi di comunicazione di massa.
Questi ultimi, per loro natura possiedono una forma linguistica sostanzialmente diversa dal “discorso o predica che dir si voglia”: infatti se con un linguaggio verbale mi si comunica: “qui dentro c’è un gran puzzo di fumo”, il concetto che questa forma di comunicazione vuole esprimere, mi si rende subito disponibile e – qualora sia in possesso degli stessi canoni linguistici del comunicante – comprendo immediatamente l’oggetto della comunicazione stessa, addirittura posso sentire il puzzo, che badate bene, non è di nient’altro che di fumo.
Se questo concetto debbo esprimerlo attraverso delle immagini, il problema si complica e, comunque debbo usare una forma linguistica completamente diversa: quello che in semiologia si chiama “il linguaggio contornale”, quel linguaggio cioè che mi diventa comprensibile attraverso la individuazione dei “contorni delle cose rappresentate”.
Mi scuso di tutto questo sproloquio ma non vuole essere uno sfoggio di cultura semiologica, bensì – ritornando ai nostri religiosi in TV – vuole essere una motivazione del perché i bravi preti “credono” che andare in TV sia come avere una platea smisurata davanti e quindi potere evangelizzare una massa di persone molto più grande di quella che loro possono radunare nelle loro Chiese.
Purtroppo, per loro, così non è, perché proprio per il fatto del linguaggio, le immagini televisive hanno caratteristiche diverse dalle “prediche”; nessun sacerdote – se escludiamo la buona volontà – ha il minimo bagaglio tecnico e scientifico per affrontare il problema del come fare a parlare in TV e, quindi, la figura del sacerdote assume quasi sempre le caratteristiche della durezza, della impermeabilità a qualsiasi nuovo modo di vedere le cose, della arretratezza delle idee.
Eppure il prete in TV non fa altro che traslarsi dall’altare al video, ma nelle due diverse posizioni ci sono delle diversità di modi di rappresentarsi per cui lo stesso discorso fatto in un luogo appare in un modo e fatto nell’altro risulta ben diverso.
Sia chiaro, che il sacerdote “deve” conoscere il modo di comunicare alla gente dei nostri giorni che vive in questo mondo dominato dai mass media; ma se non si conosce il mestiere di comunicatore, si rischia solo di fare le figuracce.
Il povero Don Mazzi, nella trasmissione di commento all’Isola dei Famosi, è sempre fuori ruolo, appare continuamente come un retrogrado che cerca soltanto di vietare, quando invece il buon sacerdote potrebbe anche essere, per indole e per coinvolgimento, disponibile a chiudere un occhio.
Ecco, questi stati d’animo che ai laici vengono fuori naturalmente, ai preti non riescono a varcare la soglia della comunicazione e chi li guarda non li apprezza.
Quindi statevene in Chiesa oppure imparate a comunicare attraverso i nuovi strumenti.