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sabato, agosto 28, 2004

Italia, patria delle polemiche 

Mi vedo costretto a tornare sulla tragica vicenda del giornalista Enzo Baldoni; il poveretto, come è noto, è morto; i parenti – la moglie e i figli in testa – hanno mostrato grande fermezza morale e senso della misura, chiedendo che l’ottimismo del povero Enzo possa germogliare tra tutti i popoli così come sta germogliando nella sua famiglia; le autorità, o presunte tali, sono invece in fibrillazione per vedere di cogliere qualche vantaggio dalla vicenda.
Rivediamola brevemente questa storia: Baldoni, di professione pubblicitario (copywriter), durante le ferie si reca in Irak per conto del "Diario", un settimanale diretto da Deaglio (Baldoni è anche titolare di un blog alla stregua del sottoscritto e di tanti altri); si unisce ad un convoglio della Croce Rossa Italiana per raggiungere Bagdad; la colonna di automezzi viene fatta segno al lancio di alcune bombe, una delle quali colpisce l’auto con Baldoni e l’autista; l’autista muore bruciato mentre il giornalista viene preso prigioniero da alcuni briganti che poi lo rivendono ad una banda di fanatici delinquenti, interessati solo a fomentare disordini e morte e a prendere – se possibile – anche soldi.
La Croce Rossa viene attivata in Italia e apre un proprio canale attraverso un ex colonnello del periodo di Saddam. Questo figuro rassicura gli italiani e si mette in moto per ottenere almeno il rinvio dell’ultimatum relativo al ritiro delle nostre truppe dall’Irak (48 ore).
Mentre i funzionari della Croce Rossa continuano a tampinare l’ex colonnello, i delinquenti uccidono Baldoni e fanno pervenire ad Al Jazeera un filmato con una immagine fissa della durata di 15" che riprende il giornalista steso sulla sabbia, apparentemente morto, ma non si capisce in quale modo (arma da fuoco, pugnale o altro?). L’emittente araba annuncia la morte dell’ostaggio ma si rifiuta di mettere in onda il video perché – a loro dire – troppo raccapricciante (con quello che hanno fatto vedere?? Mistero!).
Questa la sommaria ricostruzione degli eventi e, a questo punto si scatena la polemica in puro stile italiese: Deaglio accusa Scelli – Direttore della Croce Rossa – di aver fatto ben poco per salvare la vita a Baldoni; Scelli replica che il settimanale di Deaglio, non avendo segnalato la presenza in Irak del loro giornalista, è fortemente colpevole addirittura di una forma di incoscienza per i pericoli cui ha sottoposto un suo collaboratore.
Le forze politiche – complice anche il non ancora terminato periodo di ferie – si mantengono sulle loro posizioni di sempre.
Intanto, alle Olimpiadi di Atene, va in scena la partita di calcio tra Italia e Irak valevole per il terzo posto nel torneo di calcio: l’Italia si presenta con la banda nera al braccio, pur senza una formale autorizzazione ("se non la vogliono, che vengano a strapparcela" si dice rivolti ai vertici del Calcio); l’Irak non acconsente a portare la stessa fascia di lutto ("da noi muoiono tutti i giorni") e quindi si da inizio alla partita: l’Italia "spezza le reni all’Irak", pur vincendo col minimo scarto 1-0 ed esce trionfante dal campo: "il terzo posto raggiunto lo dedichiamo ad Enzo Baldoni", questa l’ennesima leggerezza che ho sentito in una vicenda così seria e che fa il paio con quanto affermato da un dirigente calcistico irakeno: "quando c’era Saddam lui era il nostro problema, ora che lui non c’è più abbiamo tanti altri problemi". Sarebbe come dire: ragazzi lasciateci stare, perché tanto non abbiamo nessuna possibilità di risolvere i nostri problemi, e forse neppure lo vogliamo.
A proposito, e per concludere: la squadra di calcio era formata da giocatori che operano tutti in altri campionati di calcio (Siria, Barhein, Arabia Saudita e qualcuno anche in Europa); questo tanto per dire che non esistono gli "allenamenti sotto le bombe" o "le corse tra le macerie", con buona pace di tutti coloro che l’hanno scritto.

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