giovedì, agosto 26, 2004
Calcio e Tribunali
Come ho già avuto modo di commentare non molto tempo fa, quando il calcio imbocca la strada dei Tribunali la situazione diventa incontrollabile, sia dalle strutture sportive che da quelle giudiziarie: in pratica si raggiunge la totale incertezza della legge (entrambe) e della sua applicazione.
In questi giorni ci sono due casi aperti in contemporanea presso i Tribunali e presso la Federazione Calcistica: la vicenda del calcio-scommesse e quella del fallimento del Napoli; vediamole singolarmente e facciamoci qualche commento.
La prima nasce dalle autorità giudiziarie che, attraverso tutta una serie di strumenti investigativi comprese le intercettazioni telefoniche, hanno rinviato a giudizio un certo numero di persone (giocatori, allenatori e dirigenti) e alcune società calcistiche (Siena, Sampdoria, Chievo e Modena) con varie ipotesi di reato, la più importante delle quali è indubbiamente quella di frode sportiva.
Le autorità sportive si sono accodate e hanno dato inizio ad un procedimento che ha portato il procuratore federale a chiedere pene (ovviamente sportive) molto severe ed il tribunale calcistico a cassarle quasi tutte.
Ora c’è da chiedersi cosa avverrebbe se il Tribunale (quello vero), magari nel corso del 2005 quindi a campionato già in corso, dovesse ribaltare queste decisioni delle autorità sportive; queste ultime di adeguerebbero alle decisioni della magistratura quindi rivedendo le proprie, oppure continuerebbero per la propria strada?
In entrambi i casi le polemiche si sprecherebbero.
L’altra vicenda che ha visto Federazione Calcistica e Tribunale su opposte sponde, con scontri anche di una certa violenza, riguarda il fallimento del Napoli Calcio; sotto il profilo sportivo, il fallimento della società per azioni che gestisce la struttura calcistica comporta l’esclusione dal campionato e, per un normativa recente (il cosiddetto Lodo Petrucci), la retrocessione di una sola categoria (per esempio dalla serie A alla B; dalla B alla C, e via discorrendo) in sostituzione di quello che era qualche tempo fa: la ncancellazione!
Balza subito evidente che sotto il profilo giuridico la norma è palesemente assurda e infatti il curatore del fallimento nominato dal Tribunale, si è opposto a tale procedura in quanto il "titolo sportivo" è l’unico bene che la società può vantare per soddisfare i creditori e quindi il suo annacquamento (causa retrocessione) comporta un danno palese nei confronti del complesso degli aventi diritto. Il curatore, quindi, chiede che il Napoli disputi il prossimo campionato nella stessa categoria (serie B).
In questo caso è ancora più macroscopico il divario tra autorità sportive e magistratura: le prime, imponendo (giustamente dal loro punto di vista) una punizione per la cattiva gestione della società arrecano un danno ai creditori e quindi – dicono gli avvocati – è come se in caso di fallimento di un Bar, l’Associazione di categoria autorizzasse la riapertura del locale ma solo per la vendita del tè e non del caffè e senza servizio ai tavoli.
Tutto questo è la diretta conseguenza della novità (di non molti anni fa) con cui le società calcistiche professioniste sono state costrette a strutturarsi come spa, cioè società di capitali e quindi ad essere assoggettate, prima che agli statuti federali, al Codice Civile.
Leggo in questi giorni che tra la Federazione e il Tribunale di Napoli sarebbe in corso una sorta di trattativa; ma come è possibili trattare su precise norme giuridiche?
Comunque, di entrambe le vicende ne sentiremo ancora parecchio parlare!
In questi giorni ci sono due casi aperti in contemporanea presso i Tribunali e presso la Federazione Calcistica: la vicenda del calcio-scommesse e quella del fallimento del Napoli; vediamole singolarmente e facciamoci qualche commento.
La prima nasce dalle autorità giudiziarie che, attraverso tutta una serie di strumenti investigativi comprese le intercettazioni telefoniche, hanno rinviato a giudizio un certo numero di persone (giocatori, allenatori e dirigenti) e alcune società calcistiche (Siena, Sampdoria, Chievo e Modena) con varie ipotesi di reato, la più importante delle quali è indubbiamente quella di frode sportiva.
Le autorità sportive si sono accodate e hanno dato inizio ad un procedimento che ha portato il procuratore federale a chiedere pene (ovviamente sportive) molto severe ed il tribunale calcistico a cassarle quasi tutte.
Ora c’è da chiedersi cosa avverrebbe se il Tribunale (quello vero), magari nel corso del 2005 quindi a campionato già in corso, dovesse ribaltare queste decisioni delle autorità sportive; queste ultime di adeguerebbero alle decisioni della magistratura quindi rivedendo le proprie, oppure continuerebbero per la propria strada?
In entrambi i casi le polemiche si sprecherebbero.
L’altra vicenda che ha visto Federazione Calcistica e Tribunale su opposte sponde, con scontri anche di una certa violenza, riguarda il fallimento del Napoli Calcio; sotto il profilo sportivo, il fallimento della società per azioni che gestisce la struttura calcistica comporta l’esclusione dal campionato e, per un normativa recente (il cosiddetto Lodo Petrucci), la retrocessione di una sola categoria (per esempio dalla serie A alla B; dalla B alla C, e via discorrendo) in sostituzione di quello che era qualche tempo fa: la ncancellazione!
Balza subito evidente che sotto il profilo giuridico la norma è palesemente assurda e infatti il curatore del fallimento nominato dal Tribunale, si è opposto a tale procedura in quanto il "titolo sportivo" è l’unico bene che la società può vantare per soddisfare i creditori e quindi il suo annacquamento (causa retrocessione) comporta un danno palese nei confronti del complesso degli aventi diritto. Il curatore, quindi, chiede che il Napoli disputi il prossimo campionato nella stessa categoria (serie B).
In questo caso è ancora più macroscopico il divario tra autorità sportive e magistratura: le prime, imponendo (giustamente dal loro punto di vista) una punizione per la cattiva gestione della società arrecano un danno ai creditori e quindi – dicono gli avvocati – è come se in caso di fallimento di un Bar, l’Associazione di categoria autorizzasse la riapertura del locale ma solo per la vendita del tè e non del caffè e senza servizio ai tavoli.
Tutto questo è la diretta conseguenza della novità (di non molti anni fa) con cui le società calcistiche professioniste sono state costrette a strutturarsi come spa, cioè società di capitali e quindi ad essere assoggettate, prima che agli statuti federali, al Codice Civile.
Leggo in questi giorni che tra la Federazione e il Tribunale di Napoli sarebbe in corso una sorta di trattativa; ma come è possibili trattare su precise norme giuridiche?
Comunque, di entrambe le vicende ne sentiremo ancora parecchio parlare!