martedì, luglio 27, 2004
Spot marini
Gli ultimi esempi di spot con location di carattere prettamente marino a cui mi riferisco sono quelli che pubblicizzano le reti di telefonia mobile e specificatamente quello che riguarda il gestore “3” e che utilizza come testimonial Orietta Berti.
Facciamo un passo indietro: le altre due reti concorrenti sono anch’esse in campagna con spot squisitamente marini e utilizzano nientepopodimenoche: una Naomi Campbell e l’altra Megane Gale.
Ora mi domando, con quale criterio è stata scelta la brava (?) cantante romagnola celebre anche per la sua cultura gastronomica, pienotta ed abbondante nel suo costume ad un pezzo, per fronteggiare le due “corazzate” che ho indicato sopra?
Inoltre: lo spot con la Berti è realizzato con primi e primissimi piani della non più giovane cantante e, come ben sappiamo, la telecamera è spietata con le rughe ed altre imperfezioni del genere e, nel caso specifico, la tipologia di ripresa sembra che si diverta a mettere in risaldo i difetti – dati dall’età – che ha la povera Orietta.
Negli altri due (quelli con la Campbell e la Gale) ovviamente la ricerca è diametralmente opposta e tutto viene centrato sull’avvenenza delle due super – modelle e, in uno dei due casi, anche sulla simpatia del cane (Ettore) dall’accento napoletano.
Ma torniamo alla Berti. Dicevamo che il suo spot la vede ripresa impietosamente con piani ravvicinati, in mezzo ai giovani, con un contrasto apparentemente stridente tra la sua carnagione (un po’ bruciacchiata dal sole) e quella degli altri.
Poiché non dobbiamo credere che la pubblicità faccia qualcosa “per puro caso” e quindi possa incorrere in errori come sopra descritti, spetta a noi utenti di ricercare le motivazioni che hanno spinto l’Agenzia realizzatrice del commercial a utilizzare siffatto testimonial e a rappresentarlo in quel certo modo.
Il primo motivo discende da un assioma che esiste in pubblicità: “se non puoi battere la concorrenza, aggirala”, intendendo con ciò che non vale arrivare secondi, meglio cambiare gara.
E infatti, se i gestori di rete mobile utilizzano delle super belle, come faccio ad entrare in gara con loro? Certo che potrei anch’io avvalermi di una splendida ragazza, ma entrerei in competizione con delle testimonial che, oltre che belle, hanno anche fatto breccia nel cuore degli utenti con una caratteristica: la simpatia, e che sono in onda da svariato tempo.
Ecco allora l’idea: andare contro corrente per quanto attiene il personaggio (non bella, con la pelle cotta dal sole, un po’ goffa a bordo del patino, ecc) rendendolo unicamente simpatico e nel quale tutti gli utenti possono identificarsi; si tratta insomma di indurre i destinatari del messaggio a fare quello che in gergo pubblicitario si chiama “il transfer”, cioè il processo di identificazione con il “simpatico” di turno (che potremmo essere ciascuno di noi) al quale per forza di cose mi sento di concedere fiducia relativamente ai consigli che mi vengono dati.
Ovviamente, se uno spot riesce a ottenere la fiducia del destinatario, il più è fatto; ecco, in questo caso ritengo che il meccanismo posto in essere sia quello sopra descritto.
Facciamo un passo indietro: le altre due reti concorrenti sono anch’esse in campagna con spot squisitamente marini e utilizzano nientepopodimenoche: una Naomi Campbell e l’altra Megane Gale.
Ora mi domando, con quale criterio è stata scelta la brava (?) cantante romagnola celebre anche per la sua cultura gastronomica, pienotta ed abbondante nel suo costume ad un pezzo, per fronteggiare le due “corazzate” che ho indicato sopra?
Inoltre: lo spot con la Berti è realizzato con primi e primissimi piani della non più giovane cantante e, come ben sappiamo, la telecamera è spietata con le rughe ed altre imperfezioni del genere e, nel caso specifico, la tipologia di ripresa sembra che si diverta a mettere in risaldo i difetti – dati dall’età – che ha la povera Orietta.
Negli altri due (quelli con la Campbell e la Gale) ovviamente la ricerca è diametralmente opposta e tutto viene centrato sull’avvenenza delle due super – modelle e, in uno dei due casi, anche sulla simpatia del cane (Ettore) dall’accento napoletano.
Ma torniamo alla Berti. Dicevamo che il suo spot la vede ripresa impietosamente con piani ravvicinati, in mezzo ai giovani, con un contrasto apparentemente stridente tra la sua carnagione (un po’ bruciacchiata dal sole) e quella degli altri.
Poiché non dobbiamo credere che la pubblicità faccia qualcosa “per puro caso” e quindi possa incorrere in errori come sopra descritti, spetta a noi utenti di ricercare le motivazioni che hanno spinto l’Agenzia realizzatrice del commercial a utilizzare siffatto testimonial e a rappresentarlo in quel certo modo.
Il primo motivo discende da un assioma che esiste in pubblicità: “se non puoi battere la concorrenza, aggirala”, intendendo con ciò che non vale arrivare secondi, meglio cambiare gara.
E infatti, se i gestori di rete mobile utilizzano delle super belle, come faccio ad entrare in gara con loro? Certo che potrei anch’io avvalermi di una splendida ragazza, ma entrerei in competizione con delle testimonial che, oltre che belle, hanno anche fatto breccia nel cuore degli utenti con una caratteristica: la simpatia, e che sono in onda da svariato tempo.
Ecco allora l’idea: andare contro corrente per quanto attiene il personaggio (non bella, con la pelle cotta dal sole, un po’ goffa a bordo del patino, ecc) rendendolo unicamente simpatico e nel quale tutti gli utenti possono identificarsi; si tratta insomma di indurre i destinatari del messaggio a fare quello che in gergo pubblicitario si chiama “il transfer”, cioè il processo di identificazione con il “simpatico” di turno (che potremmo essere ciascuno di noi) al quale per forza di cose mi sento di concedere fiducia relativamente ai consigli che mi vengono dati.
Ovviamente, se uno spot riesce a ottenere la fiducia del destinatario, il più è fatto; ecco, in questo caso ritengo che il meccanismo posto in essere sia quello sopra descritto.