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venerdì, luglio 09, 2004

C'è qualcosa di positivo in TV 

Anch’io mi debbo ricredere: la televisione può presentare anche qualcosa di positivo! Ammetto di aver sempre sostenuto il contrario e invece debbo convenire che mi sbagliavo: anche la televisione e specificatamente la fiction (serial di telefilm) può rappresentare una forma di messaggio positivo.
A questo punto debbo svelare a cosa mi riferisco: al telefilm “Don Matteo”, interpretato da Terence Hill e da Nino Frassica, entrambi nuovi a tale impegno, che viene dato “in replica” su RAI 1 nel tardo pomeriggio.
Cosa ha di positivo il filmato?
Come dice il titolo, il protagonista è un prete – Don Matteo – parroco di una Chiesa dell’Italia Centrale (siamo in Umbria) situata in un paese dove esiste ovviamente anche una tenenza di Carabinieri; in questo paese i furti, gli omicidi, o comunque le cattive azioni, sono all’ordine del giorno e formano oggetto di ogni puntata del serial.
Mentre i Carabinieri procedono alle loro indagini, come gli impone la divisa, il prete, in un modo o nell’altro è sempre invischiato con la cattiva azione di turno e, da vero protagonista, è quello che scopre sempre la verità, cosa che non riesce ai Carabinieri.
Prima notazione: questi ultimi non vengono presi in giro come nelle barzellette e anche se non riescono quasi mai a reggere il confronto con il prete – detective, si comportano sempre onorevolmente e riconoscendo la superiorità del sacerdote (in particolare il Maresciallo, interpretato da Frassica, che è un autentico fan di Don Matteo).
Veniamo ora a parlare del protagonista e del perché mi ha tanto colpito questa figura di sacerdote; credo sia la prima volta in cui un prete – detective (di questo genere abbiamo avuto altre figure) durante ogni puntata del telefilm distribuisce pillole di saggezza che, sia pure agganciate ai Vangeli, camminano con le proprie gambe e diventano autentiche dichiarazioni di buon comportamento valide per tutti.
C’è poi il fatto che il sacerdote è sempre dalla parte dei più deboli, dei più indifesi (zingari, extra comunitari, drogati ed altri) che la società accusa dei vari delitti e che Don Matteo contribuisce a far scarcerare trovando il vero colpevole.
Badate bene che il prete così com’è rappresentato non è affatto una ascetica figura di santo, non fa pesare sugli altri le proprie scelte di vita, ma è un “uomo”, a tutto tondo, al quale l’autore mette in bocca delle pillole di saggezza (laica o ecclesiastica, è la stessa cosa) che al termine della fiction fanno riflettere lo spettatore che gli dedica un minimo di attenzione.
C’è poi una splendida figura di Vescovo (interpretata da Gastone Moschin, grande attore) che da una parte sbuffa per le svariate lamentele dai bravi parrocchiani per la “troppa disponibilità” di Don Matteo verso i più sfortunati e dall’altra è orgoglioso di avere tra i suoi preti un sacerdote di questo tipo. E’ interessante notare che Don Matteo si rivolge al Vescovo chiamandolo Eccellenza, ma dandogli del “tu”: mi sembra una indovinata scelta espressiva degli autori per sottolineare al tempo stesso la deferenza verso il superiore e la cordialità verso l’amico.
Insomma, in queste torride giornate di luglio, una replica giornaliera di Don Matteo è cosa gradita; almeno per me.

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